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L’Alpe Pigolotta, un quadro d’autore per ogni stagione

Racconto. Tra colori autunnali e prime nevicate, il percorso che vi presentiamo oggi, privo di difficoltà tecniche, unisce i borghi di Valtorta ai pascoli della Pigolotta

Lettura 6 min.
Verso le baite della Pigolotta

Ci rechiamo quest’oggi in Valle Stabina per una gita breve e facile che ben si adatta a tutte le stagioni, ciascuna con le sue peculiarità naturalistiche e paesaggistiche. Ci muoveremo sui contrafforti meridionali del Pizzo dei Tre Signori, la cima più nobile della vallata. La favorevole esposizione al sole e la quota relativamente bassa rende questo itinerario molto consigliato nei mesi autunnali e invernali.

Non conoscevo questa zona ma ne rimasi colpito quando, lo scorso anno, la focalizzai dall’alto del Monte Sodadura, in Val Taleggio: contrade assolate e pascoli rigogliosi circondati da boschi in pieno stato di salute…da mettere in agenda!

L’Oratorio di San Giovanni Battista a Rava
L’Oratorio di San Giovanni Battista a Rava
Per le viuzze di Rava
Per le viuzze di Rava
Salendo da Rava alla contrada Grasso
Salendo da Rava alla contrada Grasso

L’occasione ghiotta si è presentata poche settimane fa in due momenti diversi, abbastanza ravvicinati tra loro ma con condizioni ambientali diversamente affascinanti: a metà del mese di ottobre, con lo sfoggio dei colori autunnali, e a fine novembre, con lo spettacolo della prima neve. Le immagini di corredo dell’articolo si riferiscono ad entrambe queste uscite.

Obiettivo dell’escursione sono le baite della Pigolotta, un alpeggio sopra il paese di Valtorta. Scegliamo di partire dalla frazione Rava (840m) che, pur essendo a ridosso del fondovalle, di primo mattino è già illuminata dai raggi del sole. Rava è termine di origine celtica da «grava», zona ghiaiosa e pietrosa.

Verso Cantello
Verso Cantello
L’affresco di Cantello
L’affresco di Cantello
La via porticata di Cantello
La via porticata di Cantello

Nel borgo di Rava spicca l’oratorio di San Giovanni Battista: il suo luminoso aspetto attuale è frutto di un rifacimento di inizio Ottocento della chiesetta preesistente, già menzionata in documenti del XIII secolo. Durante i lavori di restauro venne rinvenuto, coperto da un dipinto ad olio, un pregevole affresco seicentesco raffigurante la Vergine con Bambino in trono tra San Giovanni Battista e San Lorenzo. La particolarità dell’affresco è che la Madonna reca in mano una piccola campanula bianca, tipico fiore primaverile della zona. Tale rinvenimento suscitò immediatamente la devozione popolare e da allora la Vergine venne chiamata Madonna del fiore. Nonostante il giorno festivo, trovare queste chiesine aperte è impresa assai ardua.

Le auto posteggiate a bordo strada lasciano intendere che Rava è una contrada ancora discretamente abitata nonostante il forte flusso migratorio del secolo scorso. Ci intrufoliamo nel borgo per la viuzza che corre tra dimore dal sapore antico, sottopassaggi, e case rimesse a nuovo con i comignoli fumanti. Imbocchiamo la mulattiera che rimonta il pendio alle spalle delle case, in direzione della soprastante frazione Grasso (1024m). Grasso è una contrada con abitazioni moderne, amena e soleggiata. Anch’essa è stata interessata dal fenomeno migratorio che fino alla metà del secolo scorso era di tipo stagionale, con i boscaioli locali che, nella bella stagione, si recavano oltralpe alla ricerca di guadagni più dignitosi e rientravano in famiglia nei mesi invernali. Negli anni Sessanta è iniziato invece lo spopolamento vero e proprio con il trasferimento definitivo all’estero o verso le fabbriche dei grandi centri industrializzati lombardi. Grasso deve il suo nome al termine dialettale lombardo «grass» ad identificare una stalla circondata da prati concimati. Si nota ancor oggi molta cura nei pascoli dintorno.

Casa Annovazzi a Cantello
Casa Annovazzi a Cantello
L’Oratorio di San Rocco a Cantello
L’Oratorio di San Rocco a Cantello
Cantello in veste autunnale
Cantello in veste autunnale

Intercettiamo la strada comunale proveniente da Valtorta che seguiamo verso destra. Dopo un breve tratto perveniamo al bivio con la mulattiera che sale alla contrada Cantello. Già dai primi passi si intuisce che si sta avvicinando qualcosa di bello: il borgo presenta una serie di edifici rustici di pietra con fronte rivolto a sud. Su uno di questi spicca un bel dipinto devozionale con la Madonna e Gesù Bambino in trono tra Sant’Antonio Abate e San Sebastiano: è un’opera del 1558, di probabile scuola Baschenis, apprezzabile per la sua semplicità. Si attraversa un suggestivo tratto di strada porticata oltre il quale incontriamo la pittoresca casa Annovazzi sulla cui facciata sono state dipinte gustose decorazioni floreali, datate 1751, e una Madonna con Bambino. Oltre casa Annovazzi, ai margini del bosco, risalta l’oratorio di San Rocco e Sebastiano, edificato da Paolo e Bernardo Annovazzi come ringraziamento per lo scampato pericolo dalla peste (1630). È proprio da Cantello che inizia la tradizionale sfilata in maschera del Carnevale di Valtorta: una colorata e vivace processione che il sabato grasso (secondo il rito ambrosiano) tocca tutte le contrade prima di raggrupparsi attorno al falò in piazza a Valtorta, gran finale della festa.

Cantello in veste invernale
Cantello in veste invernale
Verso la contrada Coréna
Verso la contrada Coréna
Le baite sopra Coréna
Le baite sopra Coréna

Sulla sinistra dell’oratorio si diparte il sentiero diretto al Colle Dudello e Ornica. Ci troviamo sulla antica via di comunicazione tra Valtorta e Ornica, recentemente chiamata «Via del Ferro» perché di qui passavano i mercanti dei prodotti, principalmente chiodi, lavorati nelle fucine di Valtorta. La via porticata di Cantello è una preziosa testimonianza dell’importanza di questa antica mulattiera. Ci si alza di quota addentrandosi nel bosco. Dopo pochi minuti si giunge ad un dosso pascolivo: il sentiero principale si mantiene basso mentre noi decidiamo di salire a curiosare le cascine della contrada Coréna (1113m), poco più in alto. Nel 2025 la sfilata di Carnevale è partita proprio da qui.

Superata Coréna, scegliamo di salire a sbirciare altre baite, attirati dal bell’aspetto e dalla invidiabile posizione. Sulle facciate delle cascine sopra Cantello è facile imbattersi in dipinti murali, realizzati tra il XVII e il XIX secolo, quasi tutti a carattere devozionale. Avendo abbandonato il sentiero principale, procediamo seguendo l’app escursionistica. Siamo in un territorio che d’estate è preso d’assalto dai fungaioli e la rete sentieristica è un labirinto di tracce: ogni divagazione è ben accetta purché ci si muova verso Est per oltrepassare il Canale della Massaia, per poi salire ad intercettare la strada forestale in corrispondenza del Colle Dudello (1337m). A chi non è pratico nell’utilizzo delle app escursionistiche consiglio, superato Cantello, di rimanere sul sentiero principale, più ampio ed evidente senza salire a Coréna (la cartina allegata all’articolo propone questo percorso). Bisogna tuttavia rammentare che, dopo una nevicata, come nel nostro caso, la bollatura dei sentieri è ricoperta dal manto bianco e rimangono visibili solo i bolli sugli alberi.

Verso il colle Dudello
Verso il colle Dudello
Verso le baite della Pigolotta
Verso le baite della Pigolotta
Girovagando tra le baite della Pigolotta
Girovagando tra le baite della Pigolotta

Il Colle Dudello è un po’ una delusione, nulla che lasci trasparire l’importanza storica del valico e non è neppure un luogo di affacci panoramici. Poco male, per noi è solo un punto di passaggio. Ora seguiamo la strada sterrata in direzione Ovest (sinistra) attraversando i boscosi pendii meridionali dello Zucco di Dudello e dello Zucco di Stremereggia. Sono entrambi nomi molto simpatici di cui però non ho trovato riscontro toponomastico. Dopo un chilometro e mezzo giungiamo nei pressi della baita Bruc (1420m) dove, sulla destra, imbocchiamo la deviazione per le baite della Pigolotta. Si sale sulla ripida strada che costeggia l’alpeggio della Pigolotta. Appena trovato un pertugio tra gli alberi, scendiamo nei prati e proseguiamo a zonzo tra i pascoli e le baite, catturati dalla suggestione del luogo, riscaldati dal sole e ammaliati dai colori e dai panorami. Qualcuno ama definire la Pigolotta «l’attico di Valtorta» e mi pare un’espressione azzeccata perché la Pigolotta è molto più di un semplice balcone naturale affacciato sulla Valle Stabina, è meraviglia!

Anche il nome Pigolotta stuzzica la mia curiosità ma, nonostante abbia sottoposto la questione alle persone incontrate lungo il cammino, nessuno è stato in grado di darmi risposta. Mi sovviene allora che in territorio di Mezzoldo, sopra il rifugio Madonna delle Nevi, esiste un altro alpeggio chiamato Pigolotta, con caratteristiche ambientali molto simili. Provo così a interpellare l’amico di famiglia Gianni Molinari, mezzoldese, studioso di storia brembana e grande conoscitore della valle dell’Olmo. Gianni riesce a togliermi ogni dubbio: «Il nome Pigolotta è da ricollegare al termine pece (dal tardo latino picula, diminutivo di pix picis, pece, pigla in dialetto bergamasco, pegola in lingua italiana, ndr). Questa sostanza vischiosa si estraeva dalle piante resinose come l’abete rosso con un’incisione nella corteccia e veniva utilizzata come medicamento sia per gli animali che per l’uomo».

Le baite della Pigolotta in veste invernale
Le baite della Pigolotta in veste invernale
Autunno in Pigolotta
Autunno in Pigolotta
Suggestioni invernali alla Pigolotta
Suggestioni invernali alla Pigolotta

Alle baite incontriamo un pastore che segue le capre intente a brucare le rare foglie di rovo non coperte dalla neve. Le vigila con particolare circospezione e, dalle sue parole, cogliamo il motivo di tanta apprensione: «Avete visto per caso nella neve delle impronte simili a quelle di un cane?». Intuiamo subito: «Si le abbiamo viste, perché c’è in giro il lupo?». Immediata giunge la conferma: «Eh si, oggi di persone con i cani non ne sono girate e il lupo lo hanno avvistato nei giorni scorsi…». È l’ennesima testimonianza della presenza del lupo ormai diffusa in tutte le Orobie.

Dopo aver girovagato in lungo e in largo per le baite della Pigolotta propongo di “conquistare” la cima di giornata. Cosi ci portiamo presso la selletta posta al margine superiore del pascolo e, seguendo il crinale guadagniamo, in un batter d’occhio, la vetta del Monte Pigolotta (1503m), una collinetta indefinita e senza panorama alcuno ma che andava aggiunta al curriculum…

Una delle baite della Pigolotta
Una delle baite della Pigolotta
La cappella della Pigolotta
La cappella della Pigolotta
Colpi di pennello
Colpi di pennello

Poco sotto la cima, verso Sud, spicca una baita recentemente ristrutturata e in posizione invidiabile. Ci abbassiamo a raggiungerla per intercettare il sentiero che corre poco sotto la stessa (anche in questo caso può venire utile ricorrere all’app sentieristica). Il sentiero perde quota nel bosco fino ad intersecare il proseguimento della strada forestale percorsa poc’anzi. Evitiamo la strada per due volte proseguendo la discesa lungo l’evidente sentiero che, zigzagando nel bosco, lambisce alcune baite, talune dall’elegante aspetto, altre in rovina. Ci abbassiamo di quota con decisione fino a ritrovarci nuovamente alla contrada Grasso, accolti dai deliziosi profumini del pranzo domenicale. Non ci resta che rientrare a Rava per il medesimo sentiero dell’andata, sempre baciati dal sole.

P.S. l’escursione qui proposta, priva di difficoltà tecniche, è lunga 8 chilometri con 700 metri di dislivello positivo. Calcolare circa 3 ore di cammino. Si può optare per una partenza dalla contrada Grasso abbreviando il percorso (1.5 chilometri e 200 metri di dislivello in meno). Non esiste una classificazione ufficiale dei sentieri ma spesso si incontr ano cartelli direzionali e bollature. Scartabellando in Internet ho trovato numerosi report di itinerari primaverili alla Pigolotta nel pieno della fioritura dei Crocus, un’altra esperienza da non perdere!

Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli

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