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#bestof2023: Circo Zoé, un insieme è sempre composto da elementi

Intervista. La compagnia Circo Zoé sarà in scena, nel tendone appositamente installato presso il parco della Fara in Citta Alta, dal 28 settembre all’8 ottobre. Porterà in scena «Deserance», un «incubatore di stati d’animo» che esplora il tema del viaggio e della ricerca di senso nelle esperienze umane. L’evento è organizzato da Circuito CLAPS e TTB

Lettura 6 min.
(© mastergraphics photography)

Se dico «circo» a cosa pensate? È possibile che il vostro immaginario si discosti da quello che sto per raccontarvi. Circo tradizionale e circo contemporaneo sono due forme di spettacolo notevolmente differenti nelle loro concezioni, esibizioni e approcci artistici. Il circo contemporaneo è un’evoluzione emersa negli ultimi decenni del XX secolo come reazione alle tradizioni circensi classiche. Riprende, sì, le tecniche universalmente riconosciute del circo tradizionale, mettendo però l’accento sulla creatività e sull’espressione, allontanandosi dall’atto performativo fine a sé stesso.

Dal 28 settembre all’8 ottobre, per la prima volta da che se ne abbia memoria, arriva uno chapiteau, un tendone da circo, nel cuore di Città Alta. Circo Zoé, compagnia italo-francese composta da artisti provenienti da diversi Paesi, porterà in scena il suo spettacolo più recente: «Deserance». Un lavoro che esplora il tema del viaggio e della ricerca di senso nelle esperienze umane. Come racconta Chiara Sicoli, artista e co-fondatrice della compagnia: «“Deserance” è un incubatore di stati d’animo raccolti in una parola. Prende forma attraverso la pluralità dei significati che contiene, un connubio di identità e di visioni che assumono un senso specifico solo se insieme». Quello che avverrà sotto il tendone sarà una fusione di voce lirica, suoni elettronici, ritmi di batteria e acrobazie corporee, che esplora emozioni, fragilità, paure e aspetti personali e difficili da definire. Lo spettacolo è di e con Simone Benedetti, Anouck Blanchet, Adrien Fretard, Gael Manipoud, Maria Reis, Chiara Sicoli, con musiche di Jean Stengel e Diego Zanoli e il canto lirico di Irene Geninatti. La direzione tecnica è di Yoann Breton.

L’evento fa parte di « La Strada Extra Large », festival internazionale di circo contemporaneo organizzato da Circuito CLAPS e TTB. È inoltre parte dell’impegno di TTB – Teatro Tascabile di Bergamo come Capitale della Cultura 2023, con un focus particolare su Città Alta. Il progetto è finanziato dal Bando Capitale della Cultura 2023 di Fondazione Cariplo e supportato dalla Fondazione della Comunità Bergamasca e dalla Fondazione della Comunità Bresciana. L’utilizzo del parco della Fara è stato gentilmente concesso dall’Assessorato al verde pubblico, e il progetto è reso possibile grazie alla collaborazione di istituzioni, partner e sponsor del territorio bergamasco. Gli spettacoli si terranno il 28, 29, 30 settembre e i giorni 1, 5, 6, 7 e 8 ottobre alle 21. Lo spazio è accessibile alle persone con disabilità.

Simone Benedetti, artista, acrobata e co-fondatore di Circo Zoé approfondisce con noi il loro lavoro.

CD: Come è nata la compagnia?

SB: La compagnia Zoé ha visto la luce nel 2011 in Francia, alimentata dalla passione di Chiara Sicoli, Diego Zanoli, Emiliano Ferri, mia e di altri artisti con cui stavamo dando vita al nostro primo spettacolo, intitolato «Zoé». Chiara, oltre alla sua formazione in danza, teatro e circo, è laureata in filosofia. Diego è musicista e compositore, mentre io ho seguito un percorso di formazione circense, prima a Torino e poi a Parigi. Erano gli anni in cui abbiamo deciso di esplorare il mondo, di intraprendere strade sconosciute, spinti da sogni romantici, aspirazioni artistiche e, forse, anche un poco di necessaria incoscienza. Dopo aver completato il nostro primo tour, che ci ha portati anche al Teatro Sociale di Bergamo nel 2012, la compagnia ha subìto una riorganizzazione, e da lì è emersa l’avventura di Circo Zoé.

CD: «Naufragata», il primo spettacolo, ha fatto repliche in tutta Europa e in diversi paesi dell’America latina, quando e come è avvenuto il “salto” della compagnia?

SB: «Naufragata» è nato riunendo un’equipe che si è andata formando attraverso incontri e altre avventure. Volevamo fare uno spettacolo che ci permettesse di entrare nella rete nei circuiti del circo contemporaneo. Abbiamo creato lo spettacolo, composto le musiche, costruito un portico, una pista, trovato il rimorchio e il furgone e ci siamo messi on the road, così, cercando di farci comprare lo spettacolo dai festival tra Francia e Italia. È stata la nostra modalità di entrare: non attraverso residenze, bandi, incontri con professionisti, ma attraverso lo spettacolo stesso. Ora è diverso, anche se le nostre modalità restano simili, abbiamo un circuito che ci appoggia e dà fiducia sia in Italia che all’estero.

CD: Quando è arrivato lo chapiteau?

SB: Nel 2017 decidemmo di volere un tendone disegnato da noi e realizzato su misura. Lo comprammo insieme ad Antonio Vergamini, con il quale abbiamo collaborato nello spettacolo «L’elisir d’amore», diretto da lui e che ha debuttato a Bergamo lo scorso autunno. Nel 2018 creammo «Born to be circus», uno spettacolo pensato proprio per lo chapiteau, che voleva essere un omaggio alla poetica del circo e che coinvolge tutte e tutti gli artisti che fino ad allora avevano a che fare con la compagnia. Da lì le tournée si sono intensificate, con camion, carovane, montaggi. Il covid ha poi imposto un lungo momento di stop, in cui è nato il festival che organizziamo a Cuneo ogni estate con Associazione Zaratan: «Zoé in Città», anche questo interamente allestito dentro e attorno al tendone.

CD: Qual è secondo voi il valore del circo nel contesto culturale passato e presente?

SB: Il circo contemporaneo, o circo d’autore, o nouveau cirque, rappresenta uno spettacolo che utilizza un linguaggio non definito da altri generi più codificati. Sebbene abbia radici nel tradizionale, si distingue per l’uso del corpo in modo acrobatico, che si trasforma in una forma d’arte complessa. La performance e la tecnica diventano strumenti come il corpo di un danzatore o la voce di un attore. Capita spesso che ci chiedano chiarimenti circa la presenza o meno di animali, ma per noi questo non riflette la qualità dello spettacolo contemporaneo, piuttosto la coerenza artistica della compagnia. Sono i circhi tradizionali, cosa che noi non siamo, a dover dichiarare l’assenza di animali.

CD: Forse perché in Italia c’è una forte memoria legata al circo tradizionale.

SB: In Italia, il circo contemporaneo ha fatto progressi negli ultimi 15 anni, ma ancora si fatica a inserirlo come spettacolo in una stagione teatrale al pari di altre forme d’arte come la prosa, la danza o il teatro di figura. La programmazione di questo genere dipende in gran parte dai teatri e dagli organizzatori, che devono scoprire le compagnie e sviluppare una sensibilità verso questo linguaggio. Allo stesso tempo, le compagnie devono offrire spettacoli di alta qualità e una proposta artistica originale per suscitare interesse. Il circo contemporaneo può essere una forma di spettacolo popolare che avvicina il pubblico al teatro, specialmente coloro che non sono abituati a frequentarlo.

CD: Quale differenza sentite tra l’avere una data in teatro e arrivare in città con il tendone?

SB: Ogni spazio ha caratteristiche peculiari che influenzano la nostra creazione artistica in modo diverso, che cerchiamo di sfruttare per avanzare tecnicamente e artisticamente. Non consideriamo il teatro, lo chapiteau o l’arena esterna come luoghi equivalenti. Per noi, il tendone non rappresenta una scelta di vita, ma un mezzo al servizio della nostra espressione artistica in un dato momento. La nostra scelta di vita è quella di portare avanti progetti come compagnia. Montare lo chapiteau in una città ci permette di invitare il pubblico in un ambiente intimo e trasformare un luogo ordinario in uno di cultura e spettacolo. La forza del tendone sta nel poter raggiungere luoghi dove il teatro tradizionale non arriva, è una metafora potente. Il teatro, al contrario, è uno spazio più codificato e siamo noi a doverci adattare alle sue caratteristiche.

CD: Come nasce una creazione, da cosa partite e come si sviluppa?

SB: Ogni nostra creazione nasce da una profonda necessità di esprimere emozioni e pensieri. Le componenti musicale e acrobatica del nostro lavoro procedono in parallelo, integrandosi armoniosamente nella narrazione emotiva che vogliamo condividere con il pubblico. Utilizziamo linguaggi artistici che rispecchiano la nostra identità e abbiamo fatto la scelta di non affidarci a un regista esterno, ma essere noi stessi autori e registi delle nostre opere. Può essere impegnativo, ma è ciò che ci definisce e ci unisce. Il nostro processo creativo è un’esperienza di ricerca collettiva, in cui ognuno di noi si mette al servizio delle idee che emergono.

CD: Quale messaggio «Deserance» vuole condividere?

SB: Lo spettacolo ha preso forma attraverso una serie di prove pubbliche in cui abbiamo iniziato a esplorare la voce lirica e a sperimentare con immagini di “rottura” e contrasto. Il lavoro musicale ci ha guidato a livello emotivo, consentendoci di attraversare energie completamente diverse e di scoprire nuove sensazioni, talvolta anche scomode, ma estremamente potenti. «Deserance» è nato dopo una lunga pausa forzata dovuta alla pandemia, durante la quale ciascuno di noi ha sperimentato una sorta di solitudine a cui forse non era più abituato. L’idea alla base di questa creazione era di vagare in quei luoghi deserti e intimi, dove il desiderio si intreccia con la realtà quotidiana fatta di relazioni tra persone e mondi diversi. È un’esplorazione della resistenza non solo verso gli altri, ma talvolta anche verso noi stessi.

CD: Ha un significato particolare arrivare a Bergamo per chi di voi è bergamasco?

SB: Siamo contenti di presentare qui il nostro ultimo spettacolo. Per me e Diego ha una profonda importanza, essendo il luogo in cui siamo cresciuti. Montare il tendone all’interno delle mura di Città Alta rappresenta un evento straordinario che richiede un notevole impegno da parte di tutta l’organizzazione, in particolare del TTB, che si sta da mesi mobilitando per l’evento e che si assicurerà che lo spazio venga reso alla città come ci è stato affidato. Speriamo che il nostro spettacolo possa essere apprezzato e che la nostra proposta artistica venga accolta positivamente. Confidiamo che questo possa segnare l’inizio di collaborazioni future e rafforzare il legame tra noi e la città.

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