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Suoni, odori, sapori, luci e relazioni che hanno il potere di alterare i nostri neurotrasmettitori a Natale

Articolo. Per molti, le festività evocano gioia, conforto e senso di appartenenza. Ma cosa succede nel nostro cervello? E perché per alcune persone le stesse stimolazioni provocano stress, tristezza o disagio? In questo articolo esploriamo tutti i principali fattori che influenzano il nostro umore e la chimica cerebrale a Natale

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Non c’è dicembre senza periodo natalizio, e non c’è periodo natalizio senza Mariah Carey a massimo volume mentre sono in coda al semaforo quando vado al lavoro. Con l’avvicinarsi di dicembre, città, case e strade si trasformano: luci colorate, musiche festose, profumi di dolci e spezie, cene con amici e familiari. Per molti, questa atmosfera evoca gioia, conforto e senso di appartenenza. Ma cosa succede davvero nel nostro cervello durante il periodo natalizio? E perché per alcune persone le stesse stimolazioni provocano stress, tristezza o disagio? In questo articolo esploriamo tutti i principali fattori (sensoriali, sociali e neurobiologici) che influenzano il nostro umore e la chimica cerebrale a Natale.

Fin dall’antichità, le celebrazioni del solstizio d’inverno erano pensate per «fare luce» nel momento più buio dell’anno. Le comunità mangiavano insieme, cantavano e accendevano fuochi per scaldarsi e sentirsi unite. Oggi le luci natalizie, i banchetti e i canti non sono altro che versioni moderne degli stessi rituali: strumenti collettivi per rafforzare i legami sociali e combattere la sensazione di freddo, buio e isolamento tipica della stagione invernale.

Il periodo natalizio è, infatti, una miscela potente di stimoli sensoriali, sociali e comportamentali che agiscono sui nostri circuiti emotivi e sulla chimica del nostro cervello: suoni, odori, sapori, luci, relazioni, stress, piccoli e grandi rituali, hanno il potere di alterare i nostri neurotrasmettitori.

I neurotrasmettitori sono le molecole con cui le cellule nervose comunicano tra loro. Ogni volta che pensiamo, proviamo un’emozione, ricordiamo qualcosa o semplicemente ci muoviamo, il cervello invia minuscoli segnali elettrici che, per passare da un neurone all’altro, devono essere tradotti in messaggi chimici: proprio i neurotrasmettitori. Ognuno di questi messaggeri svolge un ruolo diverso: alcuni favoriscono sensazioni di benessere e connessione, altri modulano l’energia, l’attenzione o la capacità di reagire ai pericoli. La loro armonia è ciò che ci permette di sentirci emotivamente in equilibrio. Quando la loro attività cambia (a causa di stimoli esterni, ricordi, abitudini, stress o momenti particolari dell’anno) anche il nostro stato d’animo si modifica.

L’esperienza multisensoriale natalizia

Cominciamo questo viaggio multisensoriale dal nostro naso: l’olfatto, infatti, è l’unico senso che ha connessioni dirette con l’amigdala e l’ippocampo, regioni cerebrali coinvolte nella memoria emotiva. Il profumo di dolci appena sfornati, di arancia e cannella, così come di pino, è capace di rievocare dei ricordi emotivi profondamente radicati in noi, grazie all’attività sinergica di questi due organi per recuperare esperienze passate che somigliano alle situazioni presenti. Possono essere esperienze stressanti o, al contrario, allegre.

Passando per le nostre orecchie, provate a pensare a quei campanellini presenti in tutte le canzoni natalizie, alle melodie gioiose e serene, a quante volte avete canticchiato “Jingle Bells” anche senza conoscere le parole precise. Le canzoni di Natale e la musica festiva non sono solo cassa di sottofondo: ascoltare melodie familiari può attivare il sistema di ricompensa del cervello. Questo stimolo aumenta il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere, all’anticipazione positiva e alla motivazione. Ci sono studi che dimostrano che le persone più estroverse e disinibite tendono ad avere livelli più alti di dopamina rispetto a chi è più introverso.

Vogliamo parlare, poi, di quanto siano buoni i cibi natalizi? Non parlo solo di panettoni e pandori, anche la polenta e l’arrosto di mia madre sono più saporiti in questo periodo (e partiamo già da ottimi livelli). I pasti festivi, spesso ricchi e calorici, attivano centri di piacere nel cervello. Il consumo di cibi «comfort» può stimolare il sistema mesolimbico e liberare dopamina e oppioidi endogeni, come nello «sballo del corridore», tutte sostanze che producono sensazioni di benessere e piacere. Queste esperienze, se ripetute negli anni, diventano ricordi positivi associati al Natale. L’alcool, invece, attiva il Gaba, il neurotrasmettitore calmante, creando una sensazione di rilassamento che però può trasformarsi in ansia il giorno dopo, quando il Gaba crolla. Ecco perché alcuni sperimentano la cosiddetta hangxiety, ansia post-alcol, particolarmente frequente durante le festività.

Aprendo gli occhi, infine, vediamo subito più luce nonostante le giornate più corte: le luci natalizie calde e decorative compensano in parte questo deficit, stimolando i circuiti visivi che si collegano alle aree di ricompensa e possono favorire il rilascio di dopamina e serotonina, contribuendo a una sensazione di benessere.

Il lato oscuro della luce: quali ricordi risveglia il Natale?

Le radici della gioia natalizia sono spesso sovrapposte alle cause dell’infelicità tra alcune persone. Spesso siamo portati a pensare che il Natale, tra scintillii e (per i più fortunati) dei lunghi giorni di vacanza, sia il periodo più felice dell’anno. Ma vale davvero per tutti?

Pensiamoci: è una festa che può riattivare memorie felici legate all’infanzia, quando non avevamo responsabilità se non quella di goderci ogni singolo momento presente. Non vedevamo l’ora che arrivasse dicembre per le sorprese di Santa Lucia, il Natale con i nonni, la notte di Capodanno con gli amici. Cresceva l’entusiasmo man mano le finestrelle del Calendario dell’Avvento si aprivano, e anche oggi ci sentiamo più connessi e altruisti quando dedichiamo un regalo a qualcuno. Si condividono pasti e tradizioni che rafforzano i legami grazie anche alla produzione di ossitocina, «l’ormone dei legami sociali», correlata all’affetto e all’attaccamento.

Eppure, le connessioni che creiamo non vanno a sostituire quelle che, durante gli anni, abbiamo perduto. Invece di gioire, può succedere che il Natale diventi un promemoria dell’assenza di alcune persone care, evidenziando un senso di solitudine che contrasta con l’atmosfera che viene creata intorno a noi. Ci sono cambiamenti nel corso della nostra vita che possono pesare più di altri, come separazioni e difficoltà economiche, e si creano degli standard irrealistici che ci possono far sentire inadeguati. Inoltre, c’è chi sente particolare stress per le aspettative sociali di partecipare alle cene natalizie, donare il regalo perfetto, visitare i parenti anche tra quelli meno amati. Questo può attivare circuiti legati alla nostalgia dolorosa e alla ruminazione mentale, causando un’aumentata produzione di cortisolo e un senso di sovraccarico psicofisico. Si parla, quindi, di “Christmas Blues” per riferirsi a quel malessere psicofisico caratterizzato da ansia, stress e disturbi del sonno.

Tra neuroscienze ed emozioni

Comprendere i meccanismi del nostro cervello non solo aiuta a spiegare perché reagiamo in modi diversi alla stessa stagione, ma può anche offrire strumenti per gestire meglio le nostre emozioni, valorizzando ciò che ci fa stare bene e riducendo ciò che ci appesantisce.

Non esiste un «modo giusto» di vivere il Natale. Per chi lo ama, è un’occasione di connessione; per chi lo soffre, riconoscere le emozioni difficili può essere un atto di cura verso sé stessi. Molti trovano utile abbassare le aspettative, scegliere le relazioni nutrenti, creare rituali personalizzati e concedersi spazi di solitudine consapevole.

In qualsiasi modo vivrete questo mese, vi auguro di passarlo circondati dall’affetto di cui avete bisogno, qualsiasi cosa significhi per ciascuno e ciascuna di voi.

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