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A Porto d’Adda, la Storia scorre inesorabile come un fiume in piena

Articolo. Un itinerario alla scoperta di Porto d’Adda, piccola frazione di Cornate. Tra centrali elettriche, luoghi sacri e aree archeologiche, mentre la vegetazione rigogliosa e il fiume che scorre impetuoso incoraggiano la fantasia

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La Conca Madre

Le serrande che si affacciano sulla piazza sono abbassate, e dalla finestra rotta di una casa vuota riesco a vedere un pavimento ricoperto di calcinacci. Anche la chiesa di San Giuseppe è chiusa, e insieme al cielo grigio contribuisce a far apparire Porto d’Adda un luogo quasi disabitato. La chiesa ospita un «Giudizio Universale» di Vanni Rossi che mi sarebbe piaciuto ammirare: dipinto tra il 1940 e il 1945, è molto interessante perché l’artista vi ritrae diversi abitanti del paese, oltre a mettere coraggiosamente Mussolini e Hitler tra i dannati dell’inferno.

Mi lascio indietro un pizzico di delusione e la promessa di tornare, e mi incammino lungo la pista ciclabile che porta verso il fiume. Un bambino mi saluta con la mano dal suo passeggino, la donna che lo spinge mi sorride affrettandosi verso il paese, mentre io vado nella direzione opposta. Dall’altra parte dell’Adda c’è casa mia, mentre da questo lato c’è ancora uno spazio ignoto tutto da scoprire.

Porto d’Adda è una frazione di Cornate, ed era in passato un vero e proprio porto di importanza strategica e commerciale, perché situato vicino a un guado che permetteva di attraversare l’Adda. L’importanza di Cornate e di tutta la zona, abitata sin dall’epoca romana, crebbe quando l’Adda diventò nel Quattrocento l’ineluttabile confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia.

L’itinerario che ho in mente per questo pomeriggio dal meteo poco promettente si snoda accanto al Naviglio di Paderno, ideato da Leonardo da Vinci già nel Cinquecento per permettere la navigazione tra il Lago di Como e Milano, collegandosi ai Navigli, ma ultimato solo nel 1777. Il sentiero scende accanto a Palazzo Edison, fino alla maestosa Centrale Idroelettrica Angelo Bertini, costruita tra il 1896 e il 1898 dalla Edison. All’epoca era la seconda centrale al mondo per potenza, dopo quella sul Niagara, e l’energia prodotta alimentava la rete tranviaria di Milano.

Mi fermo per un po’ ad ammirarne le grandi finestre ad arco e ad osservare la potenza dell’acqua che mi scorre accanto, finché un ciclista non si ferma poco lontano a cambiare il copertone di una ruota. «Bella, eh?» dice alzando il mento verso la centrale, mentre riprende fiato. «Enorme» rispondo. «Pensa che è rimasta così com’era per un secolo, turbine e alternatori originali sono stati cambiati solo nel 1998».

Sono colpita da questa costruzione come lo sono dalla «meravigliosa potenza» dell’acqua: leggo questa espressione qualche centinaio di metri più avanti, sulla porta di un piccolo edificio bianco, uno spazio dell’Ecomuseo Adda di Leonardo. Penso che sia perfetta per descrivere lo scroscio della Conca Madre, una delle chiuse del Naviglio realizzate per superare i dislivelli del fiume Adda, come da progetto leonardesco. Da questo punto incastonato tra l’Adda e il Naviglio di Paderno il paesaggio è davvero spettacolare. Il cielo grigio, la vegetazione rigogliosa e il fiume che scorre impetuoso incoraggiano la fantasia. Mi sembra quasi di essere in una giungla esotica, e non semplicemente a pochi chilometri dalla zona che chiamo «casa»: l’isola bergamasca che è proprio di fronte a me, sulla sponda opposta.

Procedo di pochi metri e sulla destra incontro una scalinata che sale, fiancheggiata da insolite palme. Arrivo in cima con il fiatone, accompagnata da un vento che sembra portare un nuovo scroscio di pioggia, per ritrovarmi al cospetto di una piccola chiesina di pietra e mattoni rossi: il Santuario della Madonna della Rocchetta.

A prima vista è una semplice costruzione, che si affaccia su una piccola piazzetta dove un Leonardo da Vinci di pietra indica il fiume che scorre in basso, un serpente d’acqua dalle sfumature verdi e blu che diventa bianco nei punti dove si infrange contro le rocce. Questa zona però è un’area archeologica importante, ed è stata oggetto di studi e scavi tra il 1996 e il 2000. Si è scoperto che già dal V secolo era una zona fortificata, complice la posizione strategica su uno sperone di roccia a picco sul fiume. Gli scavi hanno portato alla luce oggetti del V e VI secolo e anche una grande cisterna per l’acqua con una capienza di 150 metri cubi. Nel 1386 Beltrando da Cornate fece costruire una chiesa per donarla ai frati eremiti dell’Ordine di Sant’Agostino, che la lasciarono nel Quattrocento quando i soldati milanesi vi si stanziarono per presidiare il confine con Venezia. Con l’occupazione francese del 1797, la chiesa venne confiscata e abbandonata, e divenne un covo di banditi. Solo nel 1991 iniziarono gli interventi di restauro, e oggi il Santuario della Madonna della Rocchetta è meta di preghiera per i devoti e uno dei punti panoramici migliori sul fiume Adda.

A questo punto il mio itinerario dovrebbe proseguire verso l’iconico Ponte San Michele, incontrando così la Chiesa dell’Addolorata e la vecchia Diga Poirée, che ho sempre visto solo dall’alto, passando in treno sul ponte. Il meteo però sembra peggiorare, tra la pioggia che scende ormai da qualche minuto e delle folate di vento che mettono a dura prova il mio ombrello. Decido a malincuore di tornare verso il punto di partenza, ma quando sono quasi arrivata il peggio sembra essere passato.

Seguo allora un sentiero che scende verso il fiume, sulla mia sinistra, e mi trovo presso quelle che vengono definite le “piscinette sull’Adda”, piccole piscine artificiali delimitate da pietre e riempite con acqua del canale, dove in estate la gente cerca refrigerio. Per via della pioggia copiosa degli ultimi giorni il fiume è in piena e si è mangiato gran parte del terreno: persino gli alberi affiorano dall’acqua e i bordi in pietra di alcune piscine si intravedono appena.

Dato che la pioggia e il vento sembrano regalarmi una tregua, invece di risalire verso Porto D’Adda passando dalla Centrale Bertini, proseguo oltre di essa nel senso opposto rispetto a quello da cui sono arrivata, fino a un altro punto di interesse di archeologia industriale: la Centrale Idroelettrica Carlo Esterle. A prima vista ha la forma di un’immensa cattedrale e l’eleganza curata di una villa.

La struttura maestosa, costruita nel 1914, alterna i mattoni rossi ad archi a sesto acuto, greche a motivi geometrici e decorazioni floreali. Sarei davvero curiosa di visitare l’interno, che sembra essere altrettanto elegante, ma è accessibile solo con visite guidate in alcune occasioni particolari, come il progetto «Impresa Elettrizzante» dell’Ecomuseo Adda di Leonardo.

Per tornare a Porto d’Adda, percorro un sentiero più alto rispetto al fiume, che attraversa i campi e passa accanto a un complesso di edifici, vecchie cascine che sembrano essere in stato di abbandono. Scopro in seguito che si tratta di Villa Monzini e del relativo complesso agricolo, precedentemente di proprietà dei monaci agostiniani. Non so cosa ne sia stato dei Monzini, ma il complesso è davvero grande: al posto del silenzio che ora lo avvolge, cerco di immaginarmi gli schiamazzi di bambini affacciati alle ringhiere delle abitazioni, il rumore degli utensili da lavoro e delle pentole in cucina, i polli razzolare nell’aia e qualche cane sonnecchiare sotto ai porticati.

Prima di ritornare sulla sponda bergamasca del fiume, aggiungo una breve tappa a Cornate d’Adda, anche se ormai il cielo lascia andare grosse gocce di pioggia. Mi fermo davanti al palazzo del Comune, costruito in ceppo d’Adda, perché noto una pietra d’inciampo dedicata a Battista Crippa, ucciso a Mauthausen come prigioniero politico nel 1944. A destra dell’edificio, una teca copre una parte del terreno, proteggendo una tomba romana del III secolo. Anche le prime pietre della chiesa di San Giorgio Martire, nonostante la struttura odierna sia ottocentesca, furono posate dal re longobardo Cuniperto in un tempo molto più lontano, il VII secolo.

Mi sorprendo sempre quando penso a quanta Storia può scorrere inesorabile in un singolo luogo, quasi fosse anch’essa un fiume in piena. Una Storia che a sua volta si intreccia e si annoda in mille modi diversi alle tante storie personali di chi ha abitato lo stesso luogo in diverse epoche. Tutto questo intrico di grande Storia e di piccole storie di Cornate d’Adda fa ormai parte delle radici di chi qui nasce e cresce. In fondo non sono tanto diverse dalle mie. Solo un fiume ci separa.

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