Ogni sipario che si apre è un atto di speranza. Da ventitré anni, «deSidera Bergamo Festival» lo dimostra: palcoscenico dopo palcoscenico, la rassegna ha offerto al pubblico non solo storie, ma orizzonti. E in un tempo che spesso inciampa nel disincanto, il teatro torna a essere ciò che è sempre stato: una promessa accesa nel buio. La kermesse, una luce che fa memoria della propria lunga esperienza, proporrà fino al 30 settembre settanta repliche per quasi cinquanta titoli diversi in cartellone, tre progetti speciali, quattro debutti nazionali, un’anteprima nazionale, tre allestimenti speciali per il Giubileo «Pellegrini di Speranza» e tre nuove produzioni per «deSidera 2025».
La direzione artistica della rassegna intitolata alla memoria di Benvenuto Cuminetti, è affidata a Gabriele Allevi, Giacomo Poretti e Luca Doninelli, tutti nomi di prestigio nel panorama teatrale nazionale che hanno saputo, edizione dopo edizione, offrire una programmazione di altissima qualità, mantenendo un legame forte con il territorio e suscitando riflessioni e suggestioni mai banali. Il fil rouge di quest’anno sarà il tema della memoria, un valore cruciale della vita umana che ci permette di attingere dal passato per comprendere il presente e nutrire le nostre speranze. «L’uomo di oggi, circondato da eventi tragici, spesso incapace di far fronte a una realtà dura e difficile, e quindi ansioso di distrazione, di entertainment, corre il rischio di vivere il presente come se nascesse in questo momento, come se non avesse una storia capace di dargli senso – spiega Luca Doninelli – Questa è una sfida inevitabile. Stabilire che nesso c’è ad esempio tra Dante e l’intelligenza artificiale, quali contaminazioni subiscono e subiranno le nostre memorie a contatto con le memorie di popoli e culture diverse spetta a ciascuno di noi, spetta all’apertura delle nostre coscienze, spetta alla nostra capacità di mantenere dentro un unico pensiero il passato e il (nuovo) presente, senza alzare muri di nessun tipo».
«La speranza», come sostiene Charles Péguy, «è una bambina da nulla. Eppure, è questa bambina che traverserà i mondi». E in questa visione «deSidera Bergamo Festival» vuole quindi «offrire il suo modesto contributo: tenere viva una memoria priva di nostalgia dà fondamento alla speranza che, come ci ha insegnato Peguy, è una bambina da nulla, ma che, lei sola, traverserà i mondi. Il Giubileo della Speranza lo ricorda a tutti gli uomini in maniera speciale».
«La morte ovvero il pranzo della domenica»
La grande inaugurazione del festival è in programma venerdì 20 giugno a Caravaggio con «La morte ovvero il pranzo della domenica», spettacolo che vanta menzioni e premi speciali, come spettacolo finalista al «Premio Ubu» nella categoria «Nuovo testo italiano». Protagonista è Serena Balivo, anch’essa «Premio Ubu» 2017 nella categoria» Miglior attrice under 35», mentre il regista è Mariano Dammacco, «Premio Ubu» 2021 nella categoria «Miglior testo italiano». Abbiamo intervistato Dammacco per avere qualche anticipazione sull’atteso appuntamento.
LA: Come descriverebbe il suo spettacolo?
MD: L’ho scritto e diretto. Lo spettacolo è nato da una mia idea e quindi diciamo che è proprio una mia creatura, che condivido con Serena Balivo perché lavoriamo insieme ormai da oltre dieci anni. Siamo diventati una sorta di nucleo artistico riconoscibile: lei interpreta e io scrivo. Lo spettacolo è un racconto breve che dura esattamente un’ora, non di più. La particolarità è che il racconto non viene offerto in maniera neutra da un attore o da un’attrice, ma Serena Balivo interpreta un personaggio: chi viene a vedere il lavoro si trova davanti a una donna in età matura che racconta la sua storia. Una seconda qualità del lavoro è una sua leggerezza, stando alla regola di Italo Calvino. Nonostante il tema e gli argomenti, l’escamotage di farci raccontare tutto quanto da un personaggio ci permette di avere nel racconto quella leggerezza, quella confidenza, quella giocosità che i figli hanno rispetto ai genitori. Rispetto al contenuto, è uno spettacolo che parla di morte, di una morte in ambito familiare, a tavola, tra persone che si amano e che si stanno per salutare perché i vecchi genitori sono ultranovantenni. In realtà poi, pian piano per chi lo guarda, monta un altro tema: l’amore potente tra persone care quando arriva il momento del congedo.
LA: Come si arriva a portare in scena il delicato tema della morte?
MD: Noi facciamo gli spettacoli che abbiamo voglia di fare, in qualche modo ci prendiamo questa libertà nel nostro percorso teatrale. Non inseguiamo mode, non andiamo dietro bandi e temi dettati dalla cronaca. E quindi gli spettacoli, i loro temi e le loro forme poetiche estetiche, in qualche modo capitano: nascono da un appunto, dalla lettura di libri ad esempio. Quello che diventerà il nuovo spettacolo, nel nostro caso si sedimenta piano piano: a un certo punto la tua mente, la tua sensibilità, il tuo interesse in quel momento della tua vita cominciano a tornare spesso su un aspetto. Senza imposizioni o necessità, si trasforma tutto questo in un progetto e in una produzione. Abbiamo la libertà di proporre gli spettacoli che nascono nelle nostre menti.
LA: È la potenza dell’arte che suscita riflessioni per tutti noi. Quale messaggio vuole trasmettere con il suo spettacolo?
MD: È una domanda importantissima che rimanda alla nostra idea di teatro e alla nostra funzione di artisti di teatro. Da parte nostra noi possiamo offrire una visione che, di volta in volta, è un racconto o un personaggio in un determinato tempo. Quando io organizzo una drammaturgia o una regia o quando Serena Balivo si cimenta per creare un nuovo personaggio, è chiaro che quello che offriamo sono dei «mestieri» all’opera: un sapere tecnico che poi diventa spettacolo. Arrivando al cuore della domanda, a noi piace pensare in questo momento che un’immagine poetica che possa farci ridere, che possa farci commuovere, di fatto svolge l’antica funzione del teatro, che è quella di una comunità che può guardare a se stessa attraverso l’opera degli artisti. Un’idea antica di teatro come momento di raccoglimento della comunità, dove l’artista fa un po’ l’«antenna» e quello che, per suoi toni e per il suo percorso, riesce a dare parole, forme a un sentire che magari appartiene a molti se non a tutti.
La nuova stagione di «deSidera Bergamo Festival»
Dopo l’inaugurazione con lo spettacolo diretto da Mariano Dammacco, la rassegna proseguirà in tutta la provincia fino a fine settembre. A giugno ci saranno gli spettacoli «Arlecchino svelato» di Enrico Bonavera (26 giugno a Pagazzano) e «Me a som n’artista» (27 giugno a Nembro e in replica a Bonate Sopra il 20 settembre), incentrato sulla straordinaria vicenda artistica e umana dell’artista Antonio Ligabue. Il mese di luglio si aprirà mercoledì 2 con Giacomo Poretti e Daniela Cristofori a Selvino in «Litigar danzando», ormai storico lavoro del direttore artistico del festival in scena con la moglie. «deSidera Bergamo Festival» farà poi tappa ad Almè, Treviglio, Città Alta, Martinengo, Ponteranica, Cavernago, Treviolo, Cologno al Serio, Romano di Lombardia, Clusone, Gandino, Bonate Sopra, Torre Pallavicina, Cividate al Piano e Verdello. Ma non è tutto. Il festival arriverà infatti anche a Seriate, Brignano Gera d’Adda, Sovere, Verdellino, Colzate, Boltiere, Osio Sotto, Pedrengo, Bottanuco, Gorle, Capriate San Gervasio, Bergamo, Lovere, Calcinate, Ciserano e Fara Gera d’Adda.
La rassegna è talmente ampia e variegata che non riusciamo a riportarvi in questo articolo tutti i titoli e tutti i dettagli: trovate tutte le informazioni su luoghi, sugli spettacoli e sugli orari sui profili social – Facebook e Instagram – di «deSidera». Tutti gli spettacoli sono a ingresso libero senza prenotazione. Vi segnaliamo però, di seguito, i debutti e i progetti speciali.
In occasione dell’anno speciale del Giubileo il festival sarà protagonista del debutto nazionale di «Sette opere di misericordia», prodotto con il sostegno della Fondazione MIA di Bergamo, scritto da Francesco Niccolini per Luigi d’Elia e Benedetta Giuntini accompagnati dalla musica del sax di Dimitri Espinosa, ispirato alla famosa tela del Caravaggio, in un percorso che creerà una fitta trama tra la storia dell’arte e la vita di Michelangelo Merisi. La prima assoluta si terrà nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Città Alta (venerdì 4 luglio), mentre due repliche saranno in programma nella Chiesa del Convento di Santa Maria Incoronata a Martinengo (sabato 5 luglio) e ad Albino (giovedì 7 agosto). Per la prima volta poi, il festival potrà vantare la presenza di Davide Lorenzo Palla, straordinario «divulgattore» che presenterà il suo nuovo progetto di rilettura dei più importanti testi teatrali shakespeariani in chiave pop. Con il format «Shakespeare a palla», l’attore porterà in scena «Amleto» il 24 luglio a Verdello e «La tempesta» il 27 a Seriate.
Il 26 luglio, a Sovere, ci sarà un altro debutto nazionale del festival con il trio composto da due musicisti, Michele Dal Lago e Enrico Zaglio, e un’attrice, Debora Zuin in «Where the soul of man never dies», uno spettacolo sul canto religioso e il canto sociale nell’America del Novecento (seconda replica in programma a Verdellino il 5 settembre). In occasione dell’anniversario degli ottant’anni della morte di don Antonio Seghezzi e dei cinquant’anni della morte di don Bepo Vavassori, la kermesse proporrà «Là dove finisce il buio. Due uomini di fede al tempo della resistenza». Scritto da Marialuisa Miraglia e interpretato da Stefano Panzeri, lo spettacolo è nato da un fruttuoso incontro di intenti tra deSidera, la Diocesi di Bergamo, la Fondazione Adriano Bernareggi e il Comune di Osio Sotto, paese natale di don Bepo. Sarà proprio a Osio Sotto il debutto nazionale, previsto per il 2 agosto, mentre la seconda replica sarà in programma il 30 agosto a Premolo, paese natale di don Seghezzi. A Selvino, il 22 agosto, ci sarà poi l’anteprima nazionale di uno spettacolo semi serio dal titolo «Teatro di guerra», diretto da Carlo Rossi.
Come ogni anno, il festival omaggerà il Patrono di Bergamo – Sant’Alessandro – con uno spettacolo che si terrà nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna, in Città Bassa. Il testo pensato ogni anno da Luca Doninelli, quest’anno si ispirerà al racconto biblico di «Davide e Assalonne» e troverà voce per la prima volta il 5 settembre, grazie all’interpretazione di Giorgio Marchesi. L’ultimo appuntamento di «deSidera Bergamo Festival 2025» prenderà vita a Martinengo: il 30 settembre andrà in scena il debutto nazionale de «L’ultima notte» con Silvio Castiglioni e il coro giovanile Nuove Armonie, spettacolo sostenuto dalla Congregazione Sacra Famiglia di Martinengo e inserito nel palinsesto delle celebrazioni per il 550esimo anniversario della morte di Bartolomeo Colleoni, promosso da Pianura da Scoprire e Terre colleonesche.
Agli spettacoli in cartellone si intrecceranno tre specifici percorsi: «Sguardi all’insù», la quinta edizione della rassegna di teatro ragazzi promossa dal Sistema Bibliotecario Area Nord-Ovest in calendario dal 25 giugno al 31 luglio, «Le vie della Commedia», il festival della Commedia dell’Arte promosso dal Polo Culturale Mercatorum e Priula che si svolgerà nel cuore della Val Brembana dal 30 luglio al 3 agosto, e il progetto speciale «WiShakespeare», che si terrà in Città Alta dal 3 agosto, a cura di Maurizio Donadoni che si cimenterà in una performance che lo vedrà protagonista nell’interpretazione dell’opera omnia teatrale di Shakespeare «h24», senza sosta, notte e giorno.