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Una piccola fuga al fresco tra le bellezze di Gromo

Articolo. Quattro passi tra le vie di uno dei borghi più belli d’Italia, appollaiato dall’alto del “grumo” di roccia che gli ha dato il nome. Una destinazione perfetta per una breve gita estiva in Val Seriana

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Gromo vista dall’alto

Resistere ad un agosto senza ferie non è facile, ma noi bergamaschi abbiamo il vantaggio di essere vicini alle nostre valli, costellate di luoghi che ci permettono piccole fughe nel weekend. Tra montagne e piccoli borghi incastonati nelle vallate, non è difficile trovare luoghi bellissimi con storie antiche e tradizioni da scoprire, che ci permettono di rilassarci e rinfrescarci dal caldo umido della città. E anche per chi in ferie ha la fortuna di andarci, questi luoghi meravigliosi saranno un valido aiuto per affrontare il rientro!

Personalmente ho sempre un po’ snobbato i borghi montani a favore dei sentieri, ma è stato un grave errore e sto pian piano cercando di rimediare. Tra i borghi che mi hanno più sorpreso nel mio girovagare includo sicuramente Gromo, in Val Seriana, che ho visitato quasi per caso in occasione di una «caccia ai tesori arancioni» del Touring Club. Gromo infatti, oltre ad essere annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, è bandiera arancione: ha cioè ottenuto un riconoscimento turistico-ambientale del Touring Club Italiano riservato ai piccoli comuni dell’entroterra lungo tutta la penisola, che si distinguono per la loro offerta turistica.

Gromo, che se ne sta lì appollaiato a guardare il fiume Serio dall’alto del “grumo” di roccia che gli ha dato il nome, ha circa 1200 abitanti ma custodisce una concentrazione di tesori sorprendente. Il giorno in cui decido di visitare il borgo il meteo mi regala una giornata piuttosto grigia e una leggera nebbiolina che sale dalla valle che però, nonostante un po’ di sconforto iniziale, finisco per apprezzare. Gettano infatti il paese in un’atmosfera da fiaba, facendo brillare i tetti in ardesia.

Lo sconforto iniziale viene sedato in poco tempo, dato che giungo in paese proprio all’orario di pranzo e mi consolo con un pasto niente male. Il primissimo luogo di interesse che visito a Gromo è infatti il Castello Ginami: al suo interno si trova il ristorante La Posta al Castello, un locale elegante dove spesso si tengono anche cerimonie. La giacca impermeabile con cui mi presento a tavola non è molto adeguata al contesto, ma le crespelle ai funghi mi distraggono subito da questo problema e mi aiutano a raccogliere le energie necessarie per esplorare Gromo.

La prima tappa è quindi il Castello Ginami, che risale al XIII secolo, arroccato in posizione strategica e molto panoramica su uno sperone di roccia che guarda giù verso il fiume Serio. Il Castello fu prima di proprietà della famiglia Bucelleni e poi dei Ginami de Licini, e come avviene spesso in questi casi gli interni dell’edificio divennero sempre più ricchi ed eleganti man mano che la sua funzione difensiva veniva meno. Sulla pietra del muro esterno che guarda su Piazza Dante è ben visibile un dipinto di San Cristoforo, realizzato negli anni Cinquanta per coprire alcuni danneggiamenti causati da ulteriori modifiche all’edificio.

Grazie agli indizi della «caccia ai tesori arancioni» scopro un secondo affresco che ha un valore considerevole per Gromo, una «Deposizione di Cristo» del Cinquecento dipinta sopra l’ingresso di una sala di Palazzo Bonetti-Filisetti. Il palazzo, restaurato di recente, si trova lungo la via che dalla centrale elettrica porta al cuore di Gromo ed è stato prima ospedale, poi convento e infine cinema.

Il cuore di Gromo è Piazza Dante, dove si affacciano non solo il Castello Ginami, ma anche la piccola chiesa di San Gregorio e il Palazzo Comunale. La chiesa era probabilmente nata come oratorio del Castello Ginami intorno al 1300, mentre già nel 1500 veniva utilizzata come luogo per le riunioni e per prendere le decisioni importanti dagli abitanti di Gromo. Nella pala dell’altare si scorge il paese dipinto così com’era nel 1625 da Enea Salmeggia, autore della «Madonna con Bambino tra i Santi Gregorio e Carlo Borromeo».

Dal lato opposto di Piazza Dante rispetto al castello e alla chiesa, il Palazzo Comunale spicca più chiaro al centro degli edifici in pietra grigia che abbracciano la piazza. Si potrebbe pensare che la sede del Comune non sia un luogo particolarmente degno di nota, ma non è questo il caso di Gromo, anzi, devo ammettere che l’ho trovato uno degli edifici più interessanti del paese. Il Palazzo, che prima di essere venduto al Comune era di proprietà della famiglia Milesi, e prima ancora condivideva con il Castello la storia delle famiglie Bucelleni e Ginami, si sviluppa su due piani con loggiati che danno un tocco di eleganza alle linee pulite, complici anche le fioriere appese da cui spuntano le macchie di colore dei fiori.

Gromo mi fa una bellissima sorpresa al piano superiore del palazzo, che scopro essere sede del Museo delle Armi Bianche e delle Pergamene. Il paese infatti è stato in passato al centro di ricchi commerci su scala addirittura internazionale di armi bianche, poiché sede di numerose fucine. Il museo mi è piaciuto davvero molto: piccolo ma curatissimo, ospita una collezione privata di spade, coltelli e pugnali fabbricate tra il 1400 e il 1600, nel periodo in cui i commerci erano più fiorenti, prima della rovina a causa di una frana che distrusse le fucine. Personalmente non provo grande interesse per le armi, ma sono rimasta affascinata dalla sezione dedicata alle pergamene, ricca di documenti e testi legati alla storia della lavorazione del ferro a Gromo, tra i quali controversie, sentenze e passaggi di proprietà.

L’importanza che hanno rivestito le fucine e la produzione di armi per Gromo si nota facilmente sulle pareti della Sala delle Armi, dove sono ancora ben visibili meravigliosi stralci di un affresco che testimonia il commercio internazionale: il Moro qui dipinto non lascia dubbi. Infine, una stanza del Palazzo Comunale è adibita a Ecomuseo Naturalistico, che in due teche mostra diversi animali impagliati che fanno parte della fauna orobica.

Finora Gromo mi si è mostrata unicamente nel suo aspetto più medievale: le strade strette e acciottolate, i tetti in ardesia e i muri in pietra non lasciano spazio ad equivoci, e nemmeno le torri che si vedono spuntare qua e là come la Torre del Ganaderio e la Torre degli Olivari, oltre a quelle del castello e del palazzo comunale.

C’è un lato del paese però più moderno, ed è quello della Gromo Liberty, dove c’è lo zampino di una famiglia ben nota nella bergamasca. I Crespi infatti arrivarono sin qui, nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, attratti da idee imprenditoriali che però non ebbero grande successo. Anzi, la centrale elettrica che costruirono tolse la possibilità di utilizzare le acque ad alcune attività presenti lungo il Serio, contribuendo alla rovina economica di mulini e segherie, quando ormai anche i tempi gloriosi delle fucine erano un ricordo lontano.

Oltre alla centrale, i Crespi hanno lasciato a Gromo alcune case deliziose, utilizzate per la villeggiatura. Salendo lungo le stradine e gli scalini che portano alla parte superiore del paese, tra i muri di pietra noto qualche parete colorata, gerani rigogliosi, cancelli di ferro battuto e le eleganti decorazioni a tema floreale tipiche dello stile Liberty.

Il grigiore che a inizio pomeriggio incombeva su Gromo ha lasciato ormai il posto a una pioggia fine ma insistente, per cui decido di tornare verso la base del paese per rifugiarmi all’interno della Chiesa di San Giacomo, dove un indizio della «caccia ai tesori arancioni» mi ha svelato che sono custoditi un fonte battesimale del Cinquecento e dei dipinti di Antonio Cifrondi. Arrivo però troppo tardi, trovo la chiesa ormai chiusa e non mi resta che cercare riparo sotto il porticato esterno.

Se la giornata fosse stata meno sfortunata dal punto di vista del meteo, mi sarebbe piaciuto proseguire godendomi un po’ di relax ai vicini e famosi Spiazzi di Gromo, ma non importa. La pioggia lava via la polvere e la calura, rendendo il verde delle montagne circostanti più brillanti e la pietra del borgo lucida e scivolosa. I colori sono così nitidi e puliti che quasi non mi dispiace nemmeno aprire l’ombrello per attraversare di nuovo le vie di Gromo e godermi il paese, ora deserto, un’ultima volta prima di tornare a casa.

(Tutte le foto, eccetto la foto di copertina, sono di Lisa Egman)

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