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«Donizetti Opera», il ritorno di «Caterina Cornaro» e il futuro del festival raccontato da Riccardo Frizza

Intervista. Dal debutto della nuova edizione critica al ruolo del teatro come laboratorio culturale: il direttore artistico svela visioni, sfide e ambizioni di uno dei festival più attesi della città

Lettura 5 min.

Il festival «Donizetti Opera 2025» si appresta a inaugurare una nuova stagione. Dal 14 al 30 novembre Bergamo ospiterà un ricco calendario musicale che si aprirà al Teatro Donizetti con «Caterina Cornaro» e proseguirà con il dittico «Il campanello» e «Deux hommes et une femme» al Teatro Sociale, insieme a «Il furioso nell’isola di S. Domingo» nuovamente al Donizetti. A questi titoli – i biglietti sono acquistabili qui – si affiancheranno concerti, laboratori, incontri e iniziative diffuse tra il cuore della città e Città Alta, in un intreccio di luoghi e linguaggi che restituirà pienamente la vocazione del festival: essere, prima ancora che una rassegna musicale, un laboratorio aperto, una rete di relazioni e di pensieri condivisi che rinnova ogni anno la presenza viva di Gaetano Donizetti nella città che gli ha dato i natali.

In vista di questa nuova edizione, raggiungo telefonicamente il Maestro Riccardo Frizza, direttore artistico e musicale del festival «Donizetti Opera», mentre si trova a New York per dirigere «La Sonnambula» di Vincenzo Bellini al Metropolitan Opera House. Un impegno che segna, dopo vent’anni di assenza, il ritorno di uno dei titoli più evocativi del belcanto italiano sul palcoscenico del Metropolitan, e che conferma Frizza come uno dei direttori di riferimento per questo repertorio. Tra una recita e l’altra, il Maestro accetta di raccontare la nuova «Caterina Cornaro» che debutterà al festival di quest’anno: un titolo raro e affascinante che tornerà a Bergamo dopo trent’anni. L’occasione è preziosa anche per riflettere sul futuro del festival, sulla musica di Gaetano Donizetti e sul senso profondo di un teatro che vuole essere, sempre più, luogo di ricerca aperto alla città.

LL: «Caterina Cornaro» torna sulle scene del Teatro Donizetti. Che cosa l’ha spinta a scegliere questo titolo, e in che modo questa decisione si intreccia con la visione artistica che sta costruendo per il festival?

RF: L’edizione di quest’anno è stata programmata da Francesco Micheli, quindi la scelta è sua. Tuttavia, come direttore musicale, l’ho sostenuta e condivisa pienamente, perché si tratta di un grande titolo. Con Casa Ricordi, inoltre, si è lavorato alla nuova edizione critica dell’opera che, grazie alla partnership con il Centro Studi Donizettiani della Fondazione Teatro Donizetti, vedrà la sua prima esecuzione mondiale proprio durante il festival. È un risultato importante, sul piano artistico e scientifico, che segna una tappa significativa del percorso intrapreso dal festival «Donizetti Opera».

LL: Il lavoro sulle fonti e sulle edizioni critiche è diventato una parte essenziale dell’identità del festival. Quali prospettive vede per i prossimi anni del «Donizetti Opera»? Ci sono titoli o linee di ricerca che sente più urgenti per continuare a restituire la complessità di Donizetti?

RF: Nel futuro c’è ancora molto da fare, anche perché le opere di Donizetti sono moltissime; tuttavia, non intendo fare del festival un’occasione per realizzare l’opera omnia del compositore bergamasco. Il percorso che immagino è quello tracciato negli ultimi anni, con una costante attenzione alle edizioni critiche – «La fille du régiment» (2021), «Don Pasquale» (2024), «Roberto Devereux» (2024), ndr – che, personalmente e insieme al Centro Studi Donizettiani della Fondazione Teatro Donizetti, stimoliamo e sosteniamo in collaborazione con Casa Ricordi. In questa direzione si stanno producendo edizioni informate e ricche di apparati critici, strumenti preziosi che aiutano l’interprete nel lavoro di studio e di ricerca. Quest’anno presentiamo l’edizione critica della «Cornaro» nella versione viennese del 1842 curata da Eleonora Di Cintio, andando a recuperare la prima scrittura dell’opera.

LL: Le opere di Donizetti pongono sempre interrogativi universali. In «Caterina Cornaro», come con le regine donizettiane, il potere è insieme trono e prigione. Che cosa ci insegna oggi lo sguardo di Donizetti sul potere al femminile?

RF: Tutte le opere di Donizetti, in particolare quelle dedicate alle regine («Roberto Devereux», «Anna Bolena», «Maria Stuarda», ndr), hanno una profonda connotazione politica. Anche «Caterina Cornaro» non fa eccezione: non solo perché la protagonista è un personaggio storico, ma soprattutto perché il tema centrale dell’opera – il piegarsi alle necessità politiche – resta di grande attualità ancora oggi. Le opere importanti di Donizetti, come del resto quelle di tutti i grandi, sono sempre moderne perché parlano dell’umanità all’umanità. Cambiano i secoli, ma l’uomo rimane sempre lo stesso.

LL: Lo sguardo donizettiano sul potere si accompagna sempre a una grande attenzione per la parola e per il suo potere evocativo. Nel libretto di Giacomo Sacchero, Caterina Cornaro vive in un linguaggio denso di pathos e di immagini, quasi pittorico. Quanto conta questa parola “visiva” nella resa musicale dell’opera? E quanto Donizetti riesce a trasfigurare quel testo?

RF: È una questione interpretativa: scolpire la parola attraverso l’uso del declamato – che, prima ancora di Verdi, è impiegato in modo ampio ed efficace da Donizetti e da Bellini – è fondamentale per restituirne tutta la forza espressiva. Certamente, poi, esistono pagine musicali di grande bellezza che trasfigurano il testo, ma è proprio nel declamato, nel recitativo, che la parola si fa davvero vibrante ed efficace.

LL: Anche nella costruzione dei personaggi emerge una modernità sorprendente. Donizetti è stato capace di essere popolare e sofisticato, immediato e profondo. Dove risiede la contemporaneità? Nella scrittura musicale o nello sguardo che getta sui suoi personaggi?

RF: Dobbiamo riconoscere maggior merito al Donizetti compositore, ma troppo spesso trascuriamo la grandezza del Donizetti drammaturgo. Egli costruisce i suoi personaggi con una visione profonda e moderna, capace di trasmettere messaggi di straordinaria forza, basti pensare a Lucia, che si ribella al potere patriarcale del fratello, o a Elisabetta, nel «Roberto Devereux», che sacrifica l’amore al dovere e, con esso, la propria umanità. Raramente ci soffermiamo sul valore sociale e politico che si cela dietro queste figure. Questa consapevolezza e questo spessore li attribuiamo più facilmente a Verdi; con Donizetti, forse, siamo ancora un po’ indietro. Ma come festival spetta a noi raccogliere questa eredità, far emergere tali messaggi e approfondire le relative questioni musicologiche. Bisogna comunicarle: lo stiamo facendo e dovremo farlo sempre di più in futuro.

LL: Fra gli elementi di una direzione artistica che oggi si devono presidiare ci sono attenzione musicologica, qualità esecutiva e attrattiva mediatica. Qual è la sfida più complessa nel costruire un festival che sia allo stesso tempo rigoroso e popolare?

RF: È molto difficile, perché evidentemente siamo un festival che pensa in grande ma con un budget piccolo. Nei prossimi anni intendo contribuire a questo percorso mantenendo un equilibrio tra rigore, grazie all’attenzione agli aspetti interpretativi e strettamente musicali, e popolarità, portando solisti e interpreti, cantanti, registi e direttori di fama internazionale e di valore. La dimensione musicale, in particolare, è quella che vorrei esplorare e ampliare maggiormente: per il futuro spero di poter sviluppare sempre di più il lavoro sulla musica e sulla voce, che restano il cuore del festival.

LL: Quanto conta oggi il lavoro in rete per far crescere questo progetto e per restituire al Teatro e all’opera lirica la sua dimensione di «bene comune»?

RF: Le relazioni internazionali sono e resteranno un elemento di sviluppo, perché collaborare con teatri importanti rappresenta per il festival non solo un riconoscimento del valore che esprime, ma anche un motivo di crescita e di prestigio. La formazione è altrettanto centrale, e noi ci puntiamo molto: perché l’opera venga percepita come un bene di tutti, è fondamentale formare e far crescere un pubblico giovane, consapevole del valore artistico e culturale dell’opera. Per questo l’Ufficio Formazione è uno dei più attivi del festival durante tutto l’anno e lavora con grande efficacia insieme alle scuole, formando prima gli insegnanti e poi gli studenti.

LL: La mostra storico-teatrale diffusa in città «Caterina Cornaro experience» unisce musica, arti visive, storia e costume. Quanto è importante oggi costruire intorno all’opera un ecosistema culturale diffuso, dove il pubblico non solo assiste ma partecipa ai diversi piani narrativi?

RF: Questo è fondamentale per noi e per le istituzioni locali, e non solo per il pubblico. La «Caterina Cornaro experience» rappresenta uno dei primi passi verso un modello che deve diventare una pratica consolidata e di sistema: lavorare insieme per la causa più grande di Bergamo, che è quella di valorizzare il suo massimo compositore.

Info sul festival e sui biglietti

Maggiori informazioni sul festival e sui biglietti sono disponibili sul sito ufficiale. Il «Donizetti Opera» è organizzato dalla Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo con la direzione generale di Massimo Boffelli, con il sostegno del Comune di Bergamo.

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