«Negli ultimi vent’anni il regresso glaciale ha raggiunto tassi mai sperimentati prima»: è tassativo, nella sua analisi, Mattia Gussoni, glaciologo del Servizio glaciologico lombardo. Come caso limite porta quello del ghiacciaio della Ventina, in alta Valmalenco, per il quale «nell’ultimo decennio il regresso è stato di oltre 500 metri: in pratica abbiamo perso per sempre l’equivalente di 5 campi da calcio in pochissimo tempo». La situazione del Ventina è simbolica e va paragonata al tasso medio di ritiro annuo dell’ultimo secolo, che è di circa 15 metri, mentre «nell’ultimo periodo si è passati a circa 40-50 metri ogni anno, un valore doppio, quasi triplo, e del tutto nuovo e anomalo per quanto concerne la storia del ghiacciaio». Complessivamente, dal segnale del 1895, l’intera serie di misure ha testimoniato un arretramento complessivo di 1,7 km. Come riporta il Servizio glaciologico lombardo, infatti, «il continuo arretramento della fronte del ghiacciaio della Ventina ha drasticamente modificato la morfologia della fronte, oggi formata in larga parte da placche di ghiaccio sepolte dal detrito e disgiunte dalla massa di ghiaccio principale». Il bilancio di quest’estate è già negativo e il ghiacciaio potrà conservare circa la metà del volume residuo di ghiaccio solo se ci sarà una sostanziale riduzione delle emissioni di gas climalteranti e il conseguente contenimento del riscaldamento planetario entro i +2°C rispetto all’epoca preindustriale. Nello scenario peggiore, il ghiacciaio si ridurrebbe del 90%.
Quattro trekking vicino alla fronte dei ghiacciai lombardi
Il regresso glaciale è passato dai 15 metri di media dell’ultimo secolo ai 40-50 metri l’anno attuali. Vedere con i nostri occhi le aree deglacializzate ci rende più consapevoli del cambiamento climatico in atto.
Trekking sui ghiacciai
Questi cambiamenti sono tutti visibili a occhio nudo. Percorrendo il Sentiero glaciologico Vittorio Sella , creato nel 1992 dal Servizio glaciologico lombardo, si incontrano una serie di cartelli esplicativi in cui si ripercorrono fisicamente le fasi di avanzata e ritiro dalla Piccola età glaciale fino al 2021. Un vero e proprio viaggio nel tempo, da spettatori di una progressiva e inesorabile perdita. Il «Vittorio Sella» non è solo: sul territorio lombardo ci sono altri due (da poco tre) sentieri che portano al cospetto dei (sempre meno) grandi ghiacciai della regione. Uno è il Sentiero glaciologico Luigi Marson che porta al ghiacciaio di Fellaria e l’altro è il Sentiero glaciologico Nangeroni – Bellotti che conduce al ghiacciaio di Dosdé Est. A settembre è stato inaugurato il nuovo sentiero che porta fino alla fronte del ghiacciaio dei Forni, in alta Valtellina. Come spiega Gussoni, questi sentieri glaciologici nascono con un intento preciso: avvicinare consapevolmente escursionisti, visitatori e turisti alle peculiarità dell’ambiente glaciale, come le morene deposte in epoca storica dal ghiacciaio nei periodi di massima crescita, le rocce montonate e le più recenti aree deglacializzate.

Più di tutto, infatti, su questi sentieri è possibile osservare le variazioni della posizione della fronte del ghiacciaio e il loro insieme si pone come una sentinella chiave utile a testimoniare il cambiamento climatico in atto. Sì, perché in Lombardia, come testimonia Legambiente, sono molti i ghiacciai che soffrono. Un altro esempio emblematico, presentato dall’associazione ambientalista nell’anteprima a «Carovana dei ghiacciai 2025», è quello del ghiacciaio dell’Adamello, tra Lombardia e Trentino. Nel 2024 ha registrato un importante arretramento della fronte del ghiacciaio: 127 m rispetto alla posizione del 2023. Questo dato si inserisce in un trend pluriennale di forte regressione: nel 2022 l’arretramento era stato di 114 metri, mentre nel 2021 di 90 metri, segnalando un’accelerazione del ritiro frontale. «A causa del riscaldamento globale i ghiacciai alpini si stanno riducendo a vista d’occhio - segnala Legambiente - ed entro il 2050 tutti i corpi glaciali al di sotto dei 3500 metri di quota saranno scomparsi».
Tre futuri possibili
Gussoni spiega le propettive future analizzando tre scenari per spiegare «l’evoluzione futura della massa glaciale dell’intera Regione Lombardia nei più recenti scenari climatici IPCC (l’organismo dell’Onu Intergovernmental Panel on Climate Change). Il primo scenario (RCP8.5 o Business as usual) non prevede alcun intervento per il contenimento del cambiamento climatico. Il secondo (RCP4.5) prende in considerazione interventi moderati che non consentono il raggiungimento degli obiettivi di contenimento a +2°C stabiliti dall’Accordo di Parigi. L’ultimo scenario (RCP2.6) considera raggiunti gli obiettivi di contenimento». Il primo scenario è il più tragico per la sorte dei ghiacciai lombardi, ma nemmeno le prospettive più rosee hanno conseguenze totalmente positive. Prosegue Gussoni: «Al 2100 potremmo perdere la quasi totalità dei ghiacciai se continuassimo a non fare nulla; intervenendo invece sulla riduzione delle emissioni in atmosfera qualcosa riusciremmo a salvare per le future generazioni».
Una considerazione, secondo Gussoni, va fatta a prescindere: «Il punto di non ritorno purtroppo l’abbiamo passato e i nostri ghiacciai sono destinati a ridursi drasticamente nei prossimi decenni. Le Alpi stanno cambiando volto: possiamo solo agire per ridurre i danni». La rete dei sentieri glaciologici è un monito per gli escursionisti presenti e futuri, perché continueranno a essere percorribili, ma i futuri trekker troveranno solo le tracce e le impronte lasciate dal ghiacciaio. La memoria resterà viva nei nostri cuori e nella mente oltre che nelle tante fotografie che realizziamo per testimoniare il cambiamento, ma nulla di più. Un ulteriore monito all’azione sistemica da parte delle istituzioni per invertire le tendenze in atto e provare a preservare il patrimonio naturalistico.
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