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Il metal orobico si fa gli auguri, arriva la «Malpaga Winter Night»

Articolo. Domenica 14 dicembre il Druso di Ranica dalle ore 16 ospiterà un cinque ore di concerti metal. Tra le Band presenti ci saranno anche i Beriedir, con cui abbiamo discusso dell’ultimo album «Liminal Spaces» e di progetti futuri

Lettura 6 min.
Druso 2024 (Sarah Kaps Photography)

Un festival metal invernale in provincia di Bergamo, al chiuso, con cinque band e, soprattutto, gratuito. Stiamo ovviamente parlando della «Malpaga Winter Night», da quattro anni l’appuntamento fisso dell’inverno al Druso e costola del «Malpaga Folk & Metal Fest» che si svolge nel mese di luglio a pochi passi dal castello di Malpaga. Un’occasione per ogni appassionato orobico di musica rock e metal per «staccare» dalle date dei club milanesi e ritrovare amici e compagni dei festival estivi in un evento sotto casa e a costo zero.

Lineup, data e orari

Io lo so cosa starà pensando il lettore medio: «Se l’ingresso è gratuito, significa che non ci saranno band “di livello”». Nulla di più lontano dalla verità, poiché alcune tra le formazioni chiamate in causa sono tra le più in vista nei rispettivi generi nel panorama lombardo, ma andiamo a vederle insieme.

L’inizio del festival è fissato per le ore 16 di domenica 14 dicembre e, durante le cinque ore di concerti, le band che si esibiranno sul palco del Druso di via Locatelli 17 a Ranica saranno:

Barad Guldur: nati nel 2014 con tematiche ispirate al folklore, alla mitologia, al fantasy, si esibiscono con strumenti tradizionali quali la ghironda e la cornamusa. Hanno pubblicato tre full-lenght di cui l’ultimo, nel 2024, dal titolo «Fabulae Errantes».

Ratti di Sentina: una scanzonata band a tema piratesco. Composta da sei stravaganti musicisti, questa ciurma musicale propone uno spettacolo in costume che narra delle sue incredibili gesta e scorribande tra isole caraibiche, mostri marini e rum.

Beriedir: prog metal made in Bergamo. Arrivati alle orecchie del grande pubblico nel 2018 con il loro primo album «The Path Beyond the Moon», i componenti di questo combo si distinguono per qualità tecnica e la costante ricerca di evoluzione e rinnovamento della propria proposta musicale. Nel 2025 hanno pubblicato «Liminal Spaces», terzo album studio della formazione oltre che, probabilmente, il più eclettico per costruzione e resa sonora.

Aexylium: nati nel 2014 Varese, questo combo che unisce le sonorità di flauti, violini e Bouzouki (uno strumento a corda greco) a quelle del metal più spinto. Nel corso del 2025 hanno pubblicato il loro ultimo album «Myth of Mankind».

Longobardeath: sul campo da oltre 30 anni, questa band ha saputo unire folk e tradizione milanese. Cresciuti in motoraduni, sagre e feste della birra, propongono un cantato in raro sopravvissuto «Milanese» unito a slang moderno. Con 16 album all’attivo tra studio e live sono ormai una vera e propria leggenda del panorama metal lombardo.

Richard Milella, organizzatore dell’evento invernale, mi ha spiegato il forte legame tra questo evento e quello estivo del castello di Malpaga, spiegandomi che l’idea alla base è proprio quella di riproporre «in formato ridotto la manifestazione estiva che si svolge tutti gli anni a Malpaga alla fine di luglio». Nel poco tempo a nostra disposizione, ha tenuto a descrivermi tutte le band presenti al festival, cosa che a mio avviso denota una forte passione che va ben oltre il semplice lato organizzativo. Infine, dopo avermi spiegato la fortuna di avere in concessione gratuita un locale come il Druso, la cui fama è ben nota in tutto il Nord Italia, ha concluso con una frase che da sola penso basti a descrivere il forte senso di unione e fratellanza della comunità rock e metal di Bergamo: «Più che un festival, è una festa a ingresso gratuito dove il metal si fa gli auguri».

L’intervista ai Beriedir

Dopo aver ascoltato le parole di Richard, ero curioso di sapere qualcosa di più sul festival e, in generale, sulla musica presente durante la giornata dai diretti interessati, ovvero dai musicisti. Ho così deciso di contattare i Beriedir e, dopo qualche messaggio, mi hanno concesso un’intervista. Mi sono così trovato in chiamata con il chitarrista Simone Bacchi Mottin e il nuovo bassista della band Matteo Boschini.

GT: Partiamo dall’inizio: come e quando nascono i Beriedir?

SBM: Faccio un po’ di «etnologia» della band io, visto che Teo è l’ultimo arrivato, anche se in realtà ci gira intorno da anni. I Beriedir nascono nel 2015 da un progetto di Stefano Nüsperli. All’inizio c’è stato un EP molto legato al Power Prog italiano, che poi si è evoluto nel primo album «The Path Beyond the Moon». Negli anni ci sono stati diversi cambi di formazione e di direzione, fino a una stabilità che dura ormai da 6–7 anni, a cui si è aggiunto Matteo a gennaio. Stefano arrivava da altri progetti più alternative della scena bergamasca e poi ha trovato un’identità chiara proprio con la fondazione dei Beriedir.

GT: A gennaio, oltre al nuovo ingresso, è uscito anche il vostro ultimo album «Liminal Spaces»

SBM: «Liminal Spaces» è stato un lavoro lungo, iniziato praticamente in concomitanza con l’uscita del disco precedente. Noi non smettiamo mai di scrivere: un album tira l’altro. È stato un passo avanti enorme per l’evoluzione della band; si sente un cambio rispetto ai lavori precedenti, pur restando nella stessa estetica. Siamo molto contenti sia della pubblicazione sia del riscontro, che è stato ottimo. Ha portato nuovi ascoltatori, ci ha dato modo di lavorare a videoclip, tour, tutto ciò che sta definendo quest’ultimo anno. È stata una grande soddisfazione coronare un percorso evolutivo che sentiamo nostro.

GT: Cosa significa fare prog metal oggi? E che tipo di pubblico avete?

SBM: Per anni il prog è stato associato all’idea del «fare cose difficili»: tempi strani, strutture contorte, oscurità. Io invece lo vedo come il genere più libero in assoluto. Non c’è un set di regole definito: puoi scrivere come vuoi, esplorare, cambiare, contaminare. Per noi è il contenitore ideale: non abbiamo formule fisse. Paradossalmente, negli ultimi anni abbiamo assorbito tanto anche dal pop: il coinvolgimento dell’ascoltatore, l’idea che non sempre serva il virtuosismo, ma a volte un ritornello che rimane o un groove quasi ballabile. La critica ha apprezzato molto questa libertà. Leggi dieci recensioni e ognuna ci paragona a dieci band diverse, spesso band che non ascoltiamo neppure!

MB: E con il pubblico succede una cosa buffa. Magari abbiamo un pezzo in quattro quarti e tutti lo percepiscono strano, mentre quelli con i tempi dispari sembrano più naturali. È l’effetto Meshuggah/Leprous - si riferisce a due band prog metal-: sposti gli accenti e crei disorientamento anche nei tempi semplici (ride).

SBM: Tantissimi ci dicono: «Vi ho visti per la prima volta, ho letto che siete prog ma… non sembrate prog». E questo per noi è un complimento. Non vogliamo essere ingabbiati nel “prog difficile”. Vogliamo libertà.

GT: Parliamo di live. Avete una data al «Malpaga Winter Night». Come costruite un concerto e la relativa scaletta?

SBM: Il Malpaga sta diventando quasi una tradizione: sarà la nostra seconda volta. L’anno scorso è stato anche il primo live di Matteo con noi, allora come turnista. Preparare un concerto dipende molto dal contesto. La nostra discografia è molto variegata e questo ci permette di adattarci a line-up diverse. Se la serata ha un certo mood, possiamo accentuarlo scegliendo brani più power, più prog, più atmosferici.

MB: A giugno, allo «Strigarium» - evento folk - abbiamo portato una scaletta più legata alle sonorità delle altre band ed è funzionato alla grande. La gente si è divertita un sacco.

SBM: Nell’ultimo anno è ovvio che «Liminal Spaces» è molto presente nelle scalette, ma amiamo anche ripescare brani dei lavori precedenti. E poi inseriamo i pezzi che ci divertono: la scaletta cambia spesso perché c’è sempre qualcosa che ci va di suonare adesso. Ultimamente, per esempio, la cover di Lady Gaga «Bloody Mary» è diventata un must. E cerchiamo sempre modi per interagire: durante «Burnout», in cui nel testo ci sono riferimenti agli uccellini di carta che bruciano, Stefano lancia aeroplanini di carta con estratti del testo. Funzionano sempre.

GT: La cover di Lady Gaga: da fuori com’è nata?

SBM: Bellissima da fare. È uscita con un tempismo comico: la canzone era tornata virale per la serie «Mercoledì», e noi l’abbiamo pubblicata sei mesi dopo. Ma la verità è che Gaga ci piace e, quel brano si sposava benissimo con l’estetica che stavamo costruendo tra gli album «Aqva» e «Liminal Spaces». L’abbiamo suonata una volta dal vivo e siamo rimasti scioccati dal riscontro. Anche a eventi improbabili come «Strigarium»: metallari durissimi che ballano Lady Gaga. A quel punto abbiamo capito che resterà in scaletta finché avremo voglia di farla.

GT: Quali sono i buoni propositi per il 2026?

SBM: Su questo devo stare vago, ma continueremo assolutamente il percorso live, magari guardando anche un po’ più lontano geograficamente. Come sempre, non smetteremo mai di scrivere: mentre suonavamo e preparavamo i live, stavamo già lavorando ad altro. Quindi il 2026 porterà sicuramente nuova musica.

GT: Quale lato dei Beriedir vorreste che i fan percepissero di più?

SBM: I testi. Spesso ci si concentra solo sulla musica, soprattutto nel metal, ma per noi testi e musica sono intrecciati. Soprattutto in «Liminal Spaces», i temi sono molto introspettivi e umani. Se leggi i testi mentre ascolti, la musica ti restituisce esattamente quelle sensazioni.

MB: Io aggiungo una cosa più personale. Sono nella band da un anno, ma orbito intorno ai Beriedir da molto prima. La cosa più importante, per me, è che prima ancora di essere una band, i Beriedir sono un gruppo di amici. È raro. Mi sono sentito accolto come se fossi sempre stato con loro, e questo influisce tantissimo sul modo in cui scriviamo, suoniamo e stiamo sul palco. È uno degli aspetti che definisce davvero chi sono i Beriedir e sono felice di farne parte.

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