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Sarà il Cimitero Monumentale di Bergamo la casa di «Contemporary Locus 17»

Intervista. Contemporary Locus, tramite l’arte, offrirà l’opportunità di considerare il Cimitero Monumentale non solo come un luogo di perdita, ma anche come spazio di vita e di memoria collettiva

Lettura 6 min.
Paola Tognon in allestimento (Mario Albergati)

Nella «città dei vivi» ci muoviamo in fretta, con la testa colma di impegni e il passo rapido sull’asfalto. Le agende sono piene e i telefoni vibrano in continuazione mentre percorriamo veloci strade, piazze e scuole che portano il nome di persone che non ci sono più. Ci sono nomi che incontriamo ogni giorno, senza magari riconoscerne o ricordarne la storia e l’umanità. È un elenco silenzioso che ci accompagna, ma le porte che ci permetterebbero di entrare nella loro città – la «città dei morti» dentro la «città dei vivi» – sembrano quasi sigillate. Eppure il cimitero è lì, a un passo da noi.

Una “città” parallela, fatta di viali, statue, ombre e silenzi che ci osservano. È come una parte sotterranea del nostro stesso respiro: una “città” simmetrica per aspetti sociali, urbanistici e storico-artistici, uno spazio che custodisce quello che siamo stati e che saremo. Tuttavia, il cimitero non sembra più essere uno degli spazi della comunità, il luogo dove si andava insieme per salutare, ricordare, ripercorrere, riflettere e celebrare. Oggi sembra quasi un giardino segreto, il posto dove il dolore e il ricordo si vivono e si consumano in solitudine.

In «Contemporary Locus 17» , l’associazione si propone di (ri)avvicinarsi al Cimitero Monumentale di Bergamo come un laboratorio silenzioso ma vibrante, un luogo d’arte che si intreccia con le persone che lo attraversano. Un progetto – gli appuntamenti del programma verranno resi noti a breve – che non vuole coprire, ma svelare, che non vuole invadere, ma accompagnare. L’arte diventerà così un ponte, un invito a sostare, a respirare più lentamente, a ricordare insieme. Un’azione di cura, di memoria e di partecipazione rivolta al valore collettivo di «una città nella città» che ci appartiene. Il progetto, sostenuto dal Comune di Bergamo e in collaborazione con numerose istituzioni del territorio, sarà un’opportunità per considerare il Monumentale non solo come un luogo di perdita, ma anche come spazio di vita.

«Contemporary Locus 17» sceglie ancora una volta la via della temporaneità e della cura, faro di tutti i suoi progetti di rigenerazione urbana. L’associazione prova a restituire al Monumentale la sua dimensione pubblica, per trasformarlo – ancora una volta, nel giorno e nella notte – in un luogo di pensiero, di incontro e di comunità. Per capire meglio le origini e gli obiettivi di questo progetto, ho intervistato Paola Tognon, storica dell’arte, docente e critica, curatrice di «Contemporary Locus 17» e direttrice dell’omonima associazione.

CDM: Come nasce l’associazione Contemporary Locus e quale bisogno culturale intendeva colmare quando è stata fondata nel 2012?

PT: Contemporary Locus ha origine dall’idea che l’arte sia una delle strade per interpretare il presente, per porre domande più che dare risposte. Nasce anche dalla mia attività professionale e dal desiderio di restituire alla città le esperienze vissute altrove, con pratiche condivise di conoscenza ed esperienza. Formarsi insieme, dare spazio e responsabilità alle future generazioni, indagare temi sensibili dell’attualità.
Fondata a Bergamo nel 2012, l’associazione aveva come primo obiettivo quello di restituire alla cura delle comunità spazi dismessi, nascosti o dimenticati attraverso progetti site-specific realizzati da artisti internazionali. In questo modo abbiamo illuminato temporaneamente luoghi segreti, trasformandoli in scenari di vita pubblica e di produzione collettiva di cultura.

CDM: Con quali obiettivi oggi rinnova i suoi progetti?

PT: In questi tredici anni l’arte – con la sua capacità di generare domande – è rimasta il centro del nostro lavoro, ma gli obiettivi sono ancora più complessi, come il contesto in cui viviamo. Oggi ci occupiamo non solo di luoghi nascosti, ma anche di spazi che necessitano di essere riscoperti e riattivati dal punto di vista naturalistico, storico-artistico e comunitario. Negli anni, accanto ai progetti espositivi principali, numerati e intitolati all’associazione, sono nati anche gli eventi speciali che vedono residenze, percorsi di studio e ricerca, collaborazioni con università e istituzioni, talk, pubblicazioni e laboratori. Sono iniziative pubbliche e partecipative, pensate per coinvolgere persone di ogni età e abilità, con attenzione all’accessibilità fisica, sensoriale e cognitiva. Al centro rimane però la nostra missione: le arti visuali come strumenti di invenzione e di relazione tra spazi, persone e memoria. L’arte come opportunità per processi di rigenerazione urbana a base culturale.

CDM: Cosa l’ha spinta a scegliere il Cimitero Monumentale di Bergamo come luogo per «Contemporary Locus 17»? Cosa lo rende speciale nel tessuto urbano e nella memoria collettiva?

PT: Il Cimitero Monumentale di Bergamo, progettato da Ernesto Pirovano tra il 1896 e il 1913, rappresenta un esempio significativo di architettura funeraria dell’epoca: eclettica, magniloquente e solenne con la sua scala monumentale, le cappelle ornate, i viali geometrici, le molte architetture e opere d’arte al suo interno.
Ieri il cimitero era in un’area isolata e periferica, oggi si trova al centro di un quartiere – Borgo Palazzo alle Valli – in rapida trasformazione per i suoi nuovi insediamenti abitativi. Eppure, paradossalmente, è un’area sempre più distante dalle emozioni, percepito quasi come qualcosa da nascondere. L’idea è nata proprio riflettendo sulla specularità tra la «Città dei vivi e la Città dei morti», sull’importanza di entrambe, ma sulla sottovalutazione della seconda, tenuta quasi a distanza. Così, a seguito del dialogo e del confronto con molte persone e studiosi, ci siamo domandati perché un’area così vasta e un luogo così significativo per la memoria collettiva non avesse il diritto di un impegno e di un’investigazione artistica oltre che storica. Nei nostri limiti, ma con un’azione allargata a tante istituzioni, enti e partner, abbiamo cercato di allargare la sua soglia in entrambe le direzioni. Nello specifico, «Contemporary Locus 17» lavorerà proprio sulla soglia del cimitero, riaprendo simbolicamente – con l’arte e in un progetto condiviso – le connessioni possibili di un luogo che appartiene alla comunità e che parla di noi.

CDM: In che modo questo progetto prova a “riaprire” il dialogo tra la «Città dei vivi e quella dei morti»? È in linea con la società contemporanea e la frequente rimozione del tema della morte?

PT: Penso che oggi la morte sia spesso percepita come altro da noi e non come parte della vita. Questo rende più difficile considerare il valore dei suoi spazi e, soprattutto, la nostra capacità di viverli in serenità. «Contemporary Locus 17», in sintesi, considera questo luogo come uno spazio dove la memoria e la vita possono incontrarsi. Riapre temporaneamente un dialogo per restituire, a coloro che vorranno ascoltarla, la sua voce, il suo silenzio parlante. Fatico a parlarne e a scriverne, ma penso anche che i tragici eventi del Covid abbiano reso ancora più evidente quanto la comunità provi il bisogno di prendersi cura di questo spazio in ciò che rappresenta.

CDM: Perché crede che proprio l’arte sia il linguaggio migliore per il dialogo tra queste due città?

PT: L’arte sa sostare nel presente con lo sguardo rivolto al futuro. Gli artisti accendono domande, aprono varchi, ci costringono a guardare da angolazioni nuove, immaginano possibilità che ancora non esistono. Le loro visioni a volte ci disorientano, a volte ci confortano, ma ci portano sempre un passo oltre ciò che già conosciamo. Bisogna solo abbassare la nostra diffidenza per accogliere il loro interrogarsi, in dialogo con il nostro. Andare oltre l’intrattenimento, con la curiosità di esplorare nuove e pratiche e azioni che a volte sono lievi, come il cadere di una foglia su altre foglie. Su questo indice abbiamo cercato un legame con la nostra memoria collettiva: «Contemporary Locus 17» risponde infatti al desiderio di riattivare il Cimitero Monumentale come spazio di vita pubblica e di pensiero. E, come già accennato, lo abbiamo fatto insieme a molti altri enti del territorio. Questo però lo sveleremo in seguito ...

CDM: Ha ribadito più volte il tema della temporaneità dell’intervento artistico…

PT: La temporaneità è al cuore del nostro abitare – attraverso l’arte – gli spazi urbani e naturali. Interveniamo in punta di piedi, illuminando questi luoghi per un tempo circoscritto. Partiamo dal principio che nulla è eterno o definitivo, ogni intervento ha un respiro limitato, un dialogo sensibile con lo spazio e con chi lo attraversa. Un esercizio che apre le porte allo sguardo altrui attraverso la visione e la sensibilità degli artisti, dei loro progetti site specific, della loro energia e generosità. Nel caso del cimitero, luogo fortemente sensibile, questa scelta assume un valore ulteriore. Servono cura, rispetto e attenzione per aprirsi con serenità alla vita che lo circonda. C’è bisogno anche di coraggio: non è solo uno spazio pubblico, dunque non riparato dalle mura simboliche di un museo, è uno spazio speciale. L’arte diventa così una presenza etica; generosi sono gli artisti coinvolti attorno alla solennità del progetto di Ernesto Pirovano, di un’epoca lontana dalla nostra. Anche loro verranno svelati in seguito, con un avvicinamento passo dopo passo. Più in generale, «Contemporary Locus» non vuole imporsi sui luoghi né modificarli permanentemente: il suo obiettivo è aprirli a nuove domande, stimolare e raccogliere riflessioni per nuove funzioni ed opportunità. La temporaneità diventa dunque una pratica, una forma di rispetto, una modalità per accogliere e sollecitare i nostri sguardi.

CDM: Quale tipo di esperienza culturale ed emotiva vorrebbe che i cittadini vivessero visitando il cimitero durante il progetto?

PT: Vorremmo che questo progetto fosse un invito ad avvicinarsi al cimitero con serenità, per conoscerlo anche in occasioni diverse dalle celebrazioni dei lutti. Un’occasione per abitare questo luogo come parte viva della città, con la sua storia e con le sue trasformazioni. La sua maestosità e Il suo fronte solenne, in tutta la sua maestosità, è una soglia che diventa l’occasione, in «Contemporary Locus 17», per riflettere sul flusso della vita, sui nostri desideri, sulle nostre storie. Una presa in cura non solo per il ricordo di chi non c’è più, ma per la comunità che siamo e che saremo. E poi, dopo lunghi mesi di visite e sopralluoghi, utili soprattutto a farci intuire quello che non volevamo fare, abbiamo scoperto che il cimitero è un luogo laborioso come pochi altri. Nella mia mente l’aeroporto, l’ospedale, gli spazi del governo e dell’amministrazione cittadina sono, con il cimitero, i luoghi di massima laboriosità della città. Tutti, nei modi e nei tempi che ciascuno determina, ci richiedono partecipazione e cura. Se riflettiamo, sono luoghi di partenze e arrivi, di mescolamenti. Nel mezzo ci stanno tutte le vicende umane.

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