La montagna può esser vissuta in modalità differenti: c’è chi preferisce godersela davanti a un piatto di casoncelli al rifugio, chi invece vuole entrar in contatto con la ruvida pietra e salire in vetta. Per Eleonora Delnevo la montagna è un modo di vivere affrontando gli ostacoli che la natura presenta sulla sua strada e trasformarli in uno stimolo per arricchire l’esperienza che l’accompagna da anni.
Ben prima del marzo 2015 quando, scalando una cascata di ghiaccio in Val Daone, in Trentino-Alto Adige, è caduta in un canalone riportando una lesione spinale che l’ha paralizzata alle gambe. Per Lola non ha rappresentato la conclusione di un’avventura, anzi, è stata l’occasione per rinascere e ampliare ulteriormente i propri orizzonti visitando il mondo pur di rimanere vicina all’amata montagna.
Ora, invece di scalare com’è abituata a fare, l’alpinista di Albino è pronta a scendere le gole del Verdon, fra le più ampie d’Europa collocate al centro delle Alpi Provenzali. Una nuova sfida per la 44enne seriana che sarà accompagnata dalla transalpina Eline Le Menestrel e che affronterà durante la settimana pasquale.
«Quest’anno ho deciso di non andare troppo lontano e fare un viaggio durante le vacanze primaverili. L’idea è nata con Eline che ho conosciuto lo scorso anno durante il Trento Film Festival e, parlando con lei, abbiamo deciso di scendere lungo le gole del Verdon – racconta Delnevo -. Con Eline ci troveremo a Manosque e raggiugeremo il canyon lei in bicicletta e io in handbike. Lì ci raggiungeranno due miei amici dalla Val Seriana, Mauro Gibellini noto come “Gibe” e Paolo Sala, per poi cominciare la discesa».
Sostenuta dagli sponsor Italgen, Caffè Borbone e dai Ragni di Lecco che credono nella mission di Delnevo, Lola affronterà un’arrampicata alquanto particolare visto che, invece di salire, sarà questa volta necessario scendere con l’obiettivo di conoscere meglio le profondità della terra come un simbolo dell’anima. E per farlo non basteranno le tradizionali attrezzature, servirà l’esperienza accumulata negli anni scorsi.
«Avevo un po’ di paura perché, dopo aver scalato per la seconda volta El Capitain nel Parco dello Yosemite nel 2018, non ho più fatto arrampicata. Non sapevo se ero ancora in grado di muovermi così agevolmente, affrontare una parete e fare le doppie. Così, insieme ai miei amici, abbiamo deciso di ritrovarci in falesia a Onore e provare tutte le mosse necessarie al fine di arrivare all’appuntamento pronti e senza pericoli – sottolinea Lola -. A differenza dell’arrampicata paralimpica che si effettuata su tracciati con strutture artificiali di una decina di metri utilizzando le prese sul pannello, abbiamo escogitato alcuni “trucchetti” provenienti dall’arrampicata artificiale e da altri mezzi come bicicletta e parapendio. Abbiamo installato un autobloccante sul manubrio dritto a T di una vecchia mountain bike, abbiamo predisposto una carrucola e un altro bloccante che possa tenermi ferma sulla corda. Tutto ciò mi consentirà di risalire con corda statica senza difficoltà, mentre gli altri arrampicheranno normalmente. L’obiettivo è infatti addentrarci nella gola scendendo per circa centocinquanta-duecento metri prima fino in fondo alla gola per poi risalire sino all’imbocco del sentiero».
Ci vuole molto coraggio per calarsi sino a quel punto, tuttavia, come Eleonora sa bene, per apprezzare le gioie più belle che la natura ci possa offrire, è spesso necessario fare fatica e andare oltre i timori che il nostro cervello ci presenta per salvaguardarci. Dopotutto Lola non ha mai pensato di fermarsi nemmeno quando quel giorno in Val Daone vedeva la propria vita cambiare. La montagna è nel suo DNA e nulla, nemmeno una paralisi agli arti inferiori, avrebbe potuto fermarla. I lunghi mesi in ospedale e le terapie affrontate nel centro riabilitativo di Mozzo sono state in realtà soltanto uno stimolo che ha accresciuto il desiderio di ricominciare con l’attività ad alta quota. Chiaramente con una visione diversa da quella che Lola era abituata a vivere, ma pur sempre affascinante.
«Non appena sono uscita dall’ospedale, non vedevo l’ora di tornare a fare attività all’aperto. Con i miei amici dell’alpinismo abbiamo così iniziato un nuovo percorso, partendo dalla canoa tanto che ho fatto due anni di corsi con il kayak, affiancati dall’attività invernali sugli sci – ricorda Delnevo -. Tuttavia ero stanca di dover salire in montagna in auto e magari fermarmi in un rifugio. Volevo tornare a far fatica e conquistarmi i traguardi, così ho deciso di passare all’handbike iniziando ad affrontare con quella i sentieri. Da lì è arrivata l’arrampicata e tutte le attività che mi hanno portato per due volte a trascorrere le vacanze nel Yosemite e scalare El Capitain».
Se è vero che Lola è abituata ad affrontare gli ostacoli che trova sulla propria strada, a volte però deve far i conti con degli impedimenti che non dipendono da lei e che potrebbero spingere a cedere persone con una forza di volontà leggermente inferiore rispetto a quella espressa dall’alpinista orobica: «Le nostre montagne purtroppo non sono per la maggior parte agibili per le persone con disabilità. Ci vuole tanta voglia di raggiungere e un grande aiuto da parte degli altri. Fortunatamente non è così dovunque perché per esempio nel Canton Ticino in Svizzera o sulle Dolomiti sono presenti delle zone attrezzate con sentieri percorribili anche con le handbike».
Se è vero che il viaggio nelle gole del Verdon sarà impegnativo, Eleonora è già pronta a guardare oltre e metter nel mirino una nuova avventura, o meglio, completare un vecchio percorso lasciato “a metà”. Stiamo parlando della discesa dello Yukon River, 500 chilometri in kayak fra Canada e Stati Uniti nelle terre che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento hanno richiamato migliaia di cercatori d’oro. Stavolta Delnevo vorrebbe compiere il percorso inverso partendo da Dawson City, città simbolo della «Corsa all’oro» e nota per la «Saga di Paperon de’ Paperoni» e per «Zanna Bianca».
Come un’esploratrice moderna Lola la 44enne orobica vorrebbe raggiungere l’Alaska attraversando luoghi oggi incontaminati. «L’idea era di farlo il prossimo anno, tuttavia sto pensandoci attentamente perché vorrebbe dire viaggiare negli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump. Ho le mie idee e questo mi sta spingendo a boicottare questo itinerario, magari convertendolo con un altro viaggio sempre in handbike comunque all’interno della natura selvaggia».