Il Mar Mediterraneo è uno dei mari più ricchi di biodiversità al mondo: ospita oltre 17mila specie marine, animali e vegetali, che corrispondono a circa l’8 per cento di quelle globali. La sua tutela è messa a dura prova dal riscaldamento climatico di origine antropica, che impatta direttamente sugli ecosistemi marini, minandone la sopravvivenza. L’8 luglio è stata celebrata la Giornata internazionale del Mar Mediterraneo proprio per aumentare la consapevolezza dei cittadini sullo stato delle nostre acque.
Le temperature record
colpiscono la biodiversità
delle aree protette
Dal monitoraggio di Greenpeace «Mare Caldo 2024» emerge che meno dell’1% dei mari italiani è protetto. L’anno scorso è stato quello più caldo con una media di 21,16°C. Colpite le gorgonie e sbiancamenti severi del corallo mediterraneo
«Il cambiamento climatico è la minaccia più urgente per il Mediterraneo. Le mappe di Copernicus mostrano ondate di calore record, fino a +5°C, un allarme che non possiamo ignorare», dichiara la direttrice di Greenpeace Italia, Chiara Campione, ricordando che «meno dell’1% dei mari italiani è protetto. Il nostro mare è vittima di un inquinamento intensivo, specialmente da plastica, che minaccia migliaia di specie».
Superato il limite di 1,5 gradi
Un mare che bolle. A certificare le temperature delle acque mediterranee sono i dati del report «Mare Caldo 2024» di Greenpeace Italia. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, sia per la temperatura media globale dell’aria che per quella della superficie marina, superando ampiamente il limite di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali stabilito dall’Accordo di Parigi sul clima nel 2015. Nel 2024 il Mare Nostrum ha registrato la temperatura media annuale più alta mai rilevata, con un valore medio di 21,16°C. Greenpeace porta avanti il progetto «Mare Caldo» dal 2019, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova e l’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale, con l’obiettivo di investigare gli effetti del cambiamento climatico sulla biodiversità marina, in particolare sulle comunità di scogliera dalla superficie fino a 40 metri di profondità.

Nelle aree marine protette delle Cinque Terre in Liguria, di Torre Guaceto (Brindisi) e delle Isole Tremiti (Foggia) si sono registrati picchi massimi di oltre 2,5°C (Portofino +3,28, Cinque Terre +3,65). Le acque del Mar Ligure e quelle intorno alla Sardegna sono state le più bollenti: ben 14 ondate di calore sono state registrate nell’area marina protetta dell’Asinara e sei in quelle di Portofino e delle Cinque Terre. Il progetto, oltre a monitorare il riscaldamento delle acque del Mediterraneo, ne valuta anche gli effetti sulla biodiversità. Emerge che gli organismi maggiormente colpiti dal riscaldamento dei mari sono le gorgonie (Eunicella cavolinii e Paramuricea clavata), che presentano spesso segni di necrosi e mortalità nelle loro colonie. A Portofino è stato registrato un impatto severo sul 94% delle colonie di Paramuricea clavata a 25 metri di profondità, dove in alcune zone la mucillagine copriva l’80% delle colonie. Invece, nelle aree protette di Tavolara in Sardegna e di Ventotene nel Lazio il corallo mediterraneo (Cladocora caespitosa) mostrava livelli di sbiancamento severi. Solo all’Isola d’Elba, l’unica area non protetta della rete di monitoraggio del report «Mare Caldo», lo stato ecologico, rispetto agli ultimi cinque anni, è risultato scarso, confermando l’importanza della protezione. Anche le aree protette, però, soffrono ovviamente il caldo.
Foca monaca a rischio
Oltre ai coralli, tra le specie marine e rischio, segnalate dalla Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ci sono la foca monaca, che rischia l’estinzione, e il capodoglio, vittima di collisioni con le navi o intrappolato nelle reti da pesca. In calo anche il numero dei delfini comuni. La situazione più preoccupante è quella degli squali: 13 specie di squali e razze hanno subito, negli ultimi cinquant’anni, un drastico declino o si sono estinte localmente. Specie come lo squalo smeriglio e la verdesca sono classificate «in pericolo critico» a causa della pesca eccessiva e delle catture accidentali.
Una guida ecologica in spiaggia
Agosto è mese di vacanze: migliaia di italiani, e non, si riverseranno sulle spiagge della Penisola. Una guida, «Il mare in tasca» di Greenpeace Italia, aiuta a conoscere meglio il mare e offre consigli utili su come proteggerlo.
Non abbandonare i mozziconi
Il primo consiglio è non lasciare in spiaggia i mozziconi di sigaretta che, considerati i detriti più diffusi sulle spiagge mediterranee, impiegano anni a degradarsi. Mentre carta e tabacco impiegano pochi mesi (3-4) a dissolversi, il filtro, composto da acetato di cellulosa resistente agli enzimi dei batteri, può impiegare dai 10 ai 12 anni per decomporsi.
Stop all’usa e getta
Il secondo invito è privilegiare soluzioni sostenibili e abbandonare l’usa e getta. Scegliere una borraccia termica è un piccolo gesto ma contribuisce a ridurre l’inquinamento da plastica nei mari. L’81,3 per cento degli italiani è convinto che la principale minaccia del pianeta sia posta dall’inquinamento: è un timore fondato, perché il mare è sommerso dalla plastica e le microplastiche che ne derivano finiscono per arrivare ancora all’uomo attraverso il pescato.
Creme solari eco-compatibili
Terzo consiglio: scegliere creme solari eco-compatibili può fare la differenza, perché evitano principi attivi chimici dannosi come l’ossibenzone, un composto noto per gli impatti negativi sugli organismi marini. Fondamentale poi scegliere prodotti con imballaggi riciclati e riciclabili.
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