Burger button

Frane e alluvioni: Bergamasca a rischio dissesto idrogeologico

Comuni italiani: i dati Ispra dicono che il 94% è situato in aree soggette agli eventi meteorologici improvvisi e potenti. Il monitoraggio di queste zone consente, se necessario, di bloccare il traffico ed evacuare i residenti.

A fine luglio, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato il quarto rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia nel 2024, fornendo un quadro dettagliato sui rischi legati a frane, alluvioni, erosione costiera e valanghe. Lo scenario nazionale non è promettente: 7.463 comuni italiani (94% del totale), si trovano in aree a rischio idrogeologico. Sono 1,28 milioni gli abitanti che vivono in aree a rischio frana elevato o molto elevato, mentre quasi 7 milioni sono esposti al rischio di alluvioni. A livello locale, grazie alla piattaforma interattiva IdroGeo dell’Ispra, è possibile esplorare i livelli di rischio fino al dettaglio del singolo comune. Diamo un’occhiata alla provincia di Bergamo.

Frane

Il rapporto prende in considerazione le aree classificate a pericolosità «elevata o molto elevata». Nella Bergamasca si tratta di circa 345 chilometri quadrati, pari al 12,6% del territorio. Dietro a queste cifre ci sono le persone: quasi 10mila abitanti vivono stabilmente in queste zone a rischio, l’equivalente dello 0,9% della popolazione provinciale.

Le aree più esposte sono quelle delle valli. Alcuni comuni montani registrano percentuali importanti, come Fuipiano Valle Imagna dove il 71,2% del territorio comunale è soggetto a frane, coinvolgendo il 93,8% dei 208 abitanti. Segue Valbondione (68% del territorio) con il 17,8% della popolazione potenzialmente coinvolta. Tra i primi paesi a rischio ci sono Ponte Nossa con il 64% del territorio a rischio e il 15% degli abitanti esposti; Valgoglio con il 54,4% del territorio interessato e il 4,8% della popolazione; Schilpario dove quasi la metà del territorio (47,4%) è a rischio frane, coinvolgendo il 39,3% dei residenti. Sotto attenta osservazione è la località di Tavernola Bergamasca sulla sponda ovest del lago d’Iseo: la frana è sotto stretto monitoraggio per via del contesto in cui si trova e dell’«effetto a cascata» che uno smottamento potrebbe causare.

Alluvioni

Il rapporto distingue tre scenari di «pericolosità idraulica», a seconda della frequenza con cui un’alluvione potrebbe verificarsi. Nella Bergamasca lo scenario di pericolosità elevata interessa 117,2 chilometri quadrati, dove vivono oltre 27mila persone (il 2,5% della popolazione). Si tratta di aree potenzialmente allagabili con una frequenza media di una volta ogni 20-50 anni.

Il geologo: «Il rischio zero non esiste»

«Sappiamo che l’Italia è naturalmente predisposta a frane e alluvioni per via di fattori geologici, geodinamici e idrologici – spiega il geologo di Ispra, Saverio Romeo –. Dall’altro lato però, il Belpaese è un hotspot climatico dove si verificano diversi eventi estremi. A questo si associa un’urbanizzazione del territorio che dagli anni Cinquanta ha prodotto un’impermeabilizzazione di suolo».

Il report di Ispra ne monitora lo stato: «Siamo passati, secondo il rapporto 2023, a livello nazionale dal 2,7% di superfici artificiali - prosegue il geologo - al 7,2%. Un aumento importante che impermeabilizza il terreno e aumenta l’esposizione delle persone che vivono in edifici in zone a rischio. In Lombardia la situazione delle frane è stabile: ci sono otto chilometri quadrati in più (0,4%) di aree classificate a pericolosità da frane». Per le alluvioni però è diverso. «Stiamo registrando un trend di leggero incremento delle piogge nella penisola: piove molto forte, in poche ore in un solo giorno, e l’acqua non riesce a infiltrarsi nel suolo, provoca frane superficiali e fa ingrossare i corsi d’acqua». Al di là delle previsioni, un dato positivo emerge dagli interventi fatti negli ultimi decenni: «Ci sono stati, negli ultimi 25 anni, quasi 26mila interventi, che sono stati finanziati, progettati e nella gran parte dei casi realizzati – prosegue Romeo – per un importo complessivo di 19,2 miliardi. È il caso di dire però che se ogni anno, come riportano associazioni indipendenti, si spendono fino a 3-4 milioni di euro per riparare danni in emergenza da dissesti idrogeologici, vuol dire che la prevenzione serve, con interventi di mitigazione, a risparmiare milioni di euro in danni». E soprattutto urge un cambio di prospettiva: «Il “rischio zero” non esiste, possiamo però abbassarlo e gestirlo. Sappiamo quando e come si muovono le frane e possiamo bloccare il traffico o evacuare le persone che abitano in zona», conclude il geologo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA