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Oggi è il Plastic Overshoot Day

Si tratta della data simbolica in cui la produzione globale di rifiuti plastici supera la capacità di gestirli in modo corretto. Così finiscono nell’ambiente e lo inquinano. La data di scadenza per l’Italia è fissata al 24 ottobre

Da oggi il Pianeta rischia di venire “sovraffollato” dalla plastica, perché non saremo più in grado di gestire i rifiuti correttamente. La scadenza è fissata dal Plastic Overshoot Day che quest’anno cade appunto il 5 settembre. L’agenzia di consulenza ed ente di ricerca svizzero, EA-Earth Action, che ha istituito la giornata, lo spiega nel report che ha anche l’obiettivo di sensibilizzare società civile, governi e istituzioni sul tema dell’inquinamento da plastica nel mondo, e delle conseguenze negative che reca all’ambiente. Ogni anno la data, che è piuttosto simbolica, suona come campanello d'allarme e indica il momento in cui la produzione di rifiuti da plastica a livello globale supera la nostra capacità di gestirli in modo adeguato.

Secondo i dati del report sono dodici i Paesi responsabili del 60% dei rifiuti da plastica gestiti in modo scorretto (basti pensare che la Cina da sola produce il 25% dei rifiuti plastici globali) che corrispondono, secondo le stime, a circa 72 tonnellate di plastica che entro la fine del 2025 corrono il rischio di non venire correttamente smaltite e finire nell’ambiente, inquinando suolo, acqua e aria.

Il 24 ottobre la scadenza per l’Italia

Ogni Paese ha il suo «Plastic day» e per l’Italia la data di scadenza è fissata per il 24 ottobre. L’aspetto positivo – che sottolinea WWF Italia in una nota legata alla giornata – è che il Belpaese si posiziona meglio rispetto alla media globale, ma è ancora indietro a confronto di altri Paesi europei, come Spagna e Germania, il cui limite cade a novembre. Oppure Svizzera e Francia, il cui overshoot è a dicembre. Secondo il report i Paesi a minor rischio di dispersione di plastica saranno Singapore e Corea del Sud il cui «Plastic Day» cade il 20 e 21 dicembre.

All’interno del report vengono anche stilate sei “categorie” in cui vengono inseriti i Paesi sulla base di quattro criteri: la quantità di rifiuti plastici prodotti dalla popolazione, l’efficacia della gestione della plastica quando diventa rifiuto e la quantità di rifiuti che il Paese importa ed esporta. Secondo questo schema l’Italia si inserisce nella lista dei cosiddetti “sovraccaricati” (overloaders). La caratteristica principale è l’alta produzione di rifiuti in plastica, e nonostante l’efficienza nello smaltimento si registrano alti livelli di accumulo. La raccomandazione principale è dunque limitare produzione e uso di plastica e favorire un’economia circolare basata sul riuso e riciclo.

L’allarme di WWF Italia

Il monito che arriva dall’associazione è chiaro: «I risultati sottolineano l’urgenza di un cambiamento profondo. Governi, aziende e singoli individui devono collaborare per ridurre i rifiuti di plastica, potenziare le infrastrutture per la gestione dei rifiuti e adottare soluzioni più circolari che impediscano alla plastica di disperdersi e trasformarsi in inquinamento», commenta Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità WWF Italia.

Proprio in occasione di questa “ricorrenza” l’associazione ha lanciato la campagna simbolica Plastic Free Week, per sensibilizzare la popolazione sul tema. Al tempo stesso chiede azioni concrete al governo italiano come l’estensione della raccolta differenziata della plastica a tutti i settori produttivi ad alto consumo, l’introduzione di tasse sull’uso della plastica vergine, incentivi per soluzioni basate sul riutilizzo, e il potenziamento delle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, al fine di colmare le attuali carenze territoriali e regionali e rendere il sistema più efficiente e sostenibile.

«La dispersione di plastica non è un problema solo per la natura, come si pensava un tempo – aggiunge Alessi –. Sempre più evidenze mostrano conseguenze dirette anche per la salute umana: in alcune analisi sono stati rilevati fino a 7 grammi di microplastiche nel cervello umano, sollevando preoccupazioni su potenziali effetti neurologici. Le microplastiche sono state trovate nel sangue, nel latte materno, nel fegato, nei reni, nei polmoni e nella placenta suggerendo che possono attraversare barriere biologiche fondamentali. Alcuni additivi chimici usati nella plastica, come ftalati e bisfenolo A, sono associati a disfunzioni ormonali, infertilità e disturbi dello sviluppo nei bambini».

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