Per un amante della musica dal vivo, l’estate è certamente sinonimo di grandi festival all’aperto, in cui i palchi sono spesso il fulcro di un’iniziativa composta e arricchita da spazi food, zone relax ed aree per attività ricreative. Nel corso degli ultimi due decenni, tanto a livello provinciale quanto a quello nazionale, moltissime realtà hanno provato a lanciare il proprio festival, ma oggi l’intero settore sta facendo i conti con difficoltà sempre maggiori: complessità di varia natura che stanno compromettendo pesantemente il lavoro degli organizzatori.
Un riflesso del mondo musicale online
Esclamare «È colpa di internet! Senza i social si stava meglio!» restituisce in qualche modo l’immagine di un arzillo vecchietto tradizionalista chiuso sulle sue posizioni, ma è il caso di cominciare questo dialogo sui festival proprio partendo dal mondo social e da come questo abbia influenzato le abitudini dei consumatori. È ben noto infatti il funzionamento degli algoritmi dei grandi social media per massimizzare il tempo di utilizzo delle piattaforme da parte degli utenti, mostrando loro solo ciò che vogliono vedere o che, in qualche modo, confermi le loro opinioni in merito a un qualunque argomento. Meno noto è il fatto che anche le piattaforme di streaming musicale utilizzino da anni lo stesso sistema, con il risultato di creare delle «bolle musicali» di ascoltatori, spesso non più interessati ad approcciare altri generi al di fuori di quello preferito e, di conseguenza, non interessati a partecipare ad eventi multigenere.
Questo problema punisce qualsiasi festival a prescindere dal fatto che siano internazionali, nazionali o provinciali, poiché ad essere colpito non è un settore del mercato musicale ma il fruitore finale.
L’economia di un festival
Una volta chiarito l’ostacolo mediatico, parliamo degli organizzatori che devono anche gestire al meglio il capitale a disposizione per poter garantire gli standard di sicurezza e creare una lineup convincente di band da proporre al pubblico. E qui si apre il vaso di Pandora del mondo musicale. Un dedalo burocratico che spesso paragona i piccoli eventi – i cui partecipanti non superano le mille persone - «alle partite negli stadi» con migliaia di partecipanti (citando Gianluca Gozzi, il creatore e direttore artistico di «Todays», un importante festival di Torino che quest’anno non si terrà), e che costringe gli organizzatori a spendere circa il 30% del budget a disposizione.
Con questo dato, unito all’incremento dei cachet delle band dettato dalla trasformazione dei concerti da show promozionali a principale fonte di guadagno (gli ascolti digitali hanno infatti quasi azzerato il guadagno esterno agli eventi), ci ritroviamo davanti ad organizzatori costretti in modo considerevole i prezzi di cibi e bevande pur di avere un rientro economico. Se nei piccoli festival questo aumento rappresenta l’unico problema per l’utente, negli eventi più grandi il rischio è che alcune organizzazioni scelgano di gonfiare i numeri di ingressi e vendite per non perdere l’afflusso di cassa da parte di sponsor e partner commerciali.
D’altro canto, anche l’utenza si è «specializzata» per evitare di dilapidare le proprie finanze nei giorni di festival. Una tendenza che porta meno partecipazione agli eventi di medio – piccola entità (sotto le diecimila presenze), spostando tutto il potere economico verso il biglietto di un singolo concerto importante. Ma qui sorge un altro problema: gli organizzatori dei grandi concerti spesso devono aumentare il costo degli ingressi per far fronte ad una struttura organizzativa sempre più complessa e onerosa.
Il caso «Filagosto»
La triste notizia per questo 2025 musicale bergamasco è lo stop del «Filagosto» , il festival musicale che, negli anni, ha portato sul palco più celebre dell’Isola molti grandi nomi del mercato musicale italiano ed internazionale. La battuta d’arresto, dettata anche dai lavori in programma nell’area feste, arriva dopo alcuni anni di difficoltà. Negli ultimi anni, infatti, i promotori hanno cercato di limitare le difficoltà legate ai costi in aumento con l’introduzione di biglietti simbolici, un euro nel 2023 e cinque euro nel 2024. Cifre irrisorie, se consideriamo il prezzo medio di un biglietto, ma che hanno rappresentato un campanello d’allarme importante. Per chiarire meglio le difficoltò legate all’organizzazione di un festival, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il presidente dell’associazione Filago Giovani e responsabile di «Filagosto» Giuseppe Carminati.
GT: Quali sono oggi le difficoltà principali per chi organizza un festival estivo?
GC: Parlo per la mia esperienza, quella del «Filagosto Festival», ma anche per altri festival della bergamasca con cui ci confrontiamo spesso. Il primo grande problema è la location. Chi ha uno spazio proprio, magari comunale e concesso ogni anno, parte già avvantaggiato. Noi, ad esempio, abbiamo organizzato il festival dal 2003 al 2018 nel polifunzionale di Filago. Purtroppo, nel 2018 l’amministrazione ha deciso di trasformarlo in un campo da calcio in sintetico, cosa che ci ha costretti di fatto a spostarci nella location che ci ha ospitato fino al 2024. Da allora siamo senza una sede fissa. Il secondo grande ostacolo riguarda i costi, soprattutto quelli per mettere a norma un’area privata: impianti, scarichi, bagni, strutture. Quando siamo passati a una nuova location, abbiamo progettato infatti un’area con una capienza di 6.000 persone, che è tantissimo per Bergamo. L’abbiamo fatto per motivi di sicurezza e comodità, ma un evento di quella portata richiede investimenti molto alti. Per dare un’idea, si sta parlando circa del 30% del budget complessivo dell’evento. Il terzo punto, non meno rilevante, è la burocrazia. Dal 2017, dopo i fatti accaduti a Torino durante la finale di Champions League, sono state introdotte normative più stringenti su sicurezza e antincendio. Questo si traduce in ulteriori costi e responsabilità per gli organizzatori.
GT: Avete notato variazioni anche nei cachet delle band?
GC: Assolutamente sì. Dopo il Covid, il divario a livello economico tra artisti emergenti e affermati è aumentato. Oggi, se un artista lancia una hit che funziona, il cachet sale subito vertiginosamente. È scomparsa quella fascia “media” che prima era accessibile. Nel passato, tra il 2011 e il 2013, siamo riusciti a portare al «Filagosto» artisti come Brunori Sas, Colapesce e Di Martino, Cosmo, artisti allora emergenti, oggi nomi affermati. Oggi non potremmo più permetterceli. È anche per questo che nel 2023 abbiamo introdotto un biglietto simbolico di un euro, che ci ha aiutati a coprire i costi fissi e a mantenere un calendario artistico di livello. Nel 2024 avremmo voluto tornare all’ingresso gratuito, come da nostra filosofia, ma le spese, tra location, sicurezza e cachet, sono state troppo alte per farcela senza un sostegno concreto.
GT: Com’è la situazione attuale di «Filagosto»? Cosa state facendo in questo momento?
GC: Non volevamo mollare dopo che la società privata che ci ospitava non ha rinnovato la convenzione. La risposta del territorio è stata incredibile, ci è arrivata una grande ondata di solidarietà. Da lì abbiamo deciso di attivarci con una raccolta fondi per riportare il festival nel 2026. Abbiamo già organizzato due eventi sul territorio: uno all’Oratorio di Filago a fine maggio, una sorta di sagra per rivedere le famiglie e spiegare a che punto siamo; l’altro il 22 giugno al Castello di Marne, una rievocazione storica medievale che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico. I prossimi appuntamenti saranno a Treviglio, in fiera dal 3 al 13 luglio, in collaborazione con «Revel», e poi a Bonate Sopra, dal 31 luglio al 3 agosto.
Consigli per una vita concertistica più sana
Il quadro generale è quindi quello di un serpente che si morde la coda. In questo circolo vizioso, vi proponiamo alcuni spunti di riflessione, validi in alcuni casi per gli organizzatori e in altri per il pubblico.
Il primo è per i promotori di eventi ed è quello di uscire dallo schema «è bello perchè piace a tutti». Decidere in autonomia il programma musicale da offrire, senza farsi imbrigliare da schemi più commerciali, può aiutare ad offrire al pubblico concerti comunque stupendi in contesti più intimi, spesso offrendo la possibilità alle persone di incontrare gli artisti. Al pubblico invece suggeriamo di scegliere i festival non solo in base all’offerta, limitandosi pertanto solo ai nomi altisonanti degli headliner: passare una giornata ad un concerto significa anche divertirsi in serenità. Infine, ci sentiamo di consigliare agli amanti della musica di dedicare attenzione ai concerti organizzati nella propria zona. Spesso sono eventi gratuiti, in cui si ha la possibilità di bersi una birra e mangiare un panino, al pari di qualsiasi serata in un bar, ascoltando però band emergenti. Un gesto che non comporta spese particolari, ma che aiuta tantissimo il mercato musicale.