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In Val Brembilla tra le bellezze del Sornadello e del Foldone

Articolo. L’escursione in una delle valli più suggestive della bergamasca è lunga poco meno di 10 chilometri con un dislivello di circa 900 metri. In quattro ore di camminata è possibile ammirare la Forcella di Bura, il passo Mercante del ferro, il Cippo dei confini, la baita del Foldone e tantissimi altri paesaggi mozzafiato

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Ci rechiamo quest’oggi in terra di Brembilla, valle solcata dall’omonimo torrente che riversa le sue acque nel fiume Brembo (cui deve il nome). Per secoli terra povera e di emigrazione, grazie all’intraprendenza della sua popolazione, ha saputo trasformare la propria inclinazione agreste a quella industriale diventando una delle aree maggiormente sviluppate della Val Brembana. Numerose piccole e medie aziende, operanti nei settori del legno, della meccanica e dell’elettronica, danno vita ad una realtà economica estremamente dinamica. L’attaccamento al territorio e la sensibilità degli imprenditori locali ha generato una significativa partecipazione delle aziende ai progetti di sostegno e modernizzazione della comunità, tra cui anche la manutenzione e lo sviluppo della rete sentieristica valliva.

Introduco l’escursione odierna rileggendo agli amici le parole di Giovanni Maironi da Ponte, ormai mio fedele testimone di viaggio, che nel 1819 raccontava: «Orridissimo è l’aspetto della Valbrembilla tutta rinserrata, e segnatamente al suo sbocco sulla madre valle, fra alte vette nella cima affatto denudate, e di pascoli, e di boschi vestite soltanto nelle basse pendici […] Pochi campi a biada, molti pascoli e molti boschi, formano il territorio di Brembilla nella massima parte occupato, come si è detto, da sterili inaccessibili roccie. Il mestiere più comune di questi abitanti che non arrivano ai mille seicento è quello della custodia del bestiame e quello di convertire le legne in carbone, del quale eglino fanno commercio giornaliero fino alla città».

Osservando la conformazione della valle è interessante notare come la severità del paesaggio naturale sia stata plasmata dall’operosità e dall’ingegno dell’uomo, che ha saputo addomesticare e abbellire un territorio avverso. Il comune Val Brembilla, nato nel 2014 dalla fusione di Brembilla e di Gerosa vanta l’esistenza di ben 152 frazioni, ovunque disseminate, e tutte collocate laddove è stato possibile rendere vivibile il territorio. Percorriamo integralmente la strada provinciale, dai Ponti di Sedrina fino alla Forcella di Bura, valico di passaggio verso la Val Taleggio. Bura è la frazione posta poco sotto il valico e prende il nome dall’italiano settentrionale borro ossia «fosso» a conferma della profondità della valle.

La Forcella di Bura un tempo rappresentava la linea di demarcazione fra due diverse giurisdizioni: al di qua Val Brembilla e Valle Imagna, dipendenti dalla diocesi di Bergamo, al di là Val Taleggio, legata alla diocesi di Milano. L’antica mulattiera che transitava per il passo era utilizzata principalmente per la transumanza e il commercio e resistette fino al 1856, quando, durante l’occupazione austriaca, venne costruita la strada carrozzabile. Venne così demolita la monumentale porta di pietra, alta sei metri, e furono rimosse due lapidi che ricordavano la giurisdizione dei vescovati di Milano e Bergamo.

Mete dell’escursione odierna sono i monti Sornadello e Foldone, che raggiungeremo con un itinerario ad anello. Alla Forcella di Bura (884m) seguiamo le indicazioni del sentiero CAI n° 595 che, ripercorrendo una strada sterrata nel bosco, in venti minuti raggiunge alla località Sabbioni (984m). In corrispondenza di un bel capanno di caccia strategicamente collocato su una sella aguzza, inizia il sentiero che si inerpica tra piccole guglie rocciose. Poco oltre incontriamo un bivio ben segnalato: a sinistra si sale al Sornadello (sentiero 595A), a destra al Foldone. Prendiamo a sinistra, sapendo che ritorneremo dal sentiero di destra.

Si entra ben presto in una splendida faggeta in cui ci si imbatte in numerosi aràl, le piazzole in cui veniva posizionata la legna per essere trasformata in carbone. La maestria dei carbonai brembillesi era nota al punto che molti di loro venivano ricercati anche all’estero. Nella produzione del carbone era coinvolta un po’ tutta la famiglia dei carbonai: i bambini nei lavori minuti mentre le donne nella sorveglianza della cottura del poiàt (la catasta di legna che, dopo lentissima combustione, si trasformava in carbone) e nel trasporto a valle del carbone. In genere le ragazze portavano carichi fino a 20kg, mentre alle donne poteva capitare di trasportare anche pesi di 80kg! Nel 1596, il capitano Giovanni da Lezze della Repubblica di Venezia, nel volume «Descrizione di Bergamo e suo territorio» menziona il tributo di 500 sacchi di carbone che il comune di Santo Giovanni Laxolo (l’odierna Brembilla) devolveva annualmente all’apparato amministrativo di Bergamo.

Il fruscio delle foglie cadute accompagna ritmicamente la nostra ascesa. Il bosco è particolarmente nitido e pare sedurci con la sua singolare atmosfera magica e solitaria. Si sale con pendenze regolari fino a sbucare al passo Mercante del ferro (1550m) dove calpestiamo un po’ di neve. Anticamente, per motivi di sicurezza, le vie di comunicazione si sviluppavano lungo i crinali delle valli, dove era più difficile subire attacchi. Qui, fin dal XIV secolo, i mercanti salivano per le operazioni di scambio dei manufatti di ferro lavorati nelle fucine dell’alta val Brembana (Valtorta in particolare) con i prodotti provenienti dalla val Brembilla, dalla valle Imagna e dalla pianura.

Al valico seguiamo le indicazioni per il monte Sornadello sempre lungo il sentiero 595A che, con un traverso rivolto sul versante brembano, arriva alla deviazione per la vetta. Il Sornadello (1580m) è la cima più alta della Val Brembilla. La vista si apre sulle Orobie con splendidi scorci sulla valle, solcata da profondi canaloni. Tra questi dirupi accade che nidifichi l’aquila perciò il sito è una postazione privilegiata per osservarla mentre si alza maestosamente in volo.

Una volta tornati sul sentiero principale procediamo verso Sud, in direzione del monte Foldone. Si attraversano i pendii orientali del Sornadello e, dopo una panoramica discesa con vista su entrambe le valli, si giunge ad una sella, chiamata Pozzo Bianco, dove ci ricongiungiamo al sentiero 595. In prossimità del capanno posto sul crinale si trova il Cippo dei Confini, qui posizionato il 4 febbraio 1395 per sancire definitivamente i confini tra i comuni di Brembilla, San Giovanni Bianco e San Pellegrino dopo i ripetuti violenti scontri tra guelfi brembani e ghibellini brembillesi.

Dal Pozzo Bianco, in pochi minuti, raggiungiamo il maestoso faggio secolare fò di asen (faggio degli asini) che si dice abbia più di 400 anni. A quest’albero i pastori legavano gli asini che così potevano muoversi in tondo per mangiare l’erbetta fresca appena spuntata. Rimane testimonianza del ripetuto movimento in tondo degli asini nel solco alla base della pianta. Ancora un minuto e arriviamo nei pressi dell’altopiano del Foldone, un pascolo di rara bellezza che ospita una graziosa baita di pietra. La baita del Foldone (1450m), recentemente ristrutturata, ha origini antichissime: le prime testimonianze risalgono al 1383, periodo di lotta cruenta tra guelfi e ghibellini.

Giacomo da Ceredano, accompagnato da alcuni brembillesi, salì sul Foldone per utilizzare la baita come punto d’appoggio durante la ricostruzione del Castello di Cornalba (l’attuale Castello della Regina), precedentemente distrutto dai guelfi Brembani. Nel 1403, ci fu la definitiva distruzione del fortilizio e, dopo la cacciata dei ghibellini dalla valle ad opera della Serenissima, la baita venne riconvertita a casera. In prossimità della sella soprastante la baita, affacciata sulla valle Brembana, si trova ancora il baet, la tettoia che ospita il bestiame, anch’essa oggetto di restauro. La baita oggi è di proprietà del comune di Brembilla che l’ha affidata in gestione all’associazione I Camosci del Foldone. Offre riparo e ospitalità agli escursionisti e, grazie alla passione dei membri dell’associazione, l’apertura è sempre garantita la prima domenica di ogni mese (tranne gennaio).

Chi transita di qua è sempre il benvenuto. Capita spesso di trovare anche un piatto di polenta e del buon cibo da gustare in compagnia dei soci, lieti di raccontare la storia dell’alpeggio e mille altre curiosità della zona. Davanti alla baita sono allestiti cartelloni illustrativi di notevole interesse storico e naturalistico. I Camosci hanno anche posizionato alcuni tavoli e panchine per accogliere i gitanti mentre nei pressi dell’ingresso della baita è stata approntata una piccola biblioteca alpina. Per chi lo desidera c’è la possibilità di prepararsi un caffè caldo anche quando la baita è chiusa.

Raggiungiamo la sella dove si trova il baet e prendiamo la traccia che, con direzione Sud, conduce in vetta al monte Foldone (1499m). Attraversiamo un bel boschetto di larici e, in pochi minuti, perveniamo alla croce. È il miglior punto di vista sulla val Brembilla: da qui, volgendosi d’intorno, il panorama si allarga meravigliosamente dalle Orobie brembane fino alla pianura.

Torniamo alla baita e al Cippo dei confini. In corrispondenza del cippo si diparte il sentiero CAI n° 595 che, mantenendosi interamente sul versante brembillese, ci ricondurrà alla Forcella di Bura. È un percorso di grande fascino: il sentiero si addentra in vallette selvagge serpeggiando tra pinnacoli e pareti rocciose. Nelle prime ore del mattino è frequente imbattersi in camosci e caprioli, perfettamente a loro agio in questa natura primordiale. In alcuni tratti il sentiero è stretto e impervio e richiede attenzione ma ne vale assolutamente la pena. Nella prima parte della discesa incontriamo il fontanì de la fivra (fontanino della febbre), una piccola risorgiva d’acqua. Viene così chiamato perché l’acqua fuoriesce goccia a goccia e, con riferimento a un’espressione dialettale, si dice che ai pastori venisse la febbre nell’attesa che le bestie si saziassero d’acqua.

In meno di un’ora siamo nuovamente in località Sabbioni e da qui nuovamente alla Forcella di Bura. È quasi un peccato dover rientrare in città, così ci ripromettiamo di tornare in val Brembilla per approfondire la conoscenza di questo affascinante territorio.

P.S. l’escursione qui descritta è lunga poco meno di 10km con 900m di ascesa. Calcolare quattro ore, comprensive delle numerose soste contemplative.

P.P.S. Per informazioni e approfondimenti sui sentieri della val Brembilla (e tantissimo altro) consiglio di visitare il sito dedicato alla Val Brembilla e ai suoi sentieri. Per saperne di più sulle iniziative dei Camosci del Foldone visitare la pagina Facebook o il profilo Instagram.

Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli

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