Una delle sorprese ai piani alti della classifica dei libri più venduti di questo inizio anno è «Onesto» (Bompiani, 2025), l’ultimo romanzo di Francesco Vidotto. Il protagonista eponimo è un uomo che, per raccontare la sua vita, ha scelto di scrivere alle montagne. Una lettera, un pezzo della sua storia. Ma non meno interessante della storia di Onesto è quella del suo creatore. Infanzia a Tai di Cadore, laurea in Economia a Ca’ Foscari, impiego alla Deloitte, una delle aziende di consulenza più importanti del mondo. Poi Francesco molla tutto e torna in Cadore, per dedicarsi «alla natura e alla scrittura». A spronarlo a mandare al suo primo editore un suo manoscritto, il collega Mauro Corona, anch’egli cadorino.
L’uomo che scriveva alle montagne per ascoltare se stesso
«Viviamo come se la vita l’avessimo scippata. Invece dovremmo fermarci e capire chi siamo» è la lezione del protagonista del libro «Onesto», ultimo romanzo di Francesco Vidotto.

«Mi è capitato di frequentare la facoltà di Economia e Commercio per compiacere i miei genitori», racconta Vidotto. «Da lì, sono entrato nel mondo del lavoro. Ho trascorso sei anni alla Deloitte, facendo il revisore contabile, ed ulteriori dodici anni come direttore generale del più importante gruppo cartario italiano. Nel cuore, però, avevo una tempesta. Sentivo che quel che facevo non ricalcava in alcun modo la mia inclinazione naturale. Mi mancava qualcosa che per me era fondamentale: il tempo, l’energia della natura, la libertà degli spazi aperti, l’aria trasparente, la lentezza».
«Da allora mi sento rinato»
Nel 2020 Francesco torna a vivere a Tai di Cadore, «dove sono le mie origini. Ho lasciato il lavoro, l’Audi A6 tremila, gli spostamenti con l’elicottero del gruppo cartario. Da allora mi sento rinato. Vivo una vita alla mia misura. Sono al centro del mio mondo. Dove l’orologio più prezioso è quello che ti puoi permettere di non portare, lo chef migliore è l’appetito e la semplicità è il lusso più grande. Alla fine, chi più è sereno meno spende, non ho dubbi. Sono uscito da quella che per me era la ruota del criceto». Ora Francesco si occupa di storie. «Le salvo dall’oblio. Un libro è l’ultima frontiera della memoria che drammaticamente scompare. Tutte le mie storie sono ambientate tra queste montagne fragili. La loro bellezza s’incide in me e gocciola giù sottoforma d’inchiostro». L’inchiostro, poi, «diventa parola». In una sitografia più o meno approssimativa, Vidotto è etichettato come «scrittore di montagna»: «Non mi sono mai definito uno “scrittore di montagna”. Lo sono, semmai, semplicemente perché vivo quassù. Il fatto che i miei racconti siano ambientati tra queste crode viene solo dal fatto che le conosco profondamente e, scrivendo di loro, riesco a conferire quel tono di verità che altrimenti non sarei in grado di dare. Se vivessi al mare, sarei uno scrittore di mare, se vivessi in collina, lo stesso. Non c’entra il posto. È la storia. E, le mie, sono tutte storie di cuore».
L’incredibile vicenda
L’ultima, «Onesto», è «l’incredibile vicenda vera di un uomo che scriveva lettere indirizzate alle montagne, perché solamente con loro riusciva a parlare. “Perché scrivere ad una cima?” Mi chiesi. Perché equivale a scrivere a sé stessi. C’è sempre bisogno di dirsi le cose come sono. Oggigiorno viviamo come se la vita l’avessimo scippata. Invece dovremmo fermarci e scrivere a noi stessi chi siamo. Con la penna. La penna impone lentezza. Ecco perché sono rimasto affascinato da Onesto: perché era un uomo che ha avuto il coraggio di ascoltarsi».
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