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Il teatro interroga l’anima nei nuovi spettacoli di «deSidera Bergamo Festival»

Intervista. A settembre la rassegna porterà a Bergamo diversi titoli dedicati al teatro del sacro. Da non perdere Ippolita Baldini a Capriate e Giacomo Poretti alla Cornabusa

Lettura 7 min.
Ippolita Baldini in Santa Chiara (Foto Federico Buscarino)

In un tempo in cui la velocità digitale sembra aver sostituito il silenzio del raccoglimento, c’è un luogo che continua a parlare sottovoce, ma in modo profondo: il teatro. Tra palcoscenici e platee, quasi fossero navate di una chiesa, il teatro riesce ancora a interrogare le coscienze, soprattutto quelle più giovani, su molteplici temi, tra cui la spiritualità. Come? Coinvolgendo le generazioni del futuro in sguardi nuovi, più umani, capaci di suscitare domande senza imporre risposte. E così la fede – intesa non solo dal punto di vista religioso, ma anche come una ricerca interiore e come desiderio di avvicinarsi alla giustizia o alla bellezza – trova nel linguaggio teatrale un alleato (in)credibile. Sul palco le vite dei Santi, gli episodi della Bibbia e le lezioni di Gesù diventano infatti concrete: si traducono in gesti, parole, relazioni, esempi.

Lo sa bene «deSidera Bergamo Festival» che ogni anno dedica un’importante fetta del proprio cartellone al filone del sacro, con titoli che portano nella nostra provincia attrici e attori affermati e registi di grande respiro. È il caso di «Una ballata per Chiara» dell’attrice Ippolita Baldini e del regista Luigi Guarnieri, una sorta di monologo a più voci che ripercorre e ricostruisce le vicende di Santa Chiara di Assisi, nominata nel 1958 da Papa Pio XII patrona della televisione e delle telecomunicazioni. Nato da un’idea di Walter Spelgatti, storico collaboratore di «deSidera», questo titolo – che ha esordito la scorsa estate a Lovere – verrà portato in scena giovedì 4 settembre alle 21.15 all’oratorio di Capriate San Gervasio, in via Sant’Alessandro Martire. In caso di maltempo si sposterà al Palazzetto dello Sport, in via Bustigatti.

Lo spettacolo – nato dopo un grande di lavoro di ricerca di Ippolita Baldini sul periodo francescano e dopo aver incontrato più volte le Clarisse di Milano – ripercorre le tante sfumature che hanno distinto la vita di Santa Chiara, a partire dalle parole di diversi personaggi che l’hanno conosciuta, come quelle della madre Ortolana o della “rivale” Guelfa, contraria allo stile di vita portato avanti da Chiara e da San Francesco. Il risultato è un racconto poliedrico, reso sorprendente dalla verve comica dell’attrice di origine milanesi, che abbiamo intervistato per avere più dettagli su questo suo lavoro.

Ippolita Baldini e la «sua» Chiara

LA: Come stai vivendo in questo momento storico difficile e complicato la fede?

IB: A me si è intensificata in modo clamoroso. È un abbraccio più intenso che vivo con il Signore, con la sua paternità o con la sua fratellanza, se parliamo di Gesù. E rimandando alla parabola del «Figliol prodigo», credo che in questo periodo storico riusciremo a trovare un segno di bellezza e di forza, con le persone che penseranno «quasi quasi torno da papà». In un’epoca fatta di baal (idoli, dal termine usato nell’Antico Testamento per indicare l’Idolo che si è opposto al Signore, ndr), mi sono sentita talmente svuotata, che ho sentito il bisogno di tornare a casa. E per questo credo che molte persone sentiranno lo stesso bisogno: potrebbe essere un terreno fertile per le conversioni.

LA: E a proposito di «papà», che ricordo hai di Papa Francesco che hai incontrato due estati fa in Vaticano e che aveva benedetto il ruolo della comicità per parlare di Dio?

IB: È un ricordo bellissimo, credo che si sia innestato nel mio cuore come un semino. A volte mi capita di immaginarlo come se mi guardasse, quasi fosse una figura di padre. A volte ripenso al sorriso che mi ha fatto quando ci siamo incontrati in Vaticano, quando mi stavo avvicinando a lui per dargli la mano. Aveva un sorriso talmente aperto che ho pensato: «ah, ma che bello che è. È proprio un Santo».

LA: Papa Francesco ha avuto la grande capacità di parlare ai giovani. Secondo te, come la fede può parlare oggi ai giovani?

IB: I giovani sono la nostra speranza e mi ha colpito vedere il Giubileo così pieno di ragazzi di tutte le età. Secondo me, i giovani hanno meno problemi ad avvicinarsi alla fede perché hanno slanci di entusiasmo che gli adulti hanno perso. E qui entra in gioco il teatro che è uno strumento eccezionale secondo me per far passare dei messaggi, così come l’ironia che aiuta a prendere le cose con la giusta leggerezza. Anche Papa Francesco pregava ogni giorno di avere la «grazia del senso dell’umorismo». Ma aldilà del tema sacro, il teatro ha da sempre rappresentato uno canale importante – penso ad esempio a Shakespeare o ai grandi nomi – per parlare dell’umanità in generale. Io, con la mia comicità, affronto il palcoscenico con questo caleidoscopio e cerco di umanizzare l’esempio di questi grandi Santi.

LA: È l’operazione che hai fatto con Santa Chiara, lasciandola sullo sfondo del monologo e raccontandola attraverso le parole di chi l’ha vissuta.

IB: Esattamente, ho voluto umanizzare Santa Chiara per avvicinarla a tutte noi e per dire che a una sorta di «santità» ci possiamo arrivare tutte, se lo vogliamo. Anche perché oggi, secondo me, è richiesta una santità molto più semplice: basta ascoltare un attimo la Parola, soffermarsi cinque minuti al giorno su quanto ci ha detto il Padre e sei già Santo. Le grandi cose che si facevano nel Medioevo non si devono più fare.

LA: E a proposito di laicità, hai portato Lucy, il tuo cavallo di battaglia televisivo, in questo monologo, catapultandolo nel Duecento.

IB: Mi piace sempre mischiare il sacro con il profano e per questo ho voluto inserire il personaggio di Lucy, così come ho voluto mettere molta della musica che piace a me, con riferimenti ad esempio a Franco Battiato, a Bob Dylan e a Zucchero che, con la sua «Così Celeste», mi ha dato la forza di scrivere tutto lo spettacolo, partendo dal finale e arrivando all’inizio. La musica è una di quelle cose che mi dà coraggio e non poteva mancare.

LA: Immaginiamo di trovare Santa Chiara tra il pubblico di Capriate. Secondo te come reagirebbe allo spettacolo?

IB: Eh, è una bella domanda, ma devo ammettere che mi è venuta subito – in modo istintivo – una risposta. Anche a giudicare dalla reazione delle Clarisse che ho incontrato e conosciuto per scrivere questo spettacolo, secondo me Santa Chiara riderebbe. Si sarebbe divertita molto in questa cosa, riderebbe in modo gioioso anche solo alla domanda di Lucy di proporre un balletto per le novizie, vedendola così in un convento.

Giacomo Poretti alla Cornabusa

Il cartellone di «deSidera Bergamo Festival» sarà impreziosito mercoledì 10 settembre – alle 21 a Sant’Omobono Terme – da un evento speciale: Giacomo Poretti porterà in scena al Santuario della Cornabusa « La fregatura di avere un’anima », a dieci anni dalla prima volta. Era infatti il 17 settembre 2015 quando Poretti apparve per la prima volta nel cartellone del festival. Un percorso lungo dieci anni che l’ha portato a diventare direttore artistico della rassegna insieme a Gabriele Allevi e a Luca Doninelli. «È stato un cammino importante perché ha coinciso con la conoscenza e la successiva amicizia con Gabriele Allevi. È da qui è nato il seme che ha portato non solo a “deSidera” ma anche ad aprire due teatri a Milano, il Teatro Oscar e il Teatro degli Angeli. Dall’incontro organizzativo per fare il primo spettacolo alla Cornabusa è nata una cosa molto significativa», conferma Giacomo.

Ma che effetto fa per un artista tornare nel Santuario che San Giovanni XXIII definiva «il più bello del mondo»? «Fa un certo effetto, intanto perché sono volati in un battibaleno dieci anni – ricorda il direttore artistico – e poi – memore di quanto mi aveva prefigurato Gabriele Allevi consigliandomi di portare una giacca a vento e un ombrello – chissà come sarà stavolta. Mi ricordo che metà dello spettacolo, l’ultima volta, la feci con il giubbotto in testa... quindi sono curioso di vedere come sarà il 10 settembre».

Dopo il successo di «Fare un’anima», Poretti a Sant’Omobono Terme porterà il monologo «La fregatura di avere un’anima», una sorta di sequel per tornare a parlare del tema dell’anima. «Non so come chiamarlo tecnicamente. “Fare un’anima”, il mio primo monologo, nacque nel 2018. La complessità del tema ha portato lo spettacolo a modificarsi almeno per quattro volte. Questo perché, dopo un po’, pensavo di mandarlo in pensione, invece ci sono state richieste significative che mi hanno portato ad attualizzarlo». I temi saranno quelli dell’anima, del mistero della vita e dell’educazioni dei figli. «Ho approfondito i dubbi del protagonista, un uomo medio che vive negli anni 2000. Dentro a un turbine e a una fascinazione verso la tecnologia, che sembra bastare per dare un senso alla vita, in verità si sollevano molti tormenti. E da qui parte una considerazione. Un padre o una madre di questi anni pensa di fare del proprio figlio un influencer, un ingegnere o un architetto… insomma tutto fuorché un’anima. Il concetto dello spettacolo starà proprio qui».

E qui entrerà in gioco il tema della fede e il ruolo del teatro – e di «deSidera» in particolare – indispensabile per trasmettere valori e riflessioni più profonde. «È proprio la peculiarità della rassegna e dei nostri teatri: non dare risposte, ma suscitare, attraversi gli spettacoli, un ragionamento sul significato delle cose ultime della vita. La vita è sacra e per questo dobbiamo interrogarci da dove veniamo e per quale motivo siamo qui».

Gli altri appuntamenti di settembre

Oltre ai titoli che vi abbiamo raccontato, «deSidera Bergamo Festival» proporrà a settembre altri spettacoli che riecheggeranno in suggestive location della nostra provincia. Il 5 settembre – alle 21.15 presso la Basilica di Sant’Alessandro in Colonna di Bergamo – ci sarà « Davide e Assalonne. Il dramma di essere padri. Il dramma di essere figli », scritto da Luca Doninelli e interpretato da Giorgio Marchesi, con le musiche dal vivo di Daniela Savoldi. Lo spettacolo rileggerà una delle pagine più drammatiche dell’Antico Testamento: il conflitto tra Davide e il figlio Assalonne, che si trasforma in guerra civile e tragedia familiare. Un dramma che interrogherà profondamente il pubblico sul legame che corre tra un padre e il figlio, tra la giustizia e il potere.

L’attrice fiorentina Lucilla Giagnoni tornerà a Bergamo con «La speranza», un nuovo allestimento per il Giubileo 2025 «Pellegrini di Speranza». Al centro di questa nuova meditazione ci sarà un viaggio tra musica e parole che si ispirerà ai grandi autori come Dante, Leopardi, Etty Hillesum e Padre Turoldo. Lo spettacolo sarà replicato in tre date e in luoghi diversi: Lovere (5 settembre alle 21.15 in Piazza Vittorio Emanuele II, in caso di maltempo nella Basilica di S.Maria in Valvendra), Calcinate (12 settembre alle 21 sul sagrato della chiesa Parrocchiale di S.Maria Assunta, in caso di pioggia presso la Sala della Comunità) e Ciserano (17 settembre alle 21 alla chiesa Parrocchiale dei Ss. Marco e Martino). Tre occasioni da non perdere per riflettere sul valore della speranza come virtù trasformativa e forza attiva nel mondo.

Il 12 settembre, alla chiesa di S.Sisto di Colognola (Bergamo), andrà in scena « In nome della madre », di Erri De Luca, con Patrizia Punzo e la regia di Danilo Nigrelli. La narrazione intima dei nove mesi di Maria (Miriàm in ebraico) dal concepimento alla nascita di Gesù permetterà di scoprire uno sguardo profondamente umano sulla figura della madre di Cristo, tra stupore, fede e alle prese con «un evento molto più grande di lei». Emergerà un ritratto inedito di Maria che metterà in luce la forza silenziosa e rivoluzionaria di una giovane donna.

L’ultimo focus dedicato al teatro del sacro verrà portato in scena a Fara Gera d’Adda, dove – il 18 settembre alle 21 sul sagrato della chiesa di Sant’Alessandro, in caso di maltempo in Auditorium – è in cartellone « Due uomini. Roncalli e Montini alla prova del tempo », ancora a firma di Doninelli, con Francesco Mino Manni e la musica del violoncello di Elena Castagnola. Lo spettacolo, un nuovo allestimento studiato per il Giubileo 2025, porterà in scena la vita di Papi santi, Giovanni XXIII e Paolo VI, che hanno attraversato i momenti cruciali del Novecento, tra guerre, terrorismo e storia. Una testimonianza diretta, resa possibile grazie a un testo potente, che permetterà di trovare una pace e una luce anche nei contesti più difficili e drammatici.

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