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I cori alpini non sono roba «da vecchi»: l’esempio del Coro Idica

Articolo. Il coro di Clusone è stato fondato nel 1957 e da allora trasmette all’Italia e al mondo la bellezza e la tradizione dei canti alpini

Lettura 4 min.
Il coro Idica

È la notte di Natale del 1957. Una giornata fredda, resa gelida dai venti che soffiano dalla Val Seriana. Il maestro Kurt Dubiensky – viennese di origine ma ormai di casa in quel di Clusone – e una decina di amici percorrono le vie principali del paese. La neve, ghiacciata in superficie, crepita sotto le suole degli stivali e crea non pochi fastidi, ma poco importa. Il Natale è un giorno di festa e merita di essere celebrato. «E l’allegria la vien dai giovani…» si sente intonare dal gruppo di amici, seguito a ruota dal resto della compagnia che risponde «… e l’allegria la vien dai giovani, e non dai veci, non dai veci maridat». Dubiensky dirige la musica, dando indicazioni con brevi cenni della mano per bilanciare le tonalità vocali come aveva già fatto altre volte durante le prove. Quella sera stava nascendo il Coro Italiano di Canti Alpini.

Il momento descritto in queste prime righe è romanzato, parzialmente frutto di un mio tentativo di immaginarmi una scena ormai distante nel tempo, ma importante per la storia del territorio della Val Seriana. In questo breve racconto però due fatti sono veri. Il primo è che «L’allegria la vien dai giovani» è un canto tradizionale delle popolazioni dell’arco alpino; la seconda è che, in quella notte di Natale del 1957, il maestro Kurt Dubiensky guidò un coro di dieci persone in una serie di canti alpini, fondando così il gruppo noto in tutta Italia e nel mondo come Coro Idica.

La storia del coro

L’arrivo del maestro viennese a Clusone non è certo dei più felici. Kurt Dubiensky, di origine ebraica, fu costretto tra il 1939 e il 1940 a fuggire da Vienna a causa delle leggi razziali.

Il suo viaggio lo portò a rifugiarsi prima a Milano, poi a Fino del Monte e infine a Clusone, dove lavorò come pellicciaio coltivando al contempo la passione per il canto. Nel 1957 prese con sé alcuni amici baradèlli – questo il soprannome degli abitanti di Clusone – per fondare il Coro Idica e, negli anni, cominciò a lavorare con loro sui canti tradizionali di vari autori e su opere da lui composte. Tra queste, spicca «Madonnina dei Campelli», brano dedicato all’immagine della Madonna di Colere in Val di Scalve e che oggi compare nella scaletta di cori italiani e internazionali.

La passione per il canto alpino ha portato negli anni il Coro Idica a esibirsi in tutto lo Stivale, oltre che a presenziare come ospite in eventi organizzati in Israele, Messico, Stati Uniti d’America, Brasile, Thailandia, Argentina, Russia, Bulgaria, Olanda, Grecia, Spagna e Slovacchia. Tra le tappe più importanti, ricordiamo nel 2018 la presenza del Coro Idica – su invito dell’allora Nunzio Apostolico Joseph Spiteri – all’undicesima edizione del festival Libanese «Beirut Chantes» e nel 2019 gli appuntamenti in Lettonia e Lituania. Dopo il Maestro Dubiensky alla direzione del coro si sono succeduti il Maestro Gianluigi Bigoni e il Maestro Marco Rovaris. Dal 2019 il coro è diretto dal Maestro Gianlorenzo Benzoni.

La rassegna storica

L’evento cardine delle attività dei coristi di Idica resta all’interno del territorio che ha dato loro i natali dal punto di vista artistico.

Lo scorso marzo si è infatti svolta la quarantunesima edizione della «Rassegna corale Città di Clusone», una manifestazione che nel corso degli anni ha attirato cori nazionali e internazionali. Ospite d’eccezione di questa manifestazione è stato infatti il coro misto «Roženice» dalla città Croata di Pazin, con cui Clusone sta allacciando rapporti sempre più stretti di condivisione artistica. Citando una dichiarazione rilasciata dal sindaco di Clusone Massimo Morstabilini in occasione della manifestazione, «questa rassegna genera un’armonia che risuona nella nostra città con il linguaggio universale della bellezza e dell’arte, e non è solo un’occasione per celebrare il canto corale così magistralmente promosso nel mondo dal “nostro” Coro Idica, ma anche un momento di incontro e condivisione. Un’opportunità per stringere legami, scambiare esperienze e arricchire il nostro spirito attraverso la musica».

Il valore dei legami artistici

Viaggi, impegni istituzionali e organizzazione all’insegna della tradizione. Tante parole stupende che però spesso tolgono il focus dal motivo principale per cui queste realtà esistono: il desiderio di fratellanza e condivisione di una passione comune, in grado di portare gli appassionati a passare tempo insieme impegnandosi per raggiungere un risultato. Simili sforzi artistici creano amicizie spesso indissolubili, difficili da trovare nella socialità contemporanea fondata su interazioni basilari in cui l’interesse comune diventa un bene secondario. Questo, unito al desiderio di tramandare l’amore per il canto corale, è ciò che anima l’operato della presidente del Coro Idica Simona Visinoni.

«Proporre nel 2025 canti alpini significa mantenere e trasmettere le tradizioni, soprattutto ai giovani. Non è semplice, perché spesso i ragazzi pensano che questo mondo sia “da vecchi”, ma non è così. Porto il mio esempio: Io sono diventata presidente otto anni fa, ma seguo il coro da quando avevo 14 anni, prima come valletta, poi come presentatrice (le vallette sono una figura storica del coro, nate per accompagnare e accogliere i cori ospiti durante i festival, ndr). Molte delle vallette di allora sono ancora legate al coro, segno di quanto queste amicizie siano durature».

«Vorrei che si capisse – prosegue la presidente – quanto il coro sia un ambiente impegnativo, ma anche estremamente bello. I giovani dovrebbero avvicinarsi a questa realtà perché, grazie al canto, si può vivere un’esperienza coinvolgente portando allo stesso tempo avanti le proprie radici. Quando andiamo all’estero portiamo con noi il nostro territorio, cantando in bergamasco o i brani scritti dal maestro Dubiensky dedicati a Clusone e alle nostre montagne, e alcune di queste canzoni sono state imparate anche da cori stranieri. Ricordo quando, al “Festival internazionale dei cori” di Clusone, ci ritrovavamo a cantare in mezzo alla strada con cori della Guyana Francese o della Lituania, senza parlare la stessa lingua. Il canto unisce davvero, ed è per questo che tenere vive queste tradizioni è fondamentale».

Il presente di Idica

Si è parlato di passato e di valori, ma cos’è Idica oggi? Nel 2025 Idica è una realtà in ripresa, dopo una pandemia che ha lasciato ferite profonde. Nonostante ciò, il coro non si è arreso e ha perseguito i propri intenti, riconfermandosi come uno dei punti di riferimento per le realtà corali.

Martedì 15 aprile, il Coro Idica ha partecipato, insieme ad altre realtà delle tradizioni popolari, a un’esibizione celebrativa a Palazzo Pirelli per l’approvazione in Consiglio regionale di una legge dedicata alla tutela, alla valorizzazione, alla promozione e al sostegno di bande musicali, fanfare, cori e gruppi folk della Lombardia, tramite una serie di azioni che includono un censimento di queste realtà e la creazione di un bando apposito di sostegno. Idica sarà nuovamente presente a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale lombardo, il 29 maggio in occasione della «Festa della Lombardia», in cui, come da tradizione, saranno assegnati i «Premi Rosa Camuna 2025». Al Coro Idica verrà consegnata la Menzione speciale del «Premio Rosa Camuna 2025».

È sempre più chiaro quanto anche per le istituzioni la tradizione stia diventando parte fondamentale di una modernità che deve continuare a dare libertà di espressione e di crescita, senza però mai perdere di vista il passato e i temi culturali che hanno portato ai risultati attuali. Associazioni come il Coro Idica sono il ponte ideale tra il passato e il futuro, in grado di farci vivere esperienze nuove facendoci riscoprire un lato del nostro territorio che spesso dimentichiamo.

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