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Sul monte Grem dal passo di Zambla, un itinerario per tutte le stagioni

Articolo. Una passeggiata di circa 15 km, tra boschi di faggi, pascoli e segni di un’attività mineraria ormai conclusa: scavi, imbocchi di gallerie, depositi di materiale di scarto e ricoveri per i minatori. Con un fuoriprogramma sulla cima Foppazzi

Lettura 6 min.
Panoramica presso le cascine Sinelli

Mentre mi accingo a scrivere queste righe, sui nostri monti ha appena smesso di nevicare sopra i 1600m. L’evento nevoso potrebbe far sembrare l’escursione fuori luogo. In realtà, il monte Grem si presta per itinerari in ogni stagione regalando sempre splendide suggestioni. La gita risale a fine ottobre (e un po’ di neve l’abbiamo incontrata) quando le temperature erano ancora quasi estive. Nel breve volgere di una settimana siamo precipitati in un clima decisamente autunnale… speriamo possa essere di buon auspicio!

Ci rechiamo al colle di Zambla (1264m), unico valico stradale che collega la valle Seriana alla valle Brembana. Per la precisione, il passo si trova sullo spartiacque tra val del Riso e la val Parina, anche se quest’ultima viene unanimemente considerata parte della Valserina. Il legame con questa valle è assai antico e a tal riguardo riporto le parole di Giovanni Maironi da Ponte, che nel suo «Dizionario Odeporico o sia storico-politico-naturalistico della provincia bergamasca» (pubblicato nel 1819) racconta: «Zambla così alta che bassa è stata l’ultima a fabbricarsi in questa parte della Valbrembana. Tutta quella estensione ripidissima, anticamente detta Zolambra, fu acquistata da quei di Serina in unione con quei di Oltre il Colle nel 1267 dalla nobile famiglia Bonghi, che la vendette per sole 624 lire Imperiali».

Nonostante numerosi tentativi di ricerca, l’origine del nome Zolambra rimane a me ancora oscura. In seguito all’acquisto, la popolazione serinese iniziò a disboscare e dissodare i terreni trasformandoli negli splendidi pascoli che ammiriamo ancora oggi. I boschi rimasero relegati nei versanti più ripidi e ombrosi. Il Maironi da Ponte prosegue nella descrizione: «il fieno, unico prodotto del paese, entro i soli confini della parrocchia si computa 25 in 30 mille fasci [tra i 25 e i 30 mila fasci, ndr]. Il maggior suo commercio è di formaggio, il quale vi riesce il miglior di Valbrembana». La straordinaria qualità del foraggio dei pascoli consente di produrre formaggi di rara bontà. Proprio per questo gli allevatori della zona nel 2014 hanno fondato la F.V.S. Formaggi Valserina, un marchio di qualità per distinguere e valorizzare i prodotti caseari della vallata.

Sempre il Maironi stupisce quando afferma: «Chi non è nativo del luogo non può reggere al freddo d’inverno per le copiose nevi che seppelliscono le case, in modo, che alle volte, abbandonato l’ingresso del primo piano, convien cercarlo nel secondo»… ah bei tempi!

Tra la meta dell’Ottocento e gli anni Settanta del secolo scorso, la popolazione del luogo era in gran parte impegnata nell’attività estrattiva mineraria. I distretti minerari della val Parina, dell’Arera, della val Vedra e del Grem sono tutto un labirinto di gallerie. Ho avuto un sussulto quando ho scoperto che negli anni Ottanta venne completata una galleria (chiamata ribasso Riso-Parina) lunga quasi dodici chilometri che passa in profondità sotto il colle di Zambla e mette in comunicazione gli stabilimenti di trasformazione del minerale di Gorno, in val del Riso, con le miniere della val Vedra e della val Parina (pensiamo che dodici km è la lunghezza del tunnel del monte Bianco!). Blenda e Calamina erano i minerali estratti da cui si ricavavano zinco, piombo e piccole quantità di argento. Gli alti costi estrattivi portarono alla progressiva dismissione delle miniere della zona culminando, nel 1982, con la chiusura definitiva dell’ultimo impianto a Gorno.

Lasciamo l’auto al posteggio del valico e facciamo rifornimento d’acqua presso la vicina fontana, poiché non si trova acqua lungo il percorso. Ci dirigiamo lungo la stradina che procede in direzione nord seguendo le indicazioni del sentiero CAI n° 223 (che qui corre in comune al sentiero n° 238). In breve si giunge a una santella dedicata alla Madonna di Caravaggio (1251m) da dove si può godere di alcuni scorci sull’Arera imbiancato. La santella in realtà è una vera e propria chiesetta perché nei mesi estivi, in virtù di una sentita devozione popolare, si celebra messa una volta la settimana.

Si prosegue a destra della santella, prima in falsopiano poi in discesa fino a che la strada biforca. Siamo in località Cascine Sinelli (1238m) visibili alla nostra sinistra, poco in alto. Al termine della strada sterrata una palina segnaletica invita a continuare sul sentiero a sinistra (quello a destra conduce al rifugio Alpe Grem). Superata la successiva biforcazione (con il sentiero 238), il tracciato inizia a salire con decisione immerso in un bel bosco di faggi. Proseguiamo per una mezzoretta fino a sbucare nei pascoli della Baita di Mezzo di Grem (1457m). Tutto questo versante prativo mostra i segni dell’attività estrattiva di un tempo: scavi, imbocchi di gallerie, depositi di materiale di scarto e ricoveri per i minatori.

Superata la baita proseguiamo in leggera salita lungo la stradella di servizio alla baita fino a congiungersi al sentiero CAI n° 239, proveniente dalla località Piazza d’Oneta. Continuiamo l’ascesa, con non poca fatica, fino alla Baita Alta di Grem (1631m), posta all’estremità di una ampia conca pascoliva. La sosta è d’obbligo, per recuperare energie e per la splendida vista che da qui si gode sul monte Alben e la val del Riso.

Ritrovate le forze, riprendiamo il cammino. Superata la baita, il 223 procede sulla destra in direzione del bivacco Mistri, mentre noi seguiamo il sentiero che attraversa la conca e raggiunge il crinale sud, percorrendolo integralmente. Ci vuole un po’ di pazienza perché la salita risulta piuttosto lunga e gravosa, tuttavia le suggestioni paesaggistiche rincuorano l’animo e alleviano le fatiche.

Scolliniamo a quota 2001 m convinti di essere in vetta. In realtà siamo sull’anticima, mentre il Grem è un bel pezzo più in là. Inizia il tratto finale di cresta: è un crinale abbastanza affilato ma non ripido, che regala sempre emozioni. Ritta dinnanzi a noi ecco luccicare la solida croce metallica del Grem (2049m) mentre alle sue spalle emerge in tutta la sua maestosità il pizzo Arera. Posso garantire che con la neve questo tratto è altamente suggestivo. La croce venne trasportata a spalla, a pezzi, montata e collocata in vetta nel lontano 1962, in memoria di Don Severino Tiraboschi, parroco di Gorno.

Alben, Menna e Arera sono protagonisti indiscussi del panorama, ma la vista spazia a tutto tondo, dalle Prealpi fino alla pianura. In vetta, mentre ci rifocilliamo, scambiamo due parole con i numerosi escursionisti giunti qui da luoghi diversi: chi è salito da Oneta, chi da Capanna 2000 e chi da Premolo. Questa multilateralità rende il Grem unico nel suo genere.

Dalla croce procediamo in direzione nord est scendendo per la ripida traccia che in pochi minuti consente di raggiungere la sottostante bocchetta di Grem (1976m). D’innanzi a noi è cima Foppazzi (2093m) che pare strizzarci l’occhio. In effetti non l’abbiamo mai salita, perciò… via, verso la nuova meta! Non esiste un sentiero ufficiale ma la traccia è evidente e non presenta insidie. I nostri passi sono allietati dalla prima neve stagionale, solo una spruzzata, ma è sufficiente a divertirci. In breve raggiungiamo la piccola croce da cui si gode di una prospettiva nuova e più ampia verso le Orobie seriane.

Torniamo sui nostri passi fino alla bocchetta di Grem e procediamo in direzione nord lungo il sentiero CAI n° 237. Si attraversano dapprima il versante occidentale di cima Foppazzi e, successivamente, quello orientale del monte Cimetto. A conferire all’ambiente un’atmosfera dantesca, compaiono su questo tratto quelle che sembrano profonde doline, ma che probabilmente sono ciò che rimane di gallerie e sfiatatoi delle antiche miniere. Dopo una breve discesa sbuchiamo nell’amena conca che ospita la baita Camplano (1826m). Ad accoglierci un bel gregge di pecore, insolitamente ancora in alpeggio in questa stagione. Raggiungiamo l’ampia sella prativa della baita e scendiamo a lambire le sorgenti del torrente Parina. L’acqua scorre copiosa già alla sorgente e si incunea subito nei meandri rocciosi che caratterizzano tutto il corso del torrente. Da quassù si coglie appieno la severità della val Parina che corre, selvaggia e aspra, per quasi 15km fino a confluire nel Brembo.

Al bivio ignoriamo il sentiero che conduce a Capanna 2000 e procediamo invece sul sentiero CAI n° 238 in direzione del colle di Zambla. Tra balze erbose si perde velocemente quota fino ad entrare nel bosco dove faggi e abeti convivono in perfetta armonia. Con un lungo traverso si percorre il versante occidentale del Grem fino a uscire nei prati del monte di Zambla. La simbiosi uomo-natura qui rasenta la perfezione: solide case di pietra adagiate in dolci pascoli secolari e circondate da montagne di suprema eleganza.

Superiamo la baita di monte di Zambla (1380m) e proseguiamo la discesa attraverso i prati per ritornare al colle di Zambla. Transitiamo nei pressi della modernissima stalla della azienda agricola Quistini, pluripremiata alle fiere zootecniche regionali. Sulla collinetta sopra la stalla si vede il traliccio di uno skilift. È la storica sciovia Nevel, gestita dalla famiglia Quistini: il primo impianto di risalita della valle che dagli anni ’60 fino ad oggi ha operato quasi ininterrottamente. Con la progressiva chiusura delle miniere l’economia della Valserina entrò in crisi. Si pensava che l’impulso turistico legato allo sci potesse garantire un futuro lavorativo. Nacquero così gli impianti dell’Alpe Arera (comprensorio poi chiuso nel 1988), quelli della Conca dell’Alben e la pista da fondo di Valpiana (poi sostituita dalla rinomata pista di Zambla Alta-Oltre il Colle). Questi impianti negli ultimi anni stanno soffrendo la progressiva penuria di neve con periodi di apertura sempre più ridotti.

In pochi minuti siamo nuovamente al colle di Zambla. Rimaniamo con il desiderio di tornare al monte di Zambla in occasione della prossima nevicata per una passeggiata che si preannuncia magnifica.

P.S. L’itinerario qui descritto è lungo 15 km con 1100m di dislivello positivo. Calcolare cinque ore di cammino.

P.P.S. Un grazie particolare all’amica Miriam e alle signore Albina e Mina di Zambla Alta per la cordiale disponibilità nel fornire le preziose informazioni sul territorio.

(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli)

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