«C i sono cose, in un silenzio, che non m’aspettavo mai», hanno cantato per primi Tony Del Monaco e Dionne Warwick a Sanremo 1968. Proprio all’esplorazione del «silenzio» (e alla necessità di ascoltare, oltre che di comunicare) è dedicata, dal 13 al 16 novembre, la quindicesima edizione del festival di arte contemporanea «ArtDate», organizzato da The Blank in intesa culturale con il Comune di Bergamo. Percorsi espositivi, talk, performance, conferenze, proiezioni e laboratori indagheranno il tema nelle sue più ampie sfaccettature: assenza di parole, rumori e suoni, comunicazione, sacralità, condizione interiore, meditazione, incomunicabilità, il nulla in filosofia, il vuoto in fisica, lo zero in matematica, l’annullamento delle facoltà intellettive, quiete esteriore ed interiore.
«Il silenzio – si legge nella presentazione del festival – genera solitudine e ne richiede per esistere, inducendo alla riflessione e all’introspezione; la nostra società è invece interessata da una inflazione semiotica paragonabile all’inquinamento materiale cui è assoggettata. Differenti culture si riferiscono al silenzio come metodo di conoscenza, una costante antropologica rintracciabile nelle società più diverse, come traccia di un’intuizione delle possibilità altre insite nella natura umana, quando essa si predispone all’ascolto, alla concentrazione e all’attesa…Qual è il rapporto degli artisti con il silenzio? Prevedono e avvisano silenziosamente attraverso le opere, o chiacchierano nella semiosfera, fomentando il brusio?»
Ma chi è « That Person »?
Come sempre, al cuore del festival, c’è una mostra di carattere internazionale allestita al Palazzo della Ragione in Città Alta. Così, ad aprire «ArtDate», nella serata di giovedì 13 novembre, sarà l’inaugurazione di «That Person’s Heaven», mostra personale dell’artista americano Matt Mullican – nato nel 1951 a Santa Monica, California. Vive e lavora a New York e a Berlino –, prodotta da The Blank e curata da Stefano Raimondi, che presenta una grande installazione, appositamente ideata per questa occasione, che segna il ritorno dell’artista in Italia dopo l’esposizione al Pirelli Hangar Bicocca del 2018.
«Quella Persona» è nientemeno che un personaggio specifico che Mullican incarna durante le sue sessioni ipnotiche; un alter ego che non coincide pienamente con l’artista, ma che ne abita il corpo e ne utilizza la voce. E proprio in stato di ipnosi, è stata realizzata l’opera concepita appositamente per il Palazzo della Ragione, realizzata in collaborazione con Aquafil SpA e Radici Pietro Industries & Brands SpA. La Sala delle Capriate sarà “occupata” da una monumentale griglia quadrata di 16x16 metri, composta da trentadue lavori, in bianco e nero e in rosso, di uguali dimensioni e realizzati in fibre sintetiche.
Ma come è possibile, ci chiediamo, decifrare la realtà a metà tra ipnosi e consapevolezza? Tra i protagonisti dell’arte contemporanea internazionale, Mullican – presente con le sue opere nei più prestigiosi musei del mondo, dal MoMA al Whitney Museum of American Art di New York, dalla Tate di Londra al Centre Pompidou di Parigi – fin dagli anni Settanta ha sviluppato un complesso sistema di simboli, pittogrammi e codici cromatici che strutturano l’organizzazione e la condivisione della conoscenza, del linguaggio e del significato: il verde indica il materiale, l’azzurro la quotidianità, il giallo le idee, bianco e nero simboleggiano il linguaggio e il rosso il soggettivo. Questa mappa cromatica è diventata il suo modo di dare forma a un cosmo personale, una griglia in grado di interpretare ogni aspetto dell’esperienza umana.
L’artista utilizza la trance ipnotica come strumento per esplorare stati di coscienza alterati e produrre esperienze performative. In questo contesto, il silenzio non rappresenta un vuoto, ma luogo dell’indagine interiore in cui emergono immagini, simboli e memorie inconsce, facilitando l’accesso a dimensioni percettive profonde e difficilmente raggiungibili in condizioni ordinarie. Per Mullican, insomma, l’arte non nasce tanto da un atto volontario, quanto da una disponibilità a lasciarsi possedere da immagini, linguaggi e visioni.
Ed è dunque dentro l’abisso silenzioso della sessione ipnotica che si palesa «That Person», «Quella Persona», l’alter ego dell’artista, un’entità che si esprime con gesti infantili, con un linguaggio apparentemente privo di filtro, a tratti caotico, a tratti sorprendentemente lucido: «Tutto è nella mente – afferma Matt Mullican – Tutte le immagini sono mentali. Il lato in bianco e nero è dipinto da quella persona. Quella persona è ciò che divento in trance ipnotica. Il copione è dipinto. Il copione è mentale. Il soggetto è il tempo. Il soggetto è ciò che faccio dopo essermi svegliato e prima di andare al lavoro. Riguarda i dettagli e le emozioni quotidiane. Riguarda il soggetto delle nostre emozioni che fanno cose che non ricorderemo di aver fatto. Il lato destro riguarda il quadro generale ma non è necessariamente reale. Riguarda il paradiso, Dio, i demoni e gli angeli prima della nascita e dopo la morte. Non ci sono parole sul lato destro! È tutto astratto! Sono parti diverse della stessa storia. Rispondono alle domande: Dov’ero prima di nascere? Perché mi accadono cose mentre vivo la mia vita? Dove vado dopo la morte? »
In stato di ipnosi, dunque, nasce anche l’opera presentata al Palazzo della Ragione che crea un cortocircuito tra la «griglia», messa a punto da Mullican come «architettura concettuale» per ordinare e razionalizzare la realtà, e gli elementi dell’imprevedibile e del caos introdotti dall’ipnosi, «come se quei segni contenessero una verità più autentica rispetto a quella raggiungibile da svegli».
Quella tra arte e ipnosi è un’attrazione fatale che corre lungo tutta la storia dell’arte moderna e contemporanea. E anche il pubblico ne è da sempre affascinato. All’ipnosi hanno fatto ricorso diversi artisti, chi per creare forme in grado di “ipnotizzare” lo spettatore, chi invece, come Mullican, come pratica che genera l’ispirazione, come pulsione creativa che viene dall’inconscio. Due esempi su tutti. Per primo Marcel Duchamp, con il suo provocatorio film «Anémic Cinéma», pietra miliare del movimento cinematografico sperimentale degli anni ’20 realizzato con la collaborazione di Man Ray. Attribuita all’alter ego femminile di Marcel Duchamp, Rrose Sélavy, l’opera presenta una serie di dischi rotanti ipnotici, che l’autore ha chiamato «rotoreliefs». E poi, per esplorare il cinema, il regista e attore tedesco Werner Herzog. Nel suo celebre «Cuore di Vetro» del 1976, quasi tutto il cast recitò in stato di ipnosi, spesso improvvisando misteriosi dialoghi. Tuttavia, per quanto i precedenti ci siano, eccome, Matt Mullican è probabilmente l’unico ad aver trasformato questo «stato di coscienza», alterato o naturale che sia, in uno «spazio totale», il luogo privilegiato in cui costruire la propria visione e interpretazione del mondo.
Info
Maggiori informazioni sul festival sono disponibili sul sito ufficiale. «That Person’s Heaven» sarà visitabile fino al 18 gennaio 2026 al Palazzo della Ragione di Bergamo. L’ingresso sarà libero.
