La coesione è il sale di ogni sport di squadra. Per vincere è necessario mettere da parte le proprie ambizioni personali e muoversi tutti insieme, consapevoli di superare insieme qualsiasi cosa succeda. Giulia Corna lo ha imparato nel corso della propria carriera nel flag football , che le ha regalato un 2025 da incorniciare con tanto di titolo italiano con i Cus Lions Bergamo e la partecipazione ai World Games, le “Olimpiadi” per gli sport non inseriti nel circuito a cinque cerchi. Risultati inaspettati alla vigilia, ma che dimostrano ancora una volta la necessità di imparare ad adattarsi alle situazioni e soprattutto di come la squadra venga prima di tutto, come confermato dalla blitzer – giocatrice che gioca in difesa – della squadra orobica.
«Mi sono avvicinata al flag football un po’ per caso, grazie a un’amica che giocava e mi è piaciuto subito tantissimo lo spirito di squadra e i legami che si creano con le compagne. Infatti ci si aiuta moltissimo, non si lascia indietro mai nessuno, si cerca sempre di darsi una mano e creare una “famiglia” che si possa estendere anche fuori dal campo – ricorda la 26enne di Dalmine - Vincere finalmente il titolo italiano è stata una soddisfazione enorme. Ci abbiamo provato per diversi anni e finalmente questo è stato l’anno giusto. Abbiamo sicuramente uno staff coach che ha creduto in noi, ci ha spronato a essere migliori e a imparare a fidarci delle compagne perché, se manca la fiducia, è difficile riuscire a giocare insieme. C’è stato un grande lavoro e finalmente abbiamo raggiunto questo traguardo».
La soddisfazione si legge negli occhi di Giulia quando parla del flag football, ma cosa è questo sport? Si tratta di una disciplina arrivata dagli Stati Uniti che tanto assomiglia a quel football americano che affascina i più giovani e non solo. Una sorta di “sogno americano” che è spesso difficile da realizzare per chi parte da Paesi come l’Italia, dove la cultura della palla ovale non è così sviluppata, motivo per cui bisogna trovare delle scorciatoie per arrivarci. A differenza di quanto si possa pensare, il flag football non rappresenta una sorta di “ripiego” per chi non riesca a raggiungere l’ambito traguardo della NFL, ma proprio uno sport con la sua dignità, che a Los Angeles 2028 farà il proprio esordio anche nel consenso olimpico.
«Il flag football è molto simile al football americano, ma senza comprendere contatti. Noi fermiamo l’azione andando a “defleggare” strappando le bandierine che abbiamo sul fianco. Una volta che viene tolta la bandierina dal corpo di colei che attacca, l’azione si interrompe senza che ci sia contatto fisico come previsto nel take-off – spiega la giocatrice bergamasca – Ci sono cinque giocatrici che attaccano e cinque che difendono. Sono previsti quattro tentativi per conquistare il primo down (quindi avanzare nel campo di almeno 10 yards, ndr) oppure completare il gioco centrando il touchdown (andare oltre la linea di fondocampo con la palla in mano e segnare il punto, ndr). La difesa ha invece il compito di frenare l’attacco avversario, ”defleggando” una di loro oppure intercettando la palla e creare un ribaltamento di campo».
A differenza degli Stati Uniti, in Italia è difficile trasformare il flag football in una vera e propria professione. Il campionato si disputa soltanto in alcuni mesi dell’anno e le ragazze sono spesso costrette a dividersi fra studio e lavoro. Nel caso di Giulia quello di giardiniere che, nel caso del campo, combacia alla perfezione con la capacità di fermare le quarterback – il ruolo di lanciatrice – avversarie.
«Quest’anno il campionato è iniziato ad aprile e si è concluso a giugno a Grosseto con le finali. La nostra preparazione è partita già dal settembre precedente con la fase atletica. Durante l’anno cerchiamo di svolgere sempre delle amichevoli con altre squadre per riuscire ad arrivare pronte all’appuntamento più importante e, magari, anche al periodo estivo visto che, dopo le vacanze, si inizia subito a fare un po’ di movimento – sottolinea Giulia – Io ho un’attività propria per cui trovare il tempo per occuparmi del flag football è difficile, però ciò che mi fa andare avanti è la passione. Grazie a quella anche ciò che è più complicato diventa più leggero e così viene meno quel peso che potrebbe frenarmi».
Oltre alla vittoria del titolo italiano, senza dubbio ciò che spicca nel 2025 di Giulia Corna è la partecipazione ai World Games. Una prima storica per l’Italia che si è ritrovata sul palcoscenico più prestigioso un po’ a sorpresa, complice la decisione della Spagna di rinunciare alla lunga trasferta in Cina. Le azzurre non si sono fatte pregare e hanno colto al volo l’occasione. Un’esperienza difficile, condita da un ottavo posto su altrettante partecipanti e zero vittorie. Una situazione che potrebbe far pensare a una spedizione fallimentare, ma che in realtà ha messo in luce la grinta delle atlete tricolori che, nonostante l’assenza di esperienza, hanno saputo togliersi qualche soddisfazione.
«Abbiamo dovuto organizzarci velocemente, dando vita prima a una serie di raduni e poi a una selezione, creando una squadra da zero in veramente poco tempo. Abbiamo tuttavia dato vita a una grande formazione e abbiamo vissuto un’esperienza incredibile. Andare in Cina era il grande obiettivo, lì abbiamo provato emozioni imparagonabili con altro e difficili da descrivere. Abbiamo affrontato squadre di altissimo livello, come Messico e Stati Uniti, tanto che per l’Italia si trattava della prima sfida con quest’ultima – ricorda la giocatrice dalminese – Sicuramente ci siamo rese conto di quanto il movimento in altri Paesi sia decisamente più avanti. Hanno i sostegni di sponsor, hanno uno staff che le segue durante tutto l’anno, noi invece – magari – arriviamo all’ultimo. Quando hai poi di fronte giocatrici abituate all’NFL, ti rendi conto di quanto loro siano dei mostri facendolo come professione, mentre noi no. La differenza è ancora ampia, ma è comunque emozionante confrontarci con loro, si tratta di un punto di partenza per fare ancora meglio».
E dopo i World Games, il grande obiettivo sono ora gli Europei in programma a settembre, dove l’Italia cercherà di far valere l’esperienza accumulata in campo internazionale. Un ultimo appuntamento per un’estate indimenticabile per Giulia che guarda già più in là, verso quelle Olimpiadi in programma nel 2028 a Los Angeles, in quegli Stati Uniti che sono il “sogno proibito” di ogni giocatore di flag football.
«Il sogno nel cassetto sarebbe quello di arrivare nei primi tre posti in questo Europeo, dimostrando quanto l’Italia valga e quanto lo sport femminile faccia la differenza – conclude Giulia – Spesso si sente parlare di compagini maschili, ma noi ci sappiamo far valere. Per le Olimpiadi bisogna lavorare molto, soprattutto è necessario creare un team che possa aiutarci a compiere questa impresa perché siamo tutte ragazze che studiano, lavorano e devono quindi avere un forte sostegno alle spalle per creare le basi per raggiungere questo traguardo».