93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Pasqua, Pasquetta e il senso di andar per mostre

Articolo. Da «I Macchiaioli» a Brescia, passando per «Resurrezione ha nome il nostro giorno» nelle chiese di Bergamo Alta, e ancora «Banksy, Jago, TvBoy e altre storie controcorrente» a Biella e «Informale. La pittura italiana degli anni Cinquanta» a Lecco

Lettura 5 min.
Giovanni Fattori, «Raccolta del fieno in maremma»

Per chi ama l’arte, è ormai è una tradizione: i giorni delle festività pasquali sono l’occasione per una gita fuori porta a caccia di una “bella” mostra. Anche quest’anno vi proponiamo alcune mete scelte tra le esposizioni forse meno blasonate, ma che oltre che “belle” hanno anche un senso. Propongono infatti lavori portatori di un messaggio o riaprono pagine splendide ma poco lette della storia dell’arte, o ancora rileggono fermenti artistici che ci aiutano a capire da dove nasce la creatività contemporanea.

«I Macchiaioli»

Brescia, Palazzo Martinengo, fino al 9 giugno
Info

Spirito di gruppo, un sentimento tutto italiano, una nuova pittura: tutti pazzi per «I Macchiaioli». La retrospettiva, curata da Francesca Dini e Davide Dotti, riunisce oltre 100 capolavori di Fattori, Lega, Signorini, Cabianca, Borrani, Abbati e gli altri pittori che, nella Firenze del secondo Ottocento, diedero vita a una vera e propria rivoluzione artistica. Tanti i prestiti eccezionali, dalle Gallerie degli Uffizi alla nostra Accademia Carrara, ma occorre sottolineare che la mostra riesce nell’impresa di presentare un importante nucleo di opere-manifesto del movimento. Quelle opere che tutti abbiamo conosciuto sin dai manuali scolastici ma che, conservate in collezioni private, non sono solitamente accessibili, come le «Cucitrici di camicie rosse» di Borrani, la «Raccolta del fieno in maremma» di Fattori e «Pascoli a Castiglioncello» di Signorini. Così come vi si possono ammirare 22 incisioni di Fattori provenienti dal cospicuo corpus grafico donato all’Accademia Carrara da Luigi Franconi nel 1989, ma che non sono state esposte se non in rarissime occasioni.

E così, da Brescia, i Macchiaioli si prendono finalmente la rivincita sui colleghi impressionisti, che li hanno sbaragliati anche tra le pagine dei manuali di storia dell’arte e di cui sono spesso, ma erroneamente, considerati i “figli minori”. Eppure, già nel 1855 quel manipolo di nostri giovani artisti pieni di entusiasmo si riuniva al Caffè Michelangiolo di Firenze per porre le basi di un Risorgimento – poetico e politico insieme – che passava attraverso il realismo e la “macchia”. Un fenomeno “tutto italiano” che oggi assume il valore di una cifra che spiega perché ai Macchiaioli ci affezioniamo con tanta facilità.

Basta un’opera come le «Cucitrici di camicie rosse» del pisano Odoardo Borrani – scelta non a caso come immagine guida della mostra di Brescia – per comunicare lo spirito intimamente italiano che distingue con decisione i nostri macchiaioli dalle “virgole” impressioniste e dalla spensierata joie de vivre francese. Uno spaccato domestico che dice tutto di un’epoca (non dimentichiamo l’acutezza di Luchino Visconti nell’ispirarsi proprio ai dipinti macchiaioli per le ambientazioni sceniche del suo «Gattopardo»): un quieto salotto borghese, un ritratto di Garibaldi appeso alla parete, il ticchettio di un orologio a pendola che segna le sette e un quarto del mattino, la luce che irrompe dalla finestra e quattro ferventi patriote tutte intente a cucire camicie rosse.

«Banksy, Jago, TvBoy e altre storie controcorrente»

Biella, Palazzo Gromo Losa e Palazzo Ferrero, fino al 1° aprile
Info

Una mostra che consigliamo non tanto perché troviamo esposte le opere di alcuni dei più influenti artisti contemporanei noti a livello internazionale, quanto perché si tratta di protagonisti di un’arte pubblica e sociale, capaci di denunciare e affondare, con un linguaggio diretto e accessibile a tutti, nei temi delle ingiustizie sociali, delle guerre, della vita e della morte. In ogni caso, con spirito canzonatorio o con afflato lirico, sanno scandagliare e smascherare la realtà che viviamo, scuotere le coscienze, indignare, commuovere.

Curata da Piernicola Maria Di Iorio, l’esposizione restituisce le storie “controcorrente” di artisti come Banksy, Jago e TvBoy, ma anche David LaChapelle, Takashi Murakami, Liu Bolin, Obey, Mr. Brainwash e molti altri. Novanta opere tra cui lavori iconici come «Girl with Baloon» di Banksy o «Hope» di Obey. Certamente la mutazione di alcuni di questi “artisti ribelli” imporrebbe una riflessione: affacciatisi d’impeto sulla scena dell’arte pubblica “popolare” e della street art, dichiarando la loro rottura con il sistema chiuso dell’arte contemporanea, oggi sembrano aver fatto pace con le logiche di quel sistema, musealizzando ed esponendo le loro opere nei centri d’arte contemporanea più prestigiosi. Ma questa è un’altra storia.

La visita alla mostra, poi, è anche l’occasione per esplorare una meta culturale alternativa come Biella, dal Ricetto di Candelo al Santuario di Oropa, dall’Oasi Zegna alla celebre Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, oltre all’imponente patrimonio di archeologia industriale.

«Resurrezione ha nome il nostro giorno»

Bergamo, Itinerari di Pasqua nelle chiese di Città Alta, lunedì 1° aprile
Info

Artisti di ogni secolo hanno dato corpo al mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Anche le chiese di Città Alta custodiscono opere straordinarie dedicate a questi temi: lo straziante «Compianto» di Andrea Previtali nella chiesa di Sant’Andrea, la «Sepoltura di Gesù» scolpita da Andrea Fantoni per la Cattedrale, la possente «Risurrezione» dell’abside di San Michele al Pozzo Bianco, sono immagini che parlano di dolore, violenza, ingiustizia, ma anche di compassione, sacrificio, dono di sé. Lunedì di Pasqua ripartono a Bergamo i cammini sulle Vie del Sacro: più di dieci luoghi appartenenti al patrimonio diocesano cittadino, molti dei quali solitamente poco o per nulla accessibili al pubblico, verranno aperti al pubblico e presidiati dai giovani “mediatori di bellezza” preparati dalla Fondazione Adriano Bernareggi.

Dalle 14 alle 18 nelle chiese di Città Alta si svilupperà un itinerario in otto tappe: sarà possibile visitare, accompagnati dai giovani mediatori del patrimonio ecclesiastico, la Cattedrale di Sant’Alessandro e le sue sagrestie, il Museo della Cattedrale, il Battistero, il Tempietto di Santa Croce e le chiese di San Michele al Pozzo Bianco, Sant’Andrea, San Lorenzo alla Boccola, San Pancrazio e la chiesa del monastero benedettino di Santa Grata. Alle ore 14.30 e alle ore 16.30, inoltre, si potrà essere accompagnati in alcuni di questi luoghi attraverso un itinerario creato appositamente per questa giornata inaugurale. Su prenotazione, in tre turni alle ore 15, 16 e 17, si potrà partecipare, al Tempietto di Santa Croce, a «Con gli occhi di lei», lettura teatrale a cura di Emanuela Palazzi di brani tratti dal romanzo di Maria Pia Veladiano intitolato «Lei». È la storia di ogni madre, ed è la storia di Maria e del rapporto con il Figlio. Questo racconto ci farà entrare direttamente nel cuore degli eventi drammatici della Crocifissione di Gesù e della Resurrezione, rivissuti attraverso gli occhi di «Lei». Sarà attivo un info point sul sagrato della chiesa di Sant’Agata sulla Corsarola, per informazioni e curiosità sul progetto e le prossime iniziative.

«Informale. La pittura italiana degli anni Cinquanta»

Lecco, Palazzo delle Paure, fino al 30 giugno
Info

Le vie dell’arte Informale furono molteplici e variegate, figlie di altrettante personalità autonome e originali, le cui ricerche trovarono solo alcuni aspetti tra loro comuni, come la spontaneità, l’istinto gestuale, il rifiuto di qualsiasi legge e geometria, l’improvvisazione. Forse per via di questa natura multiforme, la stagione dell’Informale è poco focalizzata dal pubblico, considerata una passione di nicchia. Eppure è qui che si ritrovano le radici profonde dell’arte contemporanea e, per quanto riguarda nello specifico il territorio bergamasco, si rintracciano i semi dell’opera di tanti autori che hanno costruito la trama della nostra geografia creativa.

La mostra, curata da Simona Bartolena, attraverso più di 60 opere di artisti quali Afro, Tancredi, Chighine, Fontana, Moreni, Burri, Morlotti e molti altri, racconta la generazione di autori usciti feriti dalla Seconda guerra mondiale, che sperimentò nuovi linguaggi e nuovi stili capaci di narrare una situazione drammatica e complessa. Dubbiosi sul ruolo pubblico dell’arte, scelsero una via solitaria che non prevedeva confronti con l’altro né manifesti o testi teorici che dichiarassero una strada comune.

«La mostra – scrive la curatrice – indaga la scena artistica di un’Europa seduta sulle macerie della propria civiltà, uscita stravolta dal secondo conflitto mondiale e dagli orrori dei governi totalitari. Il futuro sembra solo un’ipotesi priva di concretezza, il presente è nebuloso, effimero, frammentato. Smarrita ogni sicurezza, l’individuo si trova solo con sé stesso, perso nella dimensione immanente dell’esistenza, senza alcuna fiducia nel prossimo. L’artista non è, ovviamente, estraneo a questo scenario. L’ipotesi di un’arte che possa farsi portatrice di un messaggio universale, che possa essere di utilità pubblica, è messa drammaticamente in crisi. Il potere comunicativo dell’arte non interessa più. L’uomo è solo, unico responsabile delle proprie scelte, e l’arte si fa interprete di questa dolorosa, ma lucidamente cosciente, solitudine. I veri protagonisti di questa stagione non sono artisti come Burri e Fontana, ma sono ben altri: artisti forse meno noti, ma ben più esemplificativi per comprendere le ragioni di un momento storico».

Approfondimenti