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“Ballata per sante streghe e belle dame”, o il coraggio di essere donne

Articolo. Lo spettacolo di sabato scorso, il videoracconto del talento delle donne dal Medioevo a oggi. Uno spettacolo denso e veloce lanciato verso il futuro

Lettura 2 min.
Luana Piazzalunga durante le registrazioni Marin Forcella

Ci vuole del coraggio a mettere un videoracconto come la “Ballata per sante streghe e belle dame” contro una corazzata quale la serata finale del Festival di Sanremo di sabato 6 marzo. Eppure a guardare i numeri – della Ballata (tv e canali Facebook di L’Eco di Bergamo ed Eppen), quelli della Riviera li lasciamo alle polemiche di queste ore – possiamo tranquillamente dire che la scommessa è vinta. Siamo un giornale (e una tv) locale, quindi non abbiamo né i mezzi né le risorse del servizio pubblico. Tuttavia abbiamo il senso della misura, e se Sanremo è finito in notturna (così mi dicono: chi scrive ha abbandonato Amadeus e compagnia verso le 23.30) la “Ballata…” in poco meno di un’ora e mezza ha sintetizzato l’essenza del femminile, la capacità delle donne di lasciare un segno importante nella Storia, quel talento in più che al di là delle questioni biologiche differenzia le donne dagli uomini. Ma più di tutto il coraggio.

Perché ci vuole coraggio a essere donna. E non solo per i pregiudizi, la misoginia, gli stupri, i femminicidi. O gli stipendi che a parità di competenze in Italia non sono mai uguali. Ci vuole coraggio perché quella femminile è soprattutto una questione culturale. Dunque di mentalità delle persone, di immaginario (se un uomo va con tante donne è un tombeur de femme, al contrario una donna è una poca di buono, no?), di orizzonte sentimentale (pensateci: nel sentire comune di fronte a una disgrazia è la donna a piangere), di visione di un mondo che con le quote rosa tratta le donne come i panda e non lascia spazio, tranne per casi di minoranza, nei posti che contano – o che dovrebbero contare, magari se ci fossero più donne, cioè sensibilità differenti, sguardi spesso in diagonale, umanità accese come lumini nel buio.

La “Ballata per sante streghe e belle dame” ha risposto a tutto questo con un viaggio nel tempo (dal Medioevo a oggi) in cui ad emergere è stato soprattutto il talento. Quella nobiltà di spirito che Christine de Pizan cercò con la sua “Città delle Dame” nella Storia fino a quel momento, dando al futuro una spinta che decennio dopo decennio si è alimentata di altre storie, come ad esempio quella magnifica di Ildegarda Von Bingen, non sempre positive (le streghe spesso pagarono con la vita la loro diversità), ma via via sempre meno carsiche. Fino ad oggi, in cui l’aria sta cambiando, e ogni maschilista è solo un vecchio barbogio che non capisce il suo tempo e vi si oppone con i pochi mezzi che ha: il ricatto, l’abuso di potere, la coercizione fisica e psichica. Fateci caso: molto spesso chi è misogino e maschilista, è anche razzista, xenofobo, omofobo. Ha paura: perché il mondo sta cambiando e sono le donne, ciascuna nella propria quotidianità, ad aver innescato la mutazione.

Le donne del presente che abbiamo raccontato mi hanno insegnato molto, anche quando non ero d’accordo con loro. Prima de la “Ballata…” le abbiamo intervistate e non ero in sintonia con quasi nulla di ciò che ha detto Sabina Belli – ma ne ho apprezzato la fermezza e la lucidità. Invece persone piratesche come Pat Carra, artigiane digitali come Camelia Boban, scrittrici come Silvia Ballestra, o studiose innamorate della bellezza dei margini come la filosofa Simonetta Bassi, o ancora imprenditrici appassionate e tenaci come Luana PiazzalungaeFrancesca Sancinellisono stati incontri importanti (ne ho citate alcune, non tutte, giusto per farvi capire).

Tuttavia la “Ballata…” non ha solo raccontato il talento e il coraggio delle donne nella Storia. Ha anche mostratotutto il coraggio di una settantina di donne che per una sera sono state attrici, con tutti i limiti di chi non fa questo di professione. Silvia Barbieri, ideatrice e regista (insieme a Maurizio Corriga, a coordinare il tutto Daniela Taiocchi), del nostro spettacolo al femminile, ha tirato fuori il meglio da loro. E loro hanno risposto con una dose di impegno che in certi momenti faceva vibrare lo schermo. Per questo la “Ballata” è stato, sì, uno spettacolo interessante, ma pure divertente, imprevedibile, veloce e denso. Proprio come dovrebbe essere un racconto oggi: veloce e denso, perché ormai siamo immersi in questo ritmo ed è lungo questo quattro quarti interiore che raccontiamo e ci raccontiamo.

Con la “Ballata per sante streghe e belle dame” ho anche capito a cosa serve macchiarsi le labbra con un rossetto. Non è solo un gesto di vanità. È riaffermare che ogni donna è un po’ santa, un po’ strega e tanto bella dama. Senza belle dame il mondo è finito. Come dal Medioevo ad oggi, nell’intelligenza, nella forza e nella libertà ogni donna germina un frammento di futuro.

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