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Uomini, democrazia e futuro: un dialogo a Bergamo per cambiare prospettiva

Intervista. Il 30 ottobre l’Università di Bergamo ospita la tavola rotonda «Democratic Masculinities», un invito aperto a chi vuole immaginare nuove forme di maschilità libere da violenza e pregiudizi.

Lettura 5 min.

In un momento in cui i valori democratici sono sotto pressione, ripensare la maschilità è fondamentale per costruire società più inclusive, giuste e resilienti. Proprio per questo il progetto «Men4Dem – Masculinity for the Future European Democracy» si concentra su come le società democratiche possano promuovere forme di maschilità non violente, responsabili ed emotivamente consapevoli attraverso la ricerca scientifica e interventi partecipativi.

Di tutto questo si parlerà anche a Bergamo durante l’incontro «Democratic Masculinities: Scientific and Grassroot Perspectives on Interventions». Una tavola rotonda che si terrà giovedì 30 ottobre dalle 14.15 alle 15.45 nell’aula Fornasa della sede universitaria di Sant’Agostino e che vedrà la partecipazione di relatori provenienti da realtà universitarie e artistiche, alla ricerca di un nuovo modo di concepire la maschilità al di fuori degli stereotipi tossici. I relatori della tavola rotonda saranno Tarik Abou-Chadi (University of Oxford), Enrico Francone dell’associazione Cerchio degli Uomini, Bharath Ganesh dell’università di Amsterdam, Ov Christian Lamanna dell’associazione Cerchio degli Uomini, Cristian Norocel dell’università di Lund e con l’intervento artistico di Dagmar Slagmolen.

Ad introdurre la discussione sarà Vera Lomazzi, professoressa associata di Sociologia del dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli studi di Bergamo e parte del team di «Men4Dem», che passerà poi la parola per il benvenuto agli ospiti: Marzia Marchesi, assessora alle Pari Opportunità del Comune di Bergamo, Daniela Andreini, direttrice del dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli studi di Bergamo, e Liza Mügge, coordinatrice del progetto «Men4Dem» e professoressa dell’Università di Amsterdam.

Per comprendere al meglio i temi trattati durante la tavola rotonda del 30 ottobre e per conoscere la realtà di «Men4Dem», ne abbiamo discusso con la professoressa Vera Lomazzi.

GT: Cos’è «Men4Dem»?

VL: «Men4Dem – Masculinity for the Future European Democracy» è un progetto triennale, iniziato a gennaio 2025, che coinvolge sei Paesi: Italia, Germania, Svezia, Paesi Bassi, Polonia e Grecia. L’obiettivo è indagare il rapporto tra maschilità inclusiva e democrazia in Europa. Come Università di Bergamo siamo partner del progetto insieme ad altri istituti di ricerca e a due organizzazioni molto attive sul piano sociale: una che lavora attraverso l’arte e le performance con finalità di giustizia sociale, e un’altra composta da uomini che promuovono la parità di genere dal loro punto di vista, con azioni dirette sul territorio.

GT: Quindi non è solo un progetto di ricerca accademica, ma un lavoro che coinvolge anche realtà sociali e artistiche?

VL: Esattamente. Non vogliamo che resti chiuso nelle aule universitarie. L’idea è quella di intrecciare conoscenza scientifica, pratiche artistiche e interventi sociali. Vogliamo dimostrare che la conoscenza non nasce solo dai dati e dai libri, ma anche dalle esperienze, dalle relazioni e dai linguaggi dell’arte.

GT: Nel titolo si parla di «maschilità e democrazia». Come si intrecciano questi due concetti?

VL: A prima vista possono sembrare distanti, ma sono strettamente collegati. La parità di genere è uno dei pilastri della democrazia: se escludiamo o marginalizziamo una parte della popolazione, quella che otteniamo non è più una democrazia piena. Viviamo in un periodo in cui assistiamo a processi di de-democratizzazione, cioè un’erosione lenta ma costante di alcuni principi fondamentali come inclusione, pluralismo e partecipazione. Questo può avvenire senza un “colpo di stato”, ma attraverso piccole scelte quotidiane, restrizioni o discorsi che minano il rispetto dell’altro. La riflessione sulle maschilità entra qui: se modelli maschili dominanti promuovono competizione, conflitto o intolleranza, mettono in crisi anche la convivenza democratica.

GT: In che modo la crisi dei modelli maschili influisce su questi processi?

VL: Viviamo in una società che spinge gli uomini a corrispondere a un modello preciso: forte, di successo, competitivo, sempre in controllo. Chi non si riconosce in questa immagine spesso si sente isolato o inadeguato. Quando questo senso di smarrimento si combina con frustrazione o solitudine, si rischia di aderire a narrazioni tossiche. È ciò che avviene nella cosiddetta «manosphere», un insieme di piattaforme online frequentate da uomini che sfogano il loro disagio attribuendo la colpa alle donne o alla parità di genere. Non è un fenomeno marginale: questi ambienti producono vere e proprie ideologie che vengono amplificate da influencer e contribuiscono a legittimare modelli maschili autoritari, aggressivi e antidemocratici.

GT: Quando queste idee diventano collettive, il problema si amplifica.

VL: Esatto. Quando certe visioni si normalizzano nel discorso pubblico, anche tramite politica o media, diventano pericolose. Non parliamo più solo di stereotipi, ma di una forma di egemonia culturale che non ammette differenze. Chi non rientra nel modello dominante, che sia una donna in posizione di potere o un uomo che non rispecchia l’idea del maschio alfa, viene delegittimato. Questo è l’opposto della democrazia, che invece si fonda sul riconoscimento della diversità e sull’uguaglianza dei diritti.

GT: Nel progetto avete già condotto delle analisi concrete?

VL: Sì. Come gruppo di Bergamo abbiamo mappato i contesti di socializzazione in Europa, cioè gli ambienti in cui si formano questi modelli. Abbiamo analizzato oltre cento indicatori, economici, politici e culturali, per capire quanto ogni paese favorisca o contrasti le derive antidemocratiche. Per esempio, l’Italia mostra forti disuguaglianze economiche (l’indice di Gini, ovvero la misura statistica della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, è 31 contro una media europea di 28), un alto rischio di povertà e un livello di parità di genere ancora basso. Inoltre, i dati mostrano una contraddizione: l’80% degli italiani sostiene l’equilibrio di genere nelle posizioni di potere, ma il 45% ritiene “inappropriato” che le donne esprimano con forza le proprie opinioni politiche. Questo dice molto sulla nostra cultura. Questo lo si vede quotidianamente anche nei commenti online: le donne che si espongono pubblicamente vengono spesso attaccate in modo sproporzionato e aggressivo.

GT: In tutto questo, che impatto ha il fenomeno delle fake news?

VL: Dai dati Eurobarometro risulta che circa il 30% degli italiani ritiene di essere spesso esposto a fake news, ma solo il 9% si sente in grado di riconoscerle. È un divario preoccupante, perché apre la strada alla manipolazione e alla polarizzazione del dibattito pubblico. E qui entrano in gioco anche i meme: strumenti apparentemente innocui, ma potentissimi nel diffondere messaggi politici o sessisti, spesso mascherati da ironia. Il famoso «era solo una battuta» è una delle forme più sottili di delegittimazione.

GT: Abbiamo dunque pochi anticorpi per difenderci da questi fenomeni?

VL: Serve agire su due piani. Il primo è l’istruzione, perché offre gli strumenti cognitivi per decodificare le informazioni e sviluppare pensiero critico. Il secondo è l’educazione affettiva, che forma alla comprensione dell’altro e all’empatia. Capire le emozioni altrui è fondamentale per prevenire violenza e prevaricazione. Togliere spazio all’educazione affettiva, come qualcuno propone, significa rinunciare a un presidio di civiltà e di prevenzione.

GT: Quali saranno i prossimi passi di «Men4Dem»?

VL: Il mese prossimo lanceremo un grande questionario in tutti i sei Paesi per misurare la diffusione di opinioni e ideologie legate alla maschilità, alla parità di genere e alla radicalizzazione politica. Parallelamente, altri gruppi seguiranno e analizzeranno piattaforme online, influencer e movimenti giovanili dei partiti per capire come certe idee passano dal web alla politica e viceversa. Infine, con le organizzazioni artistiche coinvolte realizzeremo esperienze partecipative: una sorta di «giochi di ruolo» pubblici, basati su situazioni reali di ingiustizia o discriminazione, per stimolare l’empatia e la riflessione collettiva. È un modo per riportare la democrazia a livello esperienziale e quotidiano.

GT: Un progetto che tocca davvero molti ambiti.

VL: Sì, perché la questione della maschilità riguarda tutti: uomini, donne, istituzioni e società. È una chiave per capire le trasformazioni in corso e per difendere la qualità della nostra democrazia.

Info e contatti

La tavola rotonda «Democratic Masculinities: Scientific and Grassroot Perspectives on Interventions» si svolgerà giovedì 30 ottobre dalle 14.15 alle 15.45 nell’aula Fornasa della sede di Sant’Agostino. Presentazioni e relazioni saranno in lingua inglese. Per maggiori informazioni, è possibile consultare il sito dedicato.

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