93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Il Cerchietto, dai vestiti per i bimbi è nata una bella storia di comunità

Racconto. A Torre Boldone un progetto nato da alcune mamme racconta come l’economia circolare possa ricostruire legami sociali e sostenere le famiglie di oggi

Lettura 6 min.

Sempre più, nel territorio bergamasco, da un’esigenza pratica nascono progetti che si trasformano in qualcosa di molto più grande. È il caso de Il Cerchietto, dove si scambiano vestiti per bambini, bambine, e premaman, puliti e in buone condizioni. Il Cerchietto ha trovato terreno fertile a Torre Boldone, nel cuore di una provincia dove le famiglie rincorrono ritmi sempre più frenetici che però è riuscito a creare una rete che somiglia alle comunità di una volta: una rete fatta di fiducia, di ascolto e di sostegno reciproco.

Il Cerchietto è un progetto dell’associazione Infanzia e Incontri di Torre Boldone, che promuove una cultura della prima infanzia. Intervisto Linda Corna, che insieme a Mariangela Iaciofano, ha dato vita a Il Cerchietto nel 2009, e che ancora oggi è una delle colonne portanti. «Il progetto nasce in sordina, all’interno del Gruppo di Acquisto Solidale di Torre Boldone», inizia a raccontare Linda. «Era ed è tuttora un piccolo cerchio (da qui il nome, ndr), con le famiglie del GAS che conservano in uno spazio comune i vestiti e gli oggetti per l’infanzia che non usano più».

La realtà solidale muove quindi i suoi primi passi nella casa di Mariangela, nella camera che la figlia – partita per l’Erasmus – aveva lasciato vuota. «Io ho iniziato rimettendo in circolo i vestiti della mia prima figlia», racconta Linda che anni fa si è riconosciuta nell’esigenza di molte famiglie della periferia di Bergamo: la necessità di creare un gruppo da cui prendere in prestito e a cui prestare i vestiti dei figli che crescono velocemente. Perché tra traslochi, ricerca di una vita lontana dalla famiglia di origine e nuove opportunità di lavoro, la rete familiare che c’era una volta è andata a poco a poco sgretolandosi. Il Cerchietto è stata una cartina tornasole per questi cambiamenti, come si intuisce dalle parole di Linda: «Inizialmente venivano al Cerchietto famiglie straniere, oggi sono molte anche le famiglie italiane. Non è più un prendere per necessità, c’è un’attenzione diversa alla sostenibilità e all’inclusione».

Una sensibilità crescente che porta diverse famiglie, proveniente ad esempio da Trescore Balneario, a percorrere chilometri per raggiungere la sede. Il progetto è un punto di riferimento anche per persone in situazioni di fragilità, collaborando con i centri antiviolenza e con l’associazione Ti Ascolto della Parrocchia di Torre Boldone, che supporta famiglie in difficoltà.

Storie diverse, un unico sguardo

Con gli anni Il Cerchietto è diventato un luogo di scambio e di incontro per persone con diversi background . Anche le prime responsabili del progetto arrivano da percorsi differenti: Linda è un’educatrice che lavora a contatto con la disabilità, Emanuela Bottoni è dipendente di una cooperativa sociale che opera in tutto il territorio bergamasco, Stefania Vismara si occupa di parquet, mentre Elisabetta Orsetti lavora nell’ambito della segnaletica stradale. A loro si sono aggiunte Mariangela, che aveva messo a disposizione il primo spazio di scambio, e Silvia Frazzini, che si è unita come responsabile. I sacrifici, però, ci sono stati, e Linda lo ricorda bene: «Noi come responsabili siamo riuscite a portare avanti il progetto perché non abbiamo mai chiesto più di tanto alle volontarie e ai volontari. Soprattutto nella parte organizzativa e di riunioni. Loro – che sono circa una trentina – si attivano soprattutto nei momenti di apertura al pubblico de Il Cerchietto, ognuno dà la disponibilità che può. Piegano i vestitini, si interfacciano con il pubblico… Proprio perché per loro non ci sono vincoli pesanti siamo riusciti ad andare avanti».

Le azioni chiave su cui si fonda il progetto sono: non spreco, sobrietà e riciclo. «Riciclo perché il Cerchietto ha un fine che punta alla sostenibilità, anche ambientale: il riutilizzo di abbigliamento e di oggetti» spiega Linda, «C’è poi tutta una parte etica che abbiamo cercato di sviluppare nel tempo. Lo scambio di vestiti è solo una piccola parte». Presso Il Cerchietto non si comprano infatti i vestiti, ma si portano quelli che non si usano più e si prendono invece quelli che servono attraverso un sistema di punti. Linda precisa di aver lavorato molto negli anni per sensibilizzare le famiglie sulla finalità del progetto: «Se tu porti cinque valigie di abbigliamento e non prendi nulla c’è qualcosa che non sta funzionando. All’inizio abbiamo fatto molta fatica a trasmettere questa filosofia, questa motivazione, ma adesso si inizia a comprendere».

Le sedi

La storia de Il Cerchietto è stata tutt’altro che lineare: da quella prima camera privata ha cambiato ben sei sedi, tutte in territorio torreboldonese. Un primo passo è stato staccarsi dal Gruppo di Acquisto Solidale per essere ospitate dalla Casa Accoglienza Il Mantello, gestita dalle Suore delle Poverelle.

Con la decisione di aprire lo spazio al pubblico, il progetto non poteva più appoggiarsi a una Comunità e quindi ha trovato spazio all’interno della RSA dell’Istituto Palazzolo, in zona Imotorre. Poco tempo dopo Il Cerchietto si è spostato alla Comunità di Villa Mia, una residenzialità per persone adulte con disabilità. Dopo il Covid, con la riforma del Terzo Settore, Il Cerchietto si è unito all’associazione Infanzia e Incontri. Linda racconta come questo passaggio sia stato il naturale proseguimento del progetto: «Quasi tutte noi responsabili siamo passate dall’associazione Infanzia e Incontri con i nostri bambini piccoli, era una realtà che conoscevamo e che ci ha formato come genitori». Allora c’è stato il quarto trasloco verso una sede messa a disposizione dal Comune di Torre Boldone, sopra il Centro Polivalente. Con la decisione – da parte della precedente amministrazione – di dedicare questi spazi ai medici di base, la sede de Il Cerchietto ha dovuto di nuovo spostarsi, e oggi si trova nell’ex bocciodromo, all’interno del Centro Polivalente.

C’è stato un episodio che ha fatto capire a Linda di essere sulla strada giusta con Il Cerchietto, un incontro che ha smosso gli animi quando il progetto era ancora alla sede della Casa Mantello. Perché, come fa notare lei, «da educatrice guardo più alla parte relazionale». «Avevamo chiesto che le utenti della Casa Accoglienza partecipassero in qualche modo a ciò che facevamo con Il Cerchietto. Un giorno, mentre le mamme sceglievano i vestiti, ho chiesto a un’ospite della Casa, che poi abbiamo conosciuto meglio e con cui è nata anche un’amicizia, di dare un occhio e di intrattenere un po’ i bambini. Solo successivamente questa donna mi ha raccontato di essere un ex carcerata». Le parole di questa donna sono rimaste impresse nella mente di Linda fino a oggi, quando le ripete con una punta di emozione: «Vi siete fidate di me, dandomi in braccio dei bambini senza conoscere la mia storia». La confessione di quella donna ha aperto il cuore a Linda: «è qui che dobbiamo stare, mi sono detta».

Il presente e il futuro

Il Cerchietto non un luogo in cui si scambiano semplicemente vestiti per bambini; è uno spazio per tessere relazioni, per dare vita a un momento di accoglienza. «Quello che per noi è importante è sapere che ci sono famiglie che stanno aspettando il proprio turno per fare gli scambi. Che si è creata una rete, un’occasione anche sociale», spiega ancora Linda. La gioia di questa consapevolezza sfuma quando Linda ricorda che per tenere in vita un progetto «ci vogliono forze, personalità e sensibilità tra i volontari, che non riusciamo più ad avere». Una constatazione di un fenomeno che tocca tante realtà della bergamasca: associazioni che si reggono su pochi volontari o che rischiano di chiudere non per mancanza di utilità, ma per mancanza di braccia. Perché se è vero che il bisogno delle famiglie aumenta, è altrettanto vero che il volontariato, quello fatto di presenza costante, di tempo regalato e mani “che sanno fare”, sta diventando sempre più raro. Cambiano i ritmi di vita, cambiano le priorità, e sempre più spesso le persone faticano a trovare uno spazio da dedicare agli altri.

Gli obiettivi per Il Cerchietto sono molti, a partire da quelli più concreti: «A livello materiale ci servirebbe una nuova sede, adeguata ad ospitare le nostre attività». La motivazione non è puramente gestionale, perché Linda aggiunge: «Ci piacerebbe fare una bella accoglienza con la merenda, in un posto caldo, dove dare spazio e tempo anche alle persone. Dove lo scambio dei vestiti possa dare importanza anche allo scambio delle parole». Il Cerchietto si propone infatti di essere portatore di una sensibilità sempre maggiore, legata all’economia circolare. Per questo il progetto negli anni ha partecipato a diverse feste di paese (come la «Festa di San Martino» a Torre Boldone) e manifestazioni, non ultima la fiera «Per filo e per sogno», dedicata al riciclo e all’arte del saper fare, organizzata dal Distretto di Economia Sociale e Solidale di Bergamo (DESS Bergamo) insieme al gruppo «Per filo e per sogno». Le idee sono molte, le persone a disposizione sempre meno: «Riusciamo a fare poco per questioni organizzative: le forze di noi responsabili sono quelle che sono, e alle volontarie non domandiamo troppo. È un impegno».

«Per diversi anni è capitato di vedere i vestiti dei nostri figli (quello che aveva regalato la nonna o magari la zia), indossato da altri. Poi ti capitava di vederlo in paese, anche al quarto passaggio! Abbiamo visto girare quei vestiti più volte su bambini più piccoli, questa cosa ha insegnato molto anche ai nostri figli e in un certo senso ha anche azzerato le differenze: il vestitino era magari di una bambina che aveva tutto abbigliamento di marca e magari ora era indossato da una bambina del Burkina Faso, o viceversa». Il Cerchietto continua a essere una piccola oasi di solidarietà, ma per restare tale ha bisogno di nuove voci, nuovi occhi, nuove energie. Perché i bambini crescono in fretta, è vero, ma un progetto – quello sì – dà i suoi frutti solo se qualcuno ha il coraggio di coltivarlo.

Approfondimenti