Nel centro di Bergamo, a pochi passi da via Angelo Mai – in via Divisione Tridentina 6B – ha preso vita un progetto unico in città che ha saputo unire handmade, etica e inclusione: la sartoria sociale Dressing Piuma, fondata dall’associazione La Terza Piuma. Questo luogo non è solo un laboratorio dove i tessuti di recupero trovano nuova forma grazie a mani esperte, ma uno spazio in cui la moda incontra la solidarietà. Qui persone fragili o con lieve disabilità trovano uno spazio per crescere, imparare e sentirsi parte di una comunità. Una sartoria sociale che porta con sé l’anima di Bergamo: concreta, laboriosa, capace di reinventarsi.
L’associazione La Terza Piuma nasce nel 2014 con l’obiettivo di promuovere progetti di economia circolare, ma è a partire dal 2017 che il progetto Dressing Piuma ha gettato le proprie radici sul territorio. Da un anno il laboratorio sartoriale ha una propria ragione sociale: un passo che ha permesso all’associazione di poter assumente le persone che fino a quel momento avevano lavoravano a titolo di volontarie. «Ora la Dressing Piuma ha a tutti gli effetti dipendenti, un laboratorio di produzione… e lavora!», spiega – non senza una nota di orgoglio – Alessandra Gabriele, la fondatrice de La Terza Piuma. Al suo fianco ci sono Erica, Adama, Elisa e Gloria che oggi lavorano come volontarie, ma che vorrebbero che Dressing Piuma diventasse a tutti gli effetti la loro occupazione principale.
Un filo che diventa trauma
Dressing Piuma è una vera e propria sartoria sociale, che non si occupa solo di creare vestiti, ma che ha anche un forte obiettivo umano e comunitario. Oltre a realizzare capi su misura o rimettere a modello abiti esistenti (e a promuovere campagne di riciclo di tappi di sughero, scarpe da ginnastica e cravatte), dà la possibilità a persone che stanno vivendo un percorso di recupero di imparare un mestiere e di sentirsi parte attiva della società.
«Collaboriamo con tantissime realtà di Bergamo – spiega Alessandra – partendo dalla Cooperativa Impresa Sociale Ruah alla Cooperativa Sociale Biplano, fino ad arrivare ad ATS». L’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo invia – attraverso Tirocini di Inclusione Sociale – a Dressing Piuma persone con fragilità o con leggera disabilità. Questi TIS si basano su un progetto personalizzato, e mirano a favorire autonomia e inclusione nel mercato del lavoro, costituendo un percorso di supporto che prevede un’indennità economica.
Dressing Piuma è il punto di riferimento per decine di clienti, ma non si ferma qui: «È una start up, e uno dei nostri sogni è quello di dare la possibilità anche a persone con disabilità più importanti, che attualmente non riusciamo a coinvolgere, di lavorare in sicurezza con una macchina da cucire», prosegue la fondatrice, facendo ancora riferimento a uno dei pilastri de La Terza Piuma, un’inclusione sociale profonda, che non si fermi a uno slogan di facciata. Per sostenere gli obiettivi di Dressing Piuma è stata attivata anche una raccolta fondi!
Un laboratorio di quartiere
Dressing Piuma è un progetto che affonda le radici nel territorio bergamasco anche quando si devono recuperare le materie prime. «Lavoriamo con tessuti di scarto, che arrivano sia da aziende della provincia, da privati, o anche sartorie o mercerie che hanno chiuso i battenti», precisa Alessandra che sottolinea anche il ruolo cruciale del progetto nella riduzione dei rifiuti, evitando che molti scampoli di tessuto finiscano la loro vita in un inceneritore.
Il racconto delle attività del laboratorio sociale che faccio con Alessandra si sposta poi sull’organico che al momento partecipa al progetto: «Adesso sta collaborando con noi un figurinista, che non si occupa della produzione ma dello studio di un modello in base al tessuto che abbiamo a disposizione. Propone soluzioni per ottimizzare la stoffa, le disegna a mano – noi non siamo una grande azienda, per cui lavoriamo ancora con un metodo tradizionale! - e poi chi le lavora decide come trarre il massimo da ogni scampolo». L’idea è quella di confezionare dei capi di abbigliamento che vengano utilizzati tutti i giorni, a misura della persona che li indossa. Una linea di pensiero agli antipodi della fast fashion , la moda veloce che spinge al consumo compulsivo, alla produzione in serie di vestiti fatti per essere indossati poche volte, contribuendo a uno sfruttamento vizioso delle risorse umane e naturali.
Bergamo e la sua provincia hanno una lunga tradizione legata al tessile, basti pensare alla produzione laniera e cotoniera della Val Gandino, con storiche manifatture industriali già dall’Ottocento. È proprio questo patrimonio storico e culturale che ha dato la spinta a Dressing Piuma per riportare in vita un universo del tessile legato in modo particolare alle piccole realtà. «Le grandi aziende manifatturiere bergamasche hanno perso i contatti con i piccoli e con i privati», rivela con una nota di amarezza Alessandra Gabriele, «come nel resto del mondo occidentale, anche a Bergamo la moda veloce ha preso il sopravvento. Perfino chi lavora in prima persona nel settore tessile compra sulle piattaforme e-commerce di ultra fast fashion. È un peccato che non ci si possa più permettersi abbigliamento sartoriale e fatto con cura».
Dal canto suo, Dressing Piuma si impegna a rendere accessibili i propri prodotti con costi alla portata di chiunque, senza svalutare il processo di creazione di ogni capo di abbigliamento. I costi sono paragonabili a quelli dei più famosi marchi di fast fashion , che ormai propongono tranquillamente al pubblico pantaloni a 80 euro. Anche questa è inclusione! «La nostra sartoria – conferma la fondatrice – è piccola: non sembra di entrare in un negozio, ma in una casa. Le persone che ci frequentano vengono qui anche solo per bere un caffè e per fare due chiacchiere. Questo, nella logica del commercio, sembra assurdo, però a noi fa piacere creare un senso di accoglienza anche se chi entra in negozio non ha bisogno, in quel momento, di fare un acquisto».
Negli anni, il laboratorio sociale ha accolto tanti studenti e tante studentesse della scuola secondaria di secondo grado in percorsi PCTO, i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento che dal 2019 sostituiscono la precedente alternanza scuola-lavoro. Dressing Piuma si è così integrata con la formazione scolastica attraverso un’esperienza pratica e formativa nel mondo del lavoro, per sviluppare competenze trasversali e orientare verso un possibile sbocco lavorativo. Tra le tante esperienze vissute con gli adolescenti all’interno della sartoria sociale, Alessandra ne ricorda una in particolare. «Per un PCTO è stata da noi una studentessa dalla Francia che durante i quattro mesi di progetto ha imparato a confezionare una specifica forma di pantaloni, che poi ha ricreato per sé stessa e anche per la sua famiglia, portando la nostra piccola realtà nel suo paesino d’origine. Ricordo che prima di andare via ha voluto fare una foto del nostro staff da tenere come ricordo, e l’anno successivo è venuta a trovarci con i suoi genitori. Questa è la dimostrazione che Dressing Piuma ha colpito nel cuore di questa ragazza».
Alessandra Gabriele mi confessa che si sente sempre un po’ titubante a dialogare con i ragazzi e le ragazze in PCTO: il mondo degli adulti e quello degli adolescenti sembrano appartenere a due universi distinti! Ma la visita a sorpresa – un anno dopo – di quella ragazza francese è stata per Alessandra la riprova che Dressing Piuma si conferma uno spazio accogliente anche per i più giovani.
Una sartoria sempre più in rete
Dressing Piuma non guarda solo al passato, ma anche al futuro: quale ruolo potrebbe avere la sartoria nella Bergamo di domani, sempre più attenta alla sostenibilità e all’inclusione? A questa domanda Alessandra Gabriele risponde senza esitazione: fare rete e portare il laboratorio ad essere riconosciuto come una sartoria di quartiere, non un semplice negozio ma un luogo di ritrovo che accolga le persone continuando a promuovere una cultura del riuso. «Viviamo il nostro lavoro come una piccola goccia verso una consapevolezza più ampia. Qualcosa a livello globale si sta muovendo, grazie alle nuove generazione che fortunatamente stanno mostrando una grande sensibilità».
Quest’ultima precisazione trova riscontro nelle persone che si rivolgono alla sartoria, con molti giovani che si rivolgono all’attività per far riparare i loro vestiti, boicottando – a loro modo – la moda veloce. Alessandra Gabriele mi riporta infine un desiderio comune in tutto lo staff della sartoria: « Ci piacerebbe aiutare chi vorrebbe creare una sartoria sociale come la nostra, ampliandoci in Bergamo e provincia come una sorta di franchising. Perché il nostro modello, il nostro laboratorio sociale, attivo da dieci anni – dati alla mano – funziona! Ed è replicabile e sostenibile sotto diversi punti di vista. Non dovrebbe esistere concorrenza tra piccole realtà del territorio, ma collaborazione» per coltivare una moda che parte dal cuore e arrivi lontano, con spirito concreto, generoso e sorprendentemente creativo.
Tutte le foto sono di Marta Valoti