Quando le temperature iniziano ad abbassarsi, non c’è di meglio che fare una corsetta e riscaldare i muscoli. Magari sull’asfalto asciutto, evitando quelle pozzanghere che si formano con le prime piogge autunnali, evitando i sentieri resi più scivolosi non solo dalle foglie cadute dagli alberi, ma anche dal fango che irrimediabilmente si forma.
Tutto ciò non vale per Sebastiano Parolini, 27 enne di Gandino che, nel corso degli anni, ha sviluppato una particolare propensione a quei terreni pesanti odiati dai runners di tutti i giorni, ma che contraddistinguono la corsa campestre. Uno sport che probabilmente tutti hanno provato almeno una volta in gioventù a scuola, ma che si trasforma soprattutto se competi ad alto livello tanto da giocarti un titolo europeo. Nello specifico, il portacolori del Gruppo Alpinistico Vertovese si è specializzato nel cross corto, una prova lunga alcuni chilometri in cui è riuscito a fregiarsi lo scorso inverno di un titolo continentale – ha vinto gli Europei – nella staffetta mista in compagnia di Sintayehu Vissa, Marta Zenoni e Pietro Arese.
«Il cross corto è più o meno il ritrovo di tutti i mezzofondisti in inverno, persone che normalmente gareggiano su distanze che vanno dagli 800 ai 10.000 metri e che d’inverno si ritrovano a fare corsa campestre. Se il cross lungo si aggira tra i 7.5 e i 12 chilometri, il corto va dagli 1.5 ai 3 chilometri. A livello internazionale quest’ultimo è stato un po’ osteggiato tanto che è tornato in calendario soltanto per la staffetta, mentre in Italia siamo abituati al formato tradizionale – racconta Parolini – Essendo abituato in pista ad affrontare 1.500 e 3.000 metri, sarebbe per me un po’ complicato raggiungere un posto in nazionale per quanto riguarda il cross lungo. Servono infatti delle caratteristiche aerobiche che non ho. A volte ci sono percorsi più pianeggianti e, in quel caso, è necessario metterla sul ritmo peri stancare gli avversari prima del traguardo, mentre se c’è un po’ di salita e soprattutto un po’ di fango, io riesco a far la differenza con più facilità».
Rimanere in piedi nella melma oppure sul primo ghiaccio invernale appare un’impresa particolarmente ardua per ogni atleta, ma non per Parolini che, proprio nelle condizioni peggiori, offre il meglio di sé. Chiaramente esistono degli accorgimenti tecnici che consentono di uscire vivi anche dai terreni peggiori: ciò che diventa più complicato è rimanere sempre al top della forma.
La stagione del cross inizia spesso a inizio novembre con il celebre «Cross della Valsugana» a Levico Terme e continua sino alla «Festa del Cross» (la location varia di anno in anno) destinata ad assegnare i Campionati Italiani a metà marzo, spesso a ridosso dei Mondiali di specialità. Considerato che questi atleti talvolta sono contemporaneamente impegnati nella stagione indoor di atletica leggera, diventa difficile riuscire a essere performanti per tutti quei mesi, eppure nell’inverno appena trascorso Parolini si è dimostrato pressoché ingiocabile per tutti gli avversari.
«È stato molto difficile perché ho previsto un primo picco di forma fra fine novembre e inizio dicembre e un secondo fra fine febbraio e marzo. A gennaio ho affrontato e vinto il “Campaccio” e, proprio in vista dei successivi appuntamenti, ho perso un po’ di forma per esser pronto al finale di stagione – sottolinea il 27enne – La staffetta degli Europei dello scorso inverno è stata senza dubbio la gara più bella anche perché si trattava della prima esperienza con la maglia della nazionale assoluta. Sinceramente penso di aver fatto una doppia fatica in quella gara, visto che, oltre al mio sforzo effettivo, ho dovuto gestire l’ansia delle frazioni dei miei compagni».
Sebastiano non ha solo dimostrato di essere al top a livello sportivo, ma nel corso della sua carriera ha saputo diventare un campione anche nello studio. Dopo la maturità scientifica, ha conseguito la laurea in medicina presso l’Università degli Studi di Brescia prima di frequentare la scuola di specializzazione in medicina dello sport. Un modo per collegare quanto vivere da vicino una passione che l’accompagna sin da bambino e che in futuro potrebbe essere portata avanti attraverso modalità differenti. Per farlo Parolini ha dovuto fare una serie di sacrifici che gli hanno permesso di far convivere due carriere apparentemente differenti e che al tempo stesso richiedono un impegno che va ben oltre quello a cui sono abituati i ragazzi della sua età.
«Sicuramente non posso dire che sia qualcosa di semplice, però, una volta preso il ritmo e imparato a organizzare la quotidianità, diventa anche piacevole incastrare il tutto durante la settimana. Ho sempre visto l’atletica come una valvola di sfogo fra una sessione e l’altra, ma al tempo stesso vedevo lo studio come una fase di recupero fra un allenamento e l’altro. Facendo uno sport che richiede un’ora/un’ora e mezza al giorno, il tempo per affrontarlo lo si trova sempre – aggiunge l’allievo di Silvio Bosio, allenatore del Gruppo Alpinistico Vertovese riconosciuto a livello nazionale – Ho già avuto esperienze sul campo come medico avendo seguito la nazionale di sci freestyle in Coppa del Mondo così come l’Albinoleffe e vari raduni della Federazione di Atletica Leggera. Banalmente il mese scorso ero a Tirrenia per affiancare altri medici durante un raduno della nazionale di marcia».
Il futuro appare quindi limpido per Parolini che è pronto a perseguire l’antica arte di Epicuro, ma che al tempo stesso non vuole smettere di rincorrere le orme della madre Daniela Vassalli, campionessa del mondo di vertical running. «Chiaramente vorrei mantenere questa carriera finché posso, ma penso che pian piano la parte lavorativa prenderà il sopravvento. Ovviamente cercherò di portare avanti entrambe le professioni finché riesco, ma fra dieci mi vedo come medico – conclude il mezzofondista seriano – Sarebbe un sogno vedere la corsa campestre alle Olimpiadi Invernali anche se penso che, qualora dovesse accadere, direi che non arriverebbe in tempo per partecipare. Ora sogno di vestire ancora la maglia azzurra, magari di partecipare agli Europei su pista il prossimo anno così come ai Mondiali di cross, mentre per la rassegna iridata su pista diventa più difficile».