Quando dalle cime bergamasche ti spingi con lo sguardo verso i confini orientali dell’orizzonte ti imbatti sempre nella inconfondibile silhouette, tozza ed imponente, del monte Guglielmo con il suo lungo crinale che si protende dalla Valle Camonica fin quasi in pianura. Il monte Guglielmo, o meglio Gölem, come viene chiamato dai cugini bresciani, domina la sponda orientale del Sebino e con esso intreccia un intrigante gioco di scorci e prospettive sorprendenti. È una placida cima che sfiora i 2.000m, facilmente raggiungibile da ogni lato la si affronti, anche se non si tratta mai di escursioni brevi. È la montagna più amata e visitata del territorio di Brescia.
La prossimità al lago lo rende un monte spesso coperto dalle nubi, soprattutto d’estate, ma è d’autunno che il Guglielmo regala il meglio di sé: gli incantevoli colori del foliage nel bosco, i cristallini panorami sul lago, gli splendidi scorci sull’Adamello e sulle Orobie dipinti di bianco. Molto curiosa è l’origine del nome Guglielmo, frutto dell’erronea italianizzazione del termine dialettale Gölem, derivante dal latino culmen, ovvero culmine. Curiosamente le cartine topografiche riportano molto spesso entrambe le denominazioni considerando il toponimo lombardo con la stessa ufficialità di quello italiano.
È una montagna tanto docile e accattivante che mi è capitato di salirla molte volte: a piedi, in mtb, di corsa, una volta anche sprofondando nella neve fino alle ginocchia…mi manca soltanto l’esperienza di una sciata con vista lago…prima o poi riuscirò!
Per l’escursione odierna propongo l’itinerario che ritengo più appagante da un punto di vista storico e paesaggistico, anche se non è certamente il percorso più breve per raggiungere la cima. La partenza è da Zone, borgo collinare sulla sponda orientale del lago d’Iseo, pochi chilometri a monte di Marone. Zone si trova lungo l’antica strada Valeriana, via pedemontana di probabile origine preromana nonché passaggio obbligato – le minacciose rocce della Corna dei Trentapassi impedivano di transitare in riva al lago – sul percorso che da Brescia saliva nella valle dei Camuni attraverso il valico della Croce di Zone. Il suo nome deriverebbe dalla voce preistorica zen, sen o cen, recinto, termine che calza perfettamente per un territorio dalla millenaria vocazione pascoliva. Tra l’altro si tratta della medesima radice toponomastica dei paesi bergamaschi Zogno e Cenate.
Lungo la provinciale che da Marone sale a Zone, all’altezza della contrada Cislano, l’escursionista attento non può lasciarsi sfuggire la vista di uno dei fenomeni geologici più curiosi: le piramidi di Zone, guglie di terra alte fino a 30 metri, sormontate da un masso. Questi pietroni paiono magicamente in equilibrio sul vertice della piramide di terra. In realtà la formazione e la fisionomia di queste piramidi rispondono a precise leggi geologiche: durante la terza glaciazione (glaciazione di Riss), il ghiacciaio dell’Adamello si spinse fino in pianura occupando l’attuale bacino del lago d’Iseo con uno spessore di oltre 600 metri. Quando l’enorme massa di ghiaccio iniziò a ritirarsi, circa 150.000 anni fa, si formò il lago d’Iseo e, nell’area di Zone, il ghiacciaio lasciò un vasto deposito di terreno morenico costituito sia da materiale fine come argilla, limo e sabbia sia da massi e ciottoli più grandi.
Su questo deposito è iniziata l’azione erosiva della pioggia che, pian piano, ha isolato i massi che oggi vediamo fare da “cappello” alle guglie. Queste pietre hanno protetto il materiale lapideo sottostante proprio come un ombrello, impedendo che l’acqua piovana lo portasse via, generando così la guglia di terra. Quando un masso sommitale cade, la piramide si disgrega rapidamente fino a quando non trova un altro masso ad un livello inferiore, dando origine ad una nuova piramide più bassa.
Di mattina le piramidi sono ancora in ombra, pertanto decidiamo di andare a curiosarle nel pomeriggio, dopo l’escursione. Partiamo dal cimitero di Zone (715m) presso l’ampio posteggio. Fino a un paio di anni fa era gratuito ma scopriamo che ora è a pagamento con i tagliandi gratta e sosta reperibili presso i locali pubblici del paese…attenzione alle multe! Ci incamminiamo lungo la strada che da qui sale al valico della Croce di Zone (sentiero CAI 207): siamo sul tracciato dell’antica strada Valeriana. Alcuni tratti di acciottolato sono ancora quelli originali.
Superata la chiesetta del Santuario della Madonna del Disgiolo, ci si imbatte in un roccione quasi verticale con una sagoma di dinosauro sospesa. Su questa parete i paleontologi hanno rinvenuto ben 70 orme fossili allineate a definire i percorsi compiuti, milioni di anni fa, dagli arcosauri. Le impronte sono le più grandi e meglio conservate d’Italia ed hanno permesso di tracciare l’identikit degli abitanti preistorici di Zone: quadrupedi lunghi dai 2 ai 6 metri con zampe anteriori più piccole di quelle posteriori che li obbligavano a camminare con passo piuttosto corto; ogni zampa aveva 5 dita, ciascuna dotata di un artiglio. Un sentierino protetto da una staccionata consente di avvicinarsi per osservarle e alcuni pannelli illustrati ne descrivono le caratteristiche.
Proseguiamo sulla strada Valeriana fino al passo della Croce di Zone (903m). Qui la via Valeriana scende verso Pisogne mentre noi proseguiamo sulla strada sterrata sulla destra seguendo le indicazioni del sentiero 207 (direzione verso malga Aguina, monte Agolo e monte Guglielmo). La strada sale nel bosco con pendenza regolare e, dopo una serie di tornanti nel bosco, sbuchiamo nei pascoli di malga Aguina (1180m). Raggiungiamo il colletto presso malga Aguina, dove, guardando verso Nord, si intravedono gli inconfondibili profili della Presolana e del Pizzo del Diavolo di Tenda, imbiancati dalla prima neve stagionale. È solo l’inizio di un sorprendente tripudio panoramico.
Procediamo sempre sulla strada che ora segue l’erboso crinale ed ecco comparire, verso Sud, il lago d’Iseo con il magnifico intarsio di Montisola. D’ora in poi il Sebino sarà nostro compagno inseparabile con prospettive sempre nuove. Un piccolo strappo ci guida ai prati del monte Agolo (1366m), collinetta sormontata da un caratteristico boschetto detto delle «Tredici Piante», tredici nobili faggi che contornano un roccolo ben conservato. Qui si abbandona la strada e si rimonta il crinale mantenendosi sempre sul sentiero 207 (bolli bianco-rossi). Volgendo lo sguardo a ponente veniamo colpiti da un’altra sorpresa: in lontananza si scorge il lago d’Endine con i suoi caratteristici borghi collinari. Tra boschetti e radure si guadagna rapidamente quota toccando il roccolo della Caravina (1590m) e, con un ultimo sforzo, la panoramica punta Caravina (1850m). L’orizzonte ora si allarga sulla Val Trompia, sui prati del monte Campione e sulle bianchissime cime del gruppo dell’Adamello.
Le pendenze del crinale si addolciscono e consentono di raggiungere senza affanno la cima del Dosso Pedalta (1.957m), la punta più elevata del monte Guglielmo. A segnalarne la sommità è solo un piccolo gruppo di sassi mentre in lontananza si intravede il gigantesco monumento al Redentore svettare sulla cima di Castel Bertino (1948 m), universalmente riconosciuta come la cima del Gölem. Ci fermiamo ad ammirare il panorama e rimaniamo nuovamente a bocca aperta: in lontananza verso oriente ecco luccicare il lago di Garda, con l’inconfondibile penisola di Sirmione…tre laghi lombardi in una sola escursione, uno spettacolo!
Ci spingiamo avanti fino a raggiungere il monumento al Redentore, mastodontica costruzione dal profondo significato religioso: eretta nei primissimi anni del XX secolo come uno dei venti (uno per ogni secolo di cristianità) monumenti al Redentore innalzati su altrettante cime italiane. I lavori furono condotti dal padre del futuro Papa Paolo VI, Giorgio Montini. Nel 1902 venne inaugurata la cappella, alta venti metri con una grande croce di ferro, caduta in rovina e ricostruita nel 1967 su volontà di Papa Paolo VI. In suo ricordo, nel 1998 è stata collocata, a fianco della chiesetta, una statua in bronzo.
Ci concediamo una breve pausa rigenerante mentre il monumento pullula di gente…un netto contrasto con la solitudine del sentiero seguito poc’anzi. La maggior parte degli avventori è giunta quassù partendo dalla Croce di Marone, un percorso più agevole e breve ma meno spettacolare. Dal monumento torniamo brevemente sui nostri passi per poi scendere al vicino rifugio Almici (1865m), già brulicante di gente affamata nonostante non sia ancora mezzogiorno.
Al rifugio imbocchiamo il sentiero CAI 227, la via più diretta per rientrare a Zone. Con percorso molto arioso si raggiunge la pozza del Culmet (1.750m) per poi abbassarsi repentinamente fino alla malga Palmarusso di Sotto (1.600m). Qui si possono gustare ottimi piatti con vista privilegiata sul Sebino e senza la confusione del rifugio. Scendiamo con decisione per rientrare nel bosco fino ad intercettare la strada forestale nei pressi di malga Casentiga (1.405m), nascosta dalle le fronde degli alberi. Consiglio di seguire fedelmente la strada evitando le scorciatoie che presentano un fondo molto sconnesso. Dopo numerosi tornanti e tante chiacchiere giungiamo a quota 980m, dove un cartello indica che stiamo per entrare nel «Bosco degli Gnomi».
La curiosità cattura la nostra attenzione ed iniziamo il percorso: a fianco della strada si parano una serie di simpatiche statue lignee (ben 44) raffiguranti folletti, fate, animali e altre creature fantastiche. Sono il frutto dell’estro artistico e della fantasia del compianto Luigi Zatti, scultore locale detto «il Rosso». Si narra che l’artista, un dì camminando nel bosco, incontrò gli gnomi, i quali espressero la volontà di diventare le “sentinelle” del sentiero. Il desiderio divenne ben presto realtà: nel 1998 lo scultore–contadino iniziò a intagliare i tronchi degli alberi dando forma alle magiche creature. Con l’animo sorridente percorriamo l’ultimo tratto di strada fino all’inizio dell’asfalto dove una brevissima risalita ci riconduce al cimitero di Zone.
Sulla via del ritorno ci fermiamo a Cislano per una visita alle Piramidi: un bel sentiero con percorso ad anello consente di osservare da vicino questo curioso fenomeno geologico (3km con 170m di dislivello).
P.S. l’escursione qui descritta è lunga 16.5km con 1.300m di dislivello positivo. L’itinerario non presenta difficoltà tecniche ed è ben segnalato. Considerata la lunghezza, richiede tuttavia un buon livello di allenamento. Calcolare 5/6 ore di cammino.
Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli