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Tra ville e necropoli, un pomeriggio d’inverno tra le vie di Vimercate

Articolo. Chiese, ponti, scheletri e una buona scorta di libri: se state programmando una gita fuori porta a pochi passi da Bergamo, ecco tutte le sorprese della città brianzola e del suo museo, con una tappa finale nella frazione Ruginello

Lettura 6 min.

È una domenica pomeriggio fredda e umida, e le punte delle celebri Torri Bianche di Vimercate si perdono nel grigiore del cielo. Dal 1990 le Torri di Giambelli, tra i complessi urbanistici più all’avanguardia dell’area brianzola e milanese, sono spesso la prima immagine che viene associata al nome di Vimercate da chi non la conosce bene. Io stessa non ho mai saputo cos’altro offrisse la città fino ad oggi, quando, complice una breve tregua dalla pioggia incessante degli scorsi giorni, ho deciso di andare a curiosare per le vie del centro.

Il mio percorso alla scoperta di Vimercate ha inizio da via Emilio Cereda, che prende il nome dal giovanissimo partigiano vimercatese, condannato a morte nel 1945. La via costeggia l’ex ospedale civile, che dopo un periodo di abbandono sembra ora essere in fase di riqualificazione. Dirimpetto, noto un edificio che ricorda vagamente una chiesa, e infatti scopro che si tratta dell’ex convento di San Francesco, originario del Duecento. Dopo vari interventi dal punto di vista architettonico, il convento venne soppresso nel 1798 dalla Repubblica Cisalpina di Napoleone, e la famiglia Banfi lo acquistò all’asta e ne fece la sua residenza. Una residenza sicuramente singolare, dove qua e là si possono ancora vedere frammenti di affreschi, come leggo da un pannello esplicativo.

Proseguendo lungo via Cereda costeggio il parco pubblico di Villa Trotti, in passato dimora dei Secco Borella, feudatari di Vimercate, la cui erede sposò un Trotti. Sia la villa che il parco furono venduti al comune di Vimercate nel 1862, che trasformò il palazzo nella sede del Municipio. Leggo che dietro la facciata semplice e pulita dell’edificio si celano stanze riccamente affrescate dai nomi evocativi e legati alla mitologia classica, che però per questa volta posso solo immaginare, e magari cercare di tornare a vedere in occasione di qualche visita guidata.

Accanto al Parco Trotti c’è la sede del Must – Museo del Territorio, ma finché c’è luce e non piove ne approfitto per esplorare le vie pedonali del centro, ancora costellate di luminarie natalizie e di gente che si gode la tranquillità della domenica passeggiando con calma o entrando infreddolita nei caffè. La mia si rivela ben presto una decisione saggia, poiché in Piazza Roma trovo un mercatino di libri usati venduti all’etto, gestito dalla Caritas parrocchiale come raccolta fondi per le proprie attività. In men che non si dica, acquisto un chilo e mezzo di classici, gialli e libri di viaggio in ottime condizioni, e mi appunto la data del 1° giugno 2024, giorno in cui si ripeterà l’iniziativa.

Su Piazza Roma si affaccia il retro del Santuario della Beata Vergine del Rosario, costruito su una precedente chiesa medievale dopo che nel 1630 la statua della Vergine mise miracolosamente fine all’epidemia di peste. Con la mia borsa carica di prossime letture entro a sbirciare: stucchi barocchi e arredi rococò lasciano spazio alle cappelle, ciascuna dotata di una piccola spiegazione che permette di apprezzarle ancora di più, e ad uno splendido presepe, che immagino verrà presto smantellato lasciando spazio agli affreschi della Cappella dei Re Magi, in cui è allestito.

Nel centro di Vimercate si trova un secondo edificio religioso molto importante: la Collegiata di Santo Stefano, il cui campanile romanico spicca nello skyline cittadino. Che l’edificio abbia subito diverse modifiche nel corso dei secoli è chiaro fin dalla facciata semplice e lineare, abbracciata dalla pietra e dai mattoni del resto della chiesa. Gli interni affrescati purtroppo li posso solo sbirciare su Google, dato che il portone della chiesa è chiuso, con una punta di rammarico perché le cinquecentesche «Storie della passione» di Santo Stefano sembrano essere proprio una meraviglia. La chiesa fu per alcuni secoli una delle più importanti pievi della zona, con un ruolo decisivo non solo nell’ambito della fede, ma anche in quello politico ed economico del territorio di Vimercate.

Nel 2003 proprio accanto alla chiesa è stato ritrovato anche un sarcofago di epoca romana, che custodiva al suo interno cinque scheletri. Scopro con stupore che non è nemmeno l’unico rinvenuto a Vimercate: già nel 1973 un sarcofago ancora precedente, risalente al I secolo, venne ritrovato nella cantina del Caffè Roma, durante dei lavori di ristrutturazione. E non è finita! Addirittura era in uso un’intera necropoli romana nello spazio che oggi corrisponde a Piazzale Marconi, nuovissima struttura che con i suoi negozi e locali è un importante luogo di ritrovo, appena fuori dal centro storico. Mi affascina sempre pensare a come evolvono gli spazi nel corso del tempo e alle testimonianze che lasciano di un passato che sembra lontanissimo, ma che in realtà fa in qualche modo parte del territorio e delle radici di chi lo vive.

Proseguo lungo via Cavour, passando accanto a eleganti edifici decorati, residenze nobiliari medievali e negozi con insegne d’altri tempi, fino ad oltrepassare l’Oratorio di Sant’Antonio Abate, che a partire da oggi, sabato 13 gennaio, ospiterà per il weekend e il 17 gennaio la « Sagra di Sant’Antonio », una tradizione contadina che celebra il santo protettore dell’agricoltura e degli animali.

Più avanti, nei pressi della casa dove il senatore De Castillia, annoverato tra i martiri dello Spielberg, trascorse i suoi ultimi giorni, riesco già a scorgere il Ponte di San Rocco.

Di un fascino unico che non mi aspettavo proprio di trovare a Vimercate, la struttura si fonda su un ponte romano, a cui sono state aggiunte in epoca medievale due porte a torre. Sulla porta che dà verso l’uscita dalla città si intravede ancora, sbiadita, l’ombra di un affresco antico, mentre sulla torre che apre l’accesso alla città noto una piccola testa in pietra, simbolo di protezione. Proprio su questo ponte avvenne il miracolo che oggi viene ricordato al Santuario della Beata Vergine del Rosario: la statua della Madonna pose fine all’epidemia di peste mentre passava in processione sopra il Ponte di San Rocco, con il torrente Molgora che scorreva placido poco più in basso.

L’aria si fa sempre più pungente, e sta timidamente ricominciando a piovere. È il momento perfetto per passare un po’ di tempo al calduccio in un museo, e ne approfitto volentieri per visitare il MUST-Museo del Territorio Vimercatese , allestito in un’ala della settecentesca Villa Sottocasa. Le mie aspettative erano modeste, ma il museo, curatissimo, dettagliato e interattivo, mi ha decisamente entusiasmato.

Il percorso espositivo si sviluppa su 14 sale, che narrano 2000 anni di storia, tradizioni, arte, persone e luoghi di questa parte di Brianza, a partire dalla cultura preistorica di Golasecca fino ai nostri giorni. Nelle prime stanze ho avuto l’impressione di essere in un museo di storia antica ordinario, tra teche e oggetti antichi, ma ho cambiato idea già dalla quarta sala, dove si inizia ad interagire con l’esposizione, scoprendo le colture del vimercatese e l’albero genealogico delle famiglie nobili, proseguendo poi con l’esplorazione virtuale delle loro ville di delizia, che ancora oggi costellano la Brianza.

Trovo estremamente interessante anche la sala dedicata allo sviluppo industriale della zona, perché fa parte del passato più recente del territorio e quindi si intreccia con le storie di chi ancora qui ci vive. Probabilmente alcune delle persone che ho incrociato oggi tra le vie del centro hanno lavorato negli edifici ora dismessi dell’ex Canapificio di cui ho visto gli edifici abbandonati poche ore fa, passando in auto appena fuori città. La narrazione dello sviluppo industriale procede anche al piano di sopra, chiudendosi con una sala bellissima dove mi sono divertita a scoprire, nascosti dietro a degli sportelli sulla parete, le aziende e i brand che hanno fatto la storia di Vimercate e dintorni.

Il museo non tralascia le personalità di spicco legate al territorio, a partire dalla famiglia Sottocasa che ha abitato la villa e si è distinta per le attività in campo sociale e assistenziale di Luigi Ponti a favore di Vimercate. C’è poi una sala dedicata a Leonardo e Salaino e una, tra quelle che ho preferito, dedicata al pittore Usellini e ai suoi dipinti dalle atmosfere classiche e metafisiche allo stesso tempo. Nella visione di Usellini il progresso significa andare avanti ma conservando il meglio del passato. Questo concetto si sposa benissimo con l’ultima sala del MUST, dedicato ad oggetti, proverbi, canzoni ed eventi di un passato recente, di tradizioni sospese tra ieri e oggi, che vanno a comporre l’identità della comunità.

Concludo la visita del museo, pensando che un approfondimento del genere sarebbe prezioso in ciascuno dei luoghi che visito. Ormai fuori è buio, ma questo non mi ferma dal prendere l’auto e dirigermi verso un ultimo luogo che mi incuriosisce da parecchio tempo e che improvvisamente realizzo essere a pochi chilometri, nella frazione Ruginello.

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Qui infatti si trova la Chiesa di Santa Maria Assunta, una cappella funeraria circondata da un piccolo cimitero, alla quale si accede passando per un macabro ingresso. Si tratta della cosiddetta «Morte di Ruginello», che risale alla prima metà del Settecento e consiste in due pannelli su cui sono scolpiti due scheletri, con tanto di teschi come capitelli decorativi. Mi aspettavo di trovare un luogo oscuro ed inquietante, ma non è stato così. I teschi sono illuminati dal basso e devo dire che l’effetto al buio è davvero suggestivo!

Il mio itinerario a Vimercate e dintorni finisce qui, sotto una pioggerellina fredda e fastidiosa che ha ricominciato a scendere, lieve ma costante. In poche ore, senza nessun tipo di preparazione né aspettative, ho scoperto una piacevole città, ricca di luoghi interessanti da visitare, storie antiche da ascoltare e tradizioni da vivere. E poi mi ha anche fornito una bella scorta di libri, come potrei non essere entusiasta?

(Tutte le foto sono di Lisa Egman)

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