Continua il nostro viaggio alla scoperta delle valli e dei monti del Sebino. Scegliamo questo periodo per godere appieno dello spettacolo della natura in pieno vigore primaverile e, perché no, della possibilità del primo bagno stagionale nelle acque del lago. Oggi ci rechiamo a Vigolo, piccolo borgo posto su un terrazzamento a 600 metri di quota sulla sponda occidentale del Lago d’Iseo, con vista privilegiata verso Montisola. La meta escursionistica è il Monte Bronzone che raggiungeremo con un itinerario ad anello attraverso le cime che fan da corona alla valle di Vigolo. Alcuni di questi monti li abbiamo già esplorati in precedenza, partendo però da Parzanica, ma è sempre un piacere ritornarvi.
Il paese di Vigolo ha origini antiche, risalenti al periodo romano. Recenti studi hanno appurato l’esistenza di alcuni piccoli agglomerati urbani in corrispondenza delle attuali contrade di Bessana, Parmerano, Pressana e Trussano. A confermare le origini romane di Vigolo è anche la toponomastica: il nome infatti deriva dal latino viculus, piccolo villaggio. Le prime testimonianze documentali che citano il toponimo risalgono però solo al 1202, mentre nel 1331 Vigolo appare come Comune autonomo della Val Calepio. Fu sottoposto all’autorità dei conti Calepio, feudatari che assoggettarono la zona imponendo tasse e gabelle proibitive.
Il difficile rapporto degli abitanti con i conti Calepio si inasprì al punto che, nel 1428, la popolazione richiese unanime l’annessione alla Repubblica di Venezia. Negli anni successivi e per gran parte del XVI secolo si verificarono screzi con la vicina Tavernola, unita a Vigolo in un’unica parrocchia. La volontà dei vigolesi di suddividere la parrocchia in due entità distinte non trovò d’accordo i vicini: questo fu un motivo di diatribe e battibecchi che quasi sempre sfociarono in scontri campanilistici e combattimenti. Solo in seguito alla visita di San Carlo Borromeo, nel 1575, si ebbe il primo atto di richiesta di separazione da parte del Comune di Vigolo, divisione che avverrà nel 1577. Ancor oggi i paesi mantengono la propria autonomia amministrativa e parrocchiale.
L’itinerario che seguiamo coincide quasi integralmente con il «Giro dei Colli», una delle numerose escursioni descritte nel sito della Pro Loco. Il sito raccoglie numerose informazioni di carattere storico, culturale e naturalistico del territorio. Lasciamo l’auto nell’ampio posteggio sottostante via Roma e ci incamminiamo verso la Parrocchiale. Subito sopra il posteggio spicca la bella chiesetta di San Rocco, eretta a seguito della peste del 1630. Ci intrufoliamo nelle viuzze di Vigolo alla ricerca dei segni del passato che si possono cogliere in alcune abitazioni. Seguiamo dapprima via monsignor Adobati poi via Costa fino al bivio con via Essenza dove, a guidarci, saranno i cartelli del sentiero CAI n° 701. Una strada cementata si inerpica verso il Monte Saresano, regalando i primi scorci panoramici sul lago. Inizia il sentiero che si addentra in un bosco di carpini e raggiunge, senza troppi indugi, la pozza Alta (830m), un’abbeverata dove si notano le tracce dei cinghiali che affollano la zona.
Dalla pozza in pochi minuti raggiungiamo la baita Foppelle e, poco sopra, il Monte Saresano. In realtà il sentiero culmina presso un valico (935m) da dove, sulla destra, si possono raggiungere i 962m del Monte Saresano. L’erba alta sconsiglia di avventurarsi sulla cima anche perché il panorama è poco significativo. Visto da qui il Monte Saresano appare come un collinone morbido ed invitante. In realtà il suo versante orientale, oggetto di ingenti opere di scavo della marna utilizzata per la produzione di cemento, minaccia di crollare e precipitare nel lago generando un’ondata dagli effetti devastanti per i Paesi affacciati sul lago. L’allarme era scattato nel 2020, con il fronte della frana che si spostava a tra 0,17 e gli 0,25 millimetri al giorno. A inizio 2021 era arrivato a toccare perfino i 20 millimetri al giorno. Il posizionamento di alcuni sensori consente di monitorare costantemente i movimenti del terreno. Alcuni mesi fa sono iniziati i lavori di mitigazione della frana. Il complesso intervento prevede il posizionamento di un sistema di tiranti, iniezioni di cemento e micropali per rallentare e fermare il movimento franoso. Una riflessione è d’obbligo: per decenni si è bucata la montagna per estrarre la marna da cemento ed oggi si è costretti ad immettere nella montagna del cemento per stabilizzare il terreno che minaccia di franare…
Da qui seguiamo i segnavia CAI 701 per il Col de Ru. Procediamo lungo il crinale immersi in un bel bosco di conifere fino a lambire la cima del Monte Cremona (1078m), occupata da una cascina dalla posizione invidiabile. Una breve discesa ci conduce al Col de Ru (1009m) attraverso un ampio taglio di bosco effettuato per rimuovere gli abeti aggrediti dal bostrico. Eppure non tutti i mali vengono per nuocere perché questo disboscamento apre una interessante finestra sul Colle Dedine e il Monte Bronzone, le tappe finali del nostro giro. Al Col de Ru si intercetta la strada di servizio realizzata per collegare Vigolo a Parzanica in occasione della chiusura della strada provinciale 78 dopo i primi cedimenti franosi del Monte Saresano.
Di fronte a noi si presenta il Monte Mandolino. Il sentiero 701 lo evita, aggirando il versante sudoccidentale per guadagnare il Col Trai (o Trei). Consiglio invece di risalire lungo l’evidente traccia che corre nel prato fin quasi alla sommità del monte per poi spingersi, al margine del bosco, sul suo lato orientale. Questo è uno dei tratti più suggestivi del percorso con scorci magnifici sul lago. Il colore verde inizia a diventare l’elemento dominante del paesaggio. Una sosta contemplativa è d’obbligo. Riprendiamo il cammino dirigendoci, con un traverso nei pascoli, al Col Trai (1059m), un dolce pianoro con alcune belle cascine affacciate sul Sebino. Camminiamo da un’ora e mezza e abbiamo incontrato una sola persona.
Al Col Trai seguiamo lo sterrato che procede in piano e lambisce dapprima la boscosa punta del Bert poi raggiunge la località Orset (1065m), spingendosi fino al Colle Cargadura (1024m). Stiamo “circumnavigando” la parte sommitale della Valle di Vigolo, tra capanni di caccia, casolari e scorci panoramici. La ridente Valle di Vigolo, percorsa dal torrente Rino (uno dei tanti torrenti con questo nome in bergamasca), nella sua porzione più alta viene chiamata Valle delle Tombe. L’ipotesi più diffusa attribuisce tale appellativo al ritrovamento in zona di reperti preistorici. In realtà il nome deriva quasi certamente dal latino tumulus, tumba col doppio significato di sepolcro o tomba ma, in questa circostanza, anche quello di terreno sopraelevato o collina e, guarda caso, dalle colline la valle è circondata.
Il cammino procede senza fatica, tra bosco e prato, seguendo sempre il segnavia 701. Questo tratto è un po’ monotono e si presta a piacevoli chiacchierate. Ci immettiamo così sulla «Strada Verde», suggestivo percorso stradale (magnifico da fare in bici) che collega Vigolo ai Colli di San Fermo. Lo seguiamo in discesa per circa un chilometro fino al bivio sentieristico per il Colle Dedine (ben segnalato). Ci troviamo ora sul sentiero CAI n° 727, diretto al Monte Bronzone. Seguiamo l’ameno crinale che regala mirabili scorci sui Colli di San Fermo e la Valle di Adrara. In pochi minuti giungiamo al Colle Dedine (996m), incantevole poggio immerso nel verde dei pascoli, con un occhio rivolto a Montisola e l’altro verso Adrara. Inizia ora l’ascesa finale al Monte Bronzone. Ci attendono due piccoli strappi intervallati dal passaggio intermedio presso il rifugio Gombo Alto (1190m). Si tratta di una struttura in autogestione di proprietà del Comune di Vigolo. In questi giorni il Comune ha emesso un bando per la gestione della struttura affinché possa diventare un punto d’appoggio per gli escursionisti, speriamo che si trovi un gestore. Dal rifugio Gombo alto il «Giro dei Colli» rinuncia alla vetta e scende direttamente alla località la Rolla, eppure mancano solo 150m di dislivello alla cima… rinunciare sarebbe un sacrilegio!
Così puntiamo alla vetta (1334m). Lo sforzo finale è immediatamente ripagato dallo splendido panorama, c’è solo l’imbarazzo della scelta: verso Sud riluce il lago con le torbiere di Provaglio, la pianura e gli Appennini; a Est ci salutano le cime bresciane del Sebino; verso Nord spiccano i monti della Valle Camonica con il gruppo dell’Adamello, mentre a Ovest ritroviamo le nostre Orobie. Oggi è domenica e la cima brulica di gente: c’è chi è salito da Predore, chi da Viadanica, qualcuno da Adrara e, un paio addirittura da Sarnico. A rendere esclusiva la cima del Bronzone è l’imponente croce metallica con la grande campana, dedicata a Papa Giovanni XXIII. Aggrapparsi alla fune e iniziare a tirare è un divertimento: il movimento di ritorno della fune ti solleva di peso. Il suono è grave e perentorio, udibile anche a ragguardevole distanza. Oggi c’è troppa gente e rinunciamo al rito fanciullesco ma garantisco che ne vale la pena.
Entriamo ora nel merito dell’originalità del nome Bronzone: innanzitutto il termine non ha nulla a che vedere con il bronzo, la nobile lega di rame e stagno. Esistono invece due ipotesi: la prima risale alla voce dialettale burun, ferro per poi essere storpiata in burunsù (con riferimento ad alcune miniere di ferro presenti in territorio di Viadanica e sfruttate già in epoca pre-romana); la seconda si rifà alla voce preistorica buru, monte. Mi sono attivato nella ricerca ma non ho trovato alcun riferimento linguistico né dialettale per suffragare la prima ipotesi. Per questo motivo accredito la seconda ipotesi.
Dalla croce del Bronzone dobbiamo abbassarci di quota e raggiungere la Rolla. Esistono tre possibilità, due più dirette ed una più morbida. Tutte si sviluppano su sentieri bollati ma consiglio di seguire il sentiero diretto a Viadanica, un po’ più lungo ma più agevole. Sulla via del ritorno, ad una quota compresa tra i 1250m e i 1000m, ci imbattiamo in numerose fioriture di peonia selvatica e di orchidee: uno spettacolo!
Giungiamo alla Rolla (971m), un’aguzza collinetta pratosa, e la aggiriamo sul lato sinistro (ma è anche divertente salirla) fino ad intercettare una strada sterrata. Pochi metri sotto la strada c’è un incrocio di sentieri ben segnalato. Questo è un punto cruciale, sbagliare sentiero significherebbe allungare di molto il percorso. La nostra nuova direzione è il sentiero CAI n° 757, diretto a Campolerone e Vigolo. Teniamo la sinistra e risaliamo brevemente a una piccola sella dove spicca un elegantissimo roccolo. Da qui si scende in direzione Nord – Est, sotto il roccolo, seguendo accuratamente i bolli bianco/rossi. Dopo pochi minuti ci si immette su una strada sterrata che seguiamo fedelmente in discesa fino ad intersecare la strada asfaltata in località Campolerone (648m). Si attraversa la strada e si scende lungo la via cementata, per qualche centinaio di metri, per poi imboccare il sentiero n°701 (le indicazioni sono evidenti). Ci addentriamo nella valle del Rino fino ad attraversarlo sul ponte di Parmerano (552m). Da qui una breve ascesa ci riconduce ai 600m di Vigolo.
P.S. l’itinerario qui descritto è lungo circa 17.5km con 1050m di dislivello positivo. Calcolare sei ore di cammino. Non esistono difficoltà tecniche. Portarsi una buona scorta d’acqua perché non esistono sorgenti lungo il percorso. Ad eccezione di un gustosissimo agriturismo, Cascina Didì, in località Parmerano (che occorre prenotare con congruo anticipo), Vigolo non ha trattorie o ristoranti, solo un paio di bar. Un’interessante alternativa è rappresentata dall’ottimo gelato e dai prodotti genuini della latteria Bronzone, anch’essa in località Parmerano... e forse è buona cosa mantenersi leggeri in vista della “puciatina” nel lago!
Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli