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La cultura che cura è al centro della nuova puntata di «Storie dal backstage»

Articolo. È andato in onda ieri sera su BergamoTV il terzo appuntamento dedicato ai progetti sostenuti da Fondazione della Comunità Bergamasca nell’anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura. Al centro della puntata, che potete rivedere qua, i progetti «Praticare alleanze», «Agorà. Le città vicine» e «Memoria presente»

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La performance ’Bodies in the Dark’ al Festival Orlando (Foto Carlo Valtellina)

Agire, in forte alleanza con le istituzioni e il terzo settore, per promuovere benessere, crescita sociale, sviluppo sostenibile e duraturo per il territorio e le persone che lo abitano. Questo è l’obiettivo di Fondazione della Comunità Bergamasca che, insieme a Fondazione Cariplo e a Fondazione della Comunità Bresciana, nell’anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura ha sostenuto ben 92 progetti diffusi e di qualità.

«Storie dal Backstage», la trasmissione televisiva che racconta il «dietro le quinte» di alcuni di questi progetti, ha dedicato la sua terza puntata al tema della cultura che cura, spaziando dal teatro al cinema, dalla danza alla scrittura partecipata.

«Praticare Alleanze»

«Quando abbiamo immaginato un progetto per la Capitale della Cultura, abbiamo voluto mostrare come la cultura tramite le alleanze, ovvero se costruisce ponti tra enti plurali e tra comunità plurali, sia in grado di avvicinare pubblici spesso non presenti, perché considerati di minoranza, e diventare un reale spazio di incontro». Mauro Danesi, direttore artistico di Orlando Festival, presenta così «Praticare Alleanze», un palinsesto variegato di iniziative multidisciplinari che negli scorsi mesi ha coinvolto i territori di Bergamo e Brescia.

Collaborando con Qui e Ora Residenza Teatrale, Festival Danza Estate, il Teatro Grande di Brescia, la Fondazione Brescia Musei e numerose altre realtà, l’associazione Immaginare Orlando ha dato vita ad iniziative come «Orizzonti Queer», rassegna cinematografica dedicata alle narrazioni cangianti rispetto alle tematiche LGBTQI+, ma anche a « Dance Well Diffuso », ciclo di lezioni gratuite per sperimentare l’espressione libera del proprio corpo. Gli incontri di «Dance Well Diffuso» si sono tenuti all’interno di otto tesori artistici o storici di Bergamo e Brescia, come il Grand Hotel San Pellegrino, Villa Lanfranchi a Palazzolo sull’Oglio o il Teatro Grande di Brescia. L’idea è stata infatti quella di fornire ai partecipanti, tra cui le persone che vivono con la malattia di Parkinson, un’occasione preziosa per vivere in modo rinnovato gli spazi culturali.

«La normalità è un concetto statistico – spiega Mauro Danesi Si tratta della maggioranza di un insieme di persone, di enti e di oggetti. La maggioranza però non è tutta la comunità. Noi vorremmo che la cultura fosse uno spazio di rappresentazione e intersezione per tutti. All’interno della comunità plurale e variopinta che abitiamo, occorre allargare questo concetto di normalità».

Per il direttore artistico di Orlando Festival, la Capitale della Cultura è stata un’occasione per sperimentare e sperimentarsi. «Questo progetto è stato per noi una palestra, per capire chi mancava in questo momento, e come farlo entrare. È stato un laboratorio che ha lasciato alcune esperienze che stanno già gemmando. Il lavoro che abbiamo fatto su come l’accessibilità alla cultura potesse essere ampliata, per esempio, ha lasciato tracce sia in noi operatori che nei partner delle iniziative, oltre che nelle comunità. Non si torna indietro. Come recita il titolo del nostro progetto, le alleanze non sono un obiettivo raggiunto, ma una pratica su cui allenarsi quotidianamente».

«Agorà. Le città vicine»

Con il termine agorà, nell’antica Grecia si indicava la piazza principale della polis, la città. Un centro nevralgico sia dal punto di vista economico, in quanto sede del mercato, che dal punto di vista religioso e politico: lì si trovavano i luoghi di culto, lì si riunivano le assemblee dei cittadini. Quando la società cambia, cambia anche la piazza. E se nel Medioevo è rimasta il cuore dei comuni e delle città, oggi è diventata un luogo di passaggio.

«Ci siamo resi conto che le piazze non sono più vissute come una volta. Sono luoghi che attraversiamo oppure luoghi di lavoro. Restituire nuovamente questi spazi alle comunità, poter condividere al loro interno delle esperienze, è stato ciò che ci ha guidato nella progettazione di “Agorà. Le città vicine”». Flavia Vecchiarelli, direttrice artistica di Festival Danza Estate, racconta le origini del progetto che il Festival ha condiviso con la Fondazione Teatro Grande di Brescia. «Abbiamo pensato di invitare Virgilio Sieni, artista di fama internazionale che ormai da anni porta in tutto il paese dei laboratori di danza e movimento dedicati a persone di ogni età e ogni abilità. Insieme a lui abbiamo progettato un cammino lungo dieci città tra le province di Bergamo e di Brescia».

I laboratori guidati da Virgilio Sieni si sono tenuti durante la scorsa primavera nei comuni di Guzzago, Palazzolo sull’Oglio, Cologne, Brusaporto, Ranica e Gorlago. Il 13 e il 14 maggio, tutti i partecipanti si sono poi ritrovati in Piazza Vecchia a Bergamo e in Piazza della Loggia a Brescia per dare vita a due performance corali conclusive.

«“Agorà” aveva sicuramente tra le sue finalità quella della cultura come cura – racconta Vecchiarelli – Festival Danza Estate da tempo crede che nella danza come portatrice di benessere. Con i laboratori proposti, abbiamo voluto “curare” soprattutto in termini di relazioni. Abbiamo raccolto dei feedback da parte dei partecipanti, che hanno utilizzato parole come “fiducia”, “riscoperta delle relazioni”. In una società molto individualista come la nostra non ci guardiamo più attorno. Le azioni coreografiche si fondavano invece sulla condivisione di gesti, grazie allo sguardo e alla percezione di chi ci stava vicino. E chi si è messo in gioco è riuscito a ritrovare quel senso di comunità che insegna a guardare chi c’è intorno, a sentirne la presenza, ad entrare in sintonia».

«Agorà» è stata un’iniziativa stimolante anche per coloro che hanno lavorato «dietro le quinte», come sottolinea Flavia Vecchiarelli. «Per noi operatori culturali, è stata un’occasione di incontro e di scambio: noi siamo un festival indipendente, la Fondazione Teatro Grande di Brescia è invece un’istituzione di tutt’altro genere. È stato però prezioso per tutti noi lo scambio delle conoscenze, la messa in comune delle competenze e delle modalità operative».

«Memoria Presente»

Spettacoli, incontri, passeggiate poetiche rivolte a cittadini di varie fasce d’età: con il progetto «Memoria Presente», Teatro Caverna ha animato e sta tuttora animando culturalmente i quartieri multiculturali della periferia sud-ovest di Bergamo, in particolare Grumello al Piano, Villaggio degli Sposi e Colognola. «Abbiamo cercato di costruire una rete, una piccola comunità di persone coinvolte – racconta il direttore artistico di Teatro Caverna Damiano Grasselli interpellando le parrocchie, alcune cooperative sociali, gli operatori, le reti di quartiere, l’istituto comprensivo Muzio, per allargare il più possibile la disponibilità all’ascolto reciproco».

«Memoria Presente» si sviluppa attorno a un concetto base: abitare i luoghi della cultura, coinvolgendo i residenti dei territori nella gestione e nella programmazione delle attività. «Lavoriamo su una cultura di qualità e una cultura di qualità è quella che si costruisce insieme. Invitiamo quindi diversi artisti italiani e internazionali nei nostri quartieri, perché sappiano giocare con i cittadini un ruolo di compartecipazione».

Nelle scorse settimane, Teatro Caverna ha ospitato una residenza di artisti senegalesi, che insieme ai cittadini hanno dato vita ad alcuni eventi coinvolgenti: un aperitivo di prodotti tipici, un «abbozzo» di uno spettacolo che debutterà il prossimo anno, dei momenti di condivisione.

Nel mese di marzo, invece, la poetessa di Bologna Azzurra D’Agostino ha realizzato un’opera di scrittura collettiva con i bambini di Grumello al Piano. «All’interno del quartiere c’è uno spazio che tra il 1941 e il 1945 ha svolto la funzione di campo di concentramento – spiega Grasselli – Noi siamo partiti da quest’idea di passato, da ciò che è rimasto, per lavorare sulla memoria che costruiamo oggi, nel presente. Molti dei residenti dei nostri quartieri non hanno memoria, magari sono nati in Italia, ma hanno delle famiglie provenienti da ogni parte del mondo. La poetessa Azzurra d’Agostino ha lavorato con i bambini in modo da far emergere la loro idea di memoria. Nel campo di concentramento della Grumellina, i bambini hanno raccolto degli oggetti, hanno letto le targhe e raccontato da un lato la malinconia che provavano, la sofferenza del posto in cui si sono imbattuti, dall’altro il loro vissuto personale: il ricordo di quella volta che hanno raccolto un frutto direttamente dall’albero o sono tornati dalle vacanze con il timore che in casa fossero entrati i ladri… Hanno scritto un testo che poi gli adulti del quartiere hanno messo in scena, in una sorta di passaggio di testimone tra passato, presente e futuro».

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