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Nella Bergamasca nuovo focolaio di tarlo asiatico

Il Servizio fitosanitario regionale ne rileva la comparsa sul Lago d’Iseo: «Ma sarà eliminato da tutta la provincia». La superficie colpita dal bostrico nelle aree montane rallenta: nel ’23 -’24 sale del 12% contro il 62% del ’22-’23 di tarlo asiatico

La primavera ormai inoltrata non è una buona notizia per tutti. Con l’arrivo della bella stagione, infatti, sono riprese le iniziative di contrasto alle specie infestanti, coordinate dal Servizio fitosanitario regionale. A marzo, in Val Brembana sono state avviate le procedure di eradicazione del panace di Mantegazza, una pianta urticante che arriva dal Caucaso. A metà aprile, invece, la Manutenzione e promozione laghi ha rimosso 20 tonnellate di alghe infestanti dalle sponde del Lago d’Endine.

I dati del Servizio fitosanitario regionale, però, confermano che i due infestanti più problematici per la nostra provincia sono la «Popillia japonica» (o scarabeo giapponese) e l’«Anoplophora glabripennis» (il tarlo asiatico del fusto): la prima è presente in Lombardia ormai da una decina d’anni, mentre il secondo è stato rinvenuto per la prima volta a Trescore Balneario nel 2017. Mentre la diffusione naturale della Popillia è sotto controllo, a preoccupare particolarmente è il tarlo asiatico, che nel 2021 è stato rinvenuto a Ghisalba, nel 2022 a Grumello del Monte e nel 2023 tra Treviolo, Mozzo, Curno e Bergamo. Nelle scorse settimane, conferma il servizio, è comparso anche sul Lago d’Iseo.

Nelle aree montane, invece, la presenza più preoccupante è quella del bostrico tipografo, che ha per albero ospite l’abete rosso: la sua presenza ha portato all’abbattimento di «diverse migliaia di piante» nelle nostre Valli, specie tra quelle già indebolite dalla tempesta Vaia del 2018.

Le analisi condotte negli anni costituiscono un’arma centrale nella lotta alla diffusione delle specie allogene. «Il tarlo asiatico può completare il suo ciclo di vita servendosi di tante latifoglie diverse, in ambienti naturali e urbani – spiegano dal servizio regionale – ma le nostre analisi hanno riscontrato la sua presenza solo su pochi generi di piante, come aceri, ippocastani, betulle, pioppi, salici e olmi. I danni maggiori causati dall’infestazione derivano dalle larve, che scavano delle gallerie nei fusti per nutrirsi del legno. Gli adulti, invece, producono dei fori da sfarfallamento. Le aree più colpite sono quelle urbane, dove l’insetto può portare al deperimento delle piante più sensibili». Per il bostrico ci sono dei dati più sicuri sulla zona colpita dall’infestazione, che secondo gli esperti è pari a circa 350 ettari di pecceta. «Il risultato degli attacchi dell’insetto è il deterioramento degli alberi, che possono persino morire», spiega il Servizio fitosanitario regionale. Ma i numeri sono incoraggianti: i dati raccolti nel 2024, infatti, evidenziano un marcato rallentamento dell’infestazione rispetto agli anni precedenti. Tra il 2022 e il 2023, l’aumento della superficie colpita era stato del 62%, mentre tra il 2023 e il 2024 si è ridotto al 12%. I motivi, secondo gli esperti, sono diversi e vanno dalle condizioni meteorologiche meno favorevoli fino alla progressiva riduzione del legname disponibile. Quest’ultima, per giunta, dipende dall’infestazione stessa, che ha ridotto drasticamente gli abeti rossi nelle nostre valli.

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Le prospettive sono positive anche per il tarlo asiatico, dal momento che il servizio lombardo si aspetta di ridurre il numero di piante infestate e, con il tempo, di eliminare l’organismo da tutta la Bergamasca. La sua comparsa nelle zone del Lago d’Iseo nel 2025, per chi si occupa del monitoraggio, sarebbe un problema localizzato, «causato probabilmente dal trasporto accidentale di materiale infetto».

Che fare per liberarsi di questi infestanti? Secondo gli esperti, «il monitoraggio sul campo, l’abbattimento e la distruzione degli alberi colpiti dal tarlo sono le uniche pratiche riconosciute come efficaci per prevenirne la diffusione e, nei casi migliori, eradicarne la presenza. Per il bostrico, il nostro piano non prevede interventi diretti – impossibili visto l’alto valore ambientale dell’areale in cui l’insetto si sviluppa – ma abbiamo una rete di 140 trappole, che si amplierà presto con l’acquisto di 600 nuovi attrattori feromonici. Useremo i dati satellitari per produrre cartografia tematica e avvieremo dei cantieri sperimentali di ripristino forestale, con test su nuove tecniche di recupero boschivo».

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