93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Akira Toriyama. Tra umorismo, il bene che trionfa e anche un po’ di sbadataggine

Articolo. Il mondo del fumetto è in lutto per la morte di Akira Toriyama, il papà di Dragon Ball e Dr. Slump, che si è spento il primo marzo all’età di sessantotto anni. Ecco il nostro ricordo

Lettura 4 min.
Dragon Ball, vol. 1 copertina, Akira Toriyama

È passato ormai qualche giorno dalla notizia della scomparsa di Akira Toriyama , fumettista – o mangaka se si preferisce usare il termine giapponese – famoso per aver donato al mondo capolavori come «Dragon Ball» e «Dr. Slump», oltre che a decine di altri prodotti d’intrattenimento tra fumetto, animazione e videogioco. Omaggi e dediche provenienti da ogni parte del mondo hanno celebrato la vita e il lavoro di uno dei protagonisti più influenti degli ultimi cinquant’anni d’intrattenimento made in Japan. Un uomo capace «di creare un’era in cui sia gli adulti sia i bambini potessero divertirsi leggendo manga», come scrive Eiichiro Oda, autore del manga «One Piece», nella lettera dedicata a quello che da sempre definisce come suo sensei, termine giapponese traducibile con «mentore» o «maestro».

Non credo di possedere la preparazione accademica adatta per esaltare le qualità dell’operato di Toriyama ma, in questo spazio a mia disposizione, cercherò di mettere al servizio dei lettori la mia esperienza di fan per celebrare la dimensione più “umana” di quello che da sempre è stato uno dei miei autori preferiti.

I valori

«Goku è imbattibile, il più forte di tutti». Questa è una frase che avrò detto almeno un milione di volte da bambino. D’altronde era impossibile non affezionarsi a quel bizzarro ragazzino con la coda che, a bordo della sua nuvola gialla, attraversava un mondo colorato e vastissimo alla ricerca di sfide sempre nuove, in cui a prevalere erano sempre i buoni sentimenti.

Attorno a lui tanti amici che, ispirati dagli stessi principi, provavano a loro volta a migliorarsi per aiutarlo a sconfiggere il nemico di turno. Da bambino ti basta sapere che il bene vince sul male per essere felice e questo è sempre stato il sentimento su cui si è basata l’intera carriera di Akira Toriyama. In ogni situazione, anche la peggiore, con la forza di volontà e l’onestà si poteva arrivare a superare qualsiasi ostacolo per riportare la pace. Non contava infatti essere il più furbo o il più sveglio: per vincere dovevi essere retto e onesto nei confronti di tutti, anche del nemico.

Uno scontro tra bene e male che oggi potrà sembrare banale, ma bisogna ricordare che gli anni ‘70 e ‘80 sono stati l’epoca dei grandi fumetti d’azione, dove la giustizia trionfava sempre, ma mettendo in luce una realtà spesso cruda e violenta. L’alleggerimento dei temi voluto da Toriyama è stato la base su cui si è fondata un’intera scuola di pensiero legata al fumetto per ragazzi e che ha permesso ad autori come Oda, Kishimoto e Hubo di creare opere come «One Piece», «Naruto» e «Bleach», a loro volta diventati pilastri del genere.

L’umorismo e la sbadataggine

Crescendo, ho cominciato ad appassionarmi alle altre opere dell’universo di Toriyama, tra cui ovviamente «Dr. Slump», un fumetto comico al limite del demenziale incentrato sulle avventure di una ragazzina robot di nome Arale, creazione del Dr. Senbee Norimaki (soprannominato appunto Slump) dalla forza sovrumana e dal carattere bizzarro e scherzoso. La sensazione di base era quella di trovarmi di fronte ad un gruppo di amici chiassosi e giocosi ma, avendo avuto accesso ad altri prodotti della cultura di massa, lentamente ho iniziato a rivedere nel fumetto alcuni rimandi in chiave comica a opere pop tra cui «Star Trek», «Godzilla» e «Star Wars».

Così ho conosciuto l’umorismo di Toriyama, spensierato con punte al limite del demenziale tra alieni stilizzati con il sedere in testa e finti Superman che “volano” sdraiati su uno skateboard. Dozzine di personaggi folli, sbadati ma fondamentalmente sempre positivi esattamente come lo stesso Toriyama, famoso per essere un ritardatario cronico e per aver più volte creato buchi tramistici nelle sue opere per dimenticanze o disattenzioni, ma sempre mettendocela tutta per portare il miglior prodotto possibile al pubblico. Potrà sembrare un assurdo, però l’arma vincente di Toriyama nel corso della sua lunga carriera è stata quella di far fronte alla sua stessa sbadataggine e propensione alla procrastinazione. Nonostante l’ottima tecnica, infatti, il disegno di questo fumettista è sempre stato caratterizzato da linee semplici, proprio per diminuire i tempi di lavoro e riuscire a rispettare le tanto odiate scadenze.

Questo lato «maldestro» di Toriyama mi ha sempre divertito molto, soprattutto nelle interviste, dove spesso le domande dei fan legate a futuri risvolti di determinate opere lo coglievano di sorpresa. Un caso su tutti fu quello della sparizione di Launch, da noi Laura, personaggio femminile appartenente al mondo di Dragon Ball e dalla caratteristica peculiare di cambiare carattere da calmo ad aggressivo e il colore dei capelli da blu a biondo ad ogni starnuto. Alla richiesta di spiegazioni da parte dei fan sul perché un personaggio dalla discreta importanza nella prima fase dell’opera fosse totalmente sparito nella seconda, il mangaka rispose con un po’ d’imbarazzo di essersi semplicemente dimenticato della sua esistenza. Ovviamente scordarsi un comprimario non è esattamente un’ottima cosa per una persona che di lavoro scrive trame, ma questo aneddoto mi fa sentire meglio ogni volta che mi dimentico in casa le chiavi dell’auto.

Le opere e la vita privata

Una volta diventato adulto, ho avuto la possibilità di recuperare tutto ciò che mi ero perso da bambino e da ragazzo riguardo Toriyama e le sue opere. Ho scoperto così un mondo per me totalmente sconosciuto, legato a videogiochi come «Dragon Quest», «Blue Dragon» e «Chrono Trigger». Tre videogiochi di ruolo con caratteristiche totalmente differenti ma con un character design che «urla» il nome di Akira Toriyama da ogni ciocca appuntita dei capelli dei protagonisti.

Continuando la mia ricerca, mi sono imbattuto in una miriade di collaborazioni nel campo dell’animazione, del fumetto e dell’illustrazione, oltre che in parecchie storie brevi tra cui, a mio personalissimo giudizio, spiccano quelle contenute nella raccolta «Toriyama World», «Wonder Island», «Tomato Police Woman».

Tutto questo è nato dalla poliedricità di un autore che, nonostante i primi insuccessi iniziali, è riuscito a settare dei nuovi standard nella cultura pop. E pensare che Akira Toriyama non era attratto dai manga: adorava le auto, passione presa dal padre, la natura e gli animali da compagnia. Lo sappiamo perché, nonostante il mangaka fosse una persona molto riservata, spesso inseriva dettagli della sua vita in una piccola rubrica a margine dei fumetti, in cui lui stesso compariva nei panni del suo alter ego robotico e parlava di avvenimenti legati al lavoro e al tempo libero. Un modo particolare di parlare con i fan che, involontariamente, andava ad evolvere quelle che erano le postille a fondo pagina molto in voga tra i fumettisti giapponesi degli anni ‘80 e ‘90.

Tante piccole informazioni per dire che Akira Toriyama, in fondo, era una persona come molte. Ha messo nelle sue opere il suo carattere sincero e spensierato, diventando un punto di riferimento per milioni di ragazzi semplicemente disegnando fumetti comici, personaggi stravaganti e animali antropomorfi dalle più svariate mansioni.

Approfondimenti