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AI ed editoria, «pubblicare un pezzo sarà sempre una dichiarazione di responsabilità pubblica»

Intervista. Abbiamo approfondito il legame tra l’intelligenza artificiale e il mondo della comunicazione con lo storico Paolo Barcella, co-organizzatore con l’informatico Mario Verdicchio e con Daniela Taiocchi e Marco Sangalli de L’Eco di Bergamo di un convegno sul tema che si terrà martedì 23 aprile alle 18 alla Casa del Giovane di Bergamo

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La storia non può essere letta e compresa oggi senza tener conto dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ne è convinto Paolo Barcella, docente dell’Università degli Studi di Bergamo, che sottolinea come «le tecnologie siano uno dei più grandi fattori di trasformazione e di cambiamento sociale, culturale, economico, politico». Da storico, che ha una forte sensibilità soprattutto per la storia sociale, Paolo Barcella guarda le trasformazioni tecnologiche per «la loro incredibile capacità di trasformazione sociale. Lo sviluppo della tecnologia cambia il modo in cui le persone vivono, modificando anche il rapporto con lo spazio e il tempo. La tecnologia cambia la nostra percezione di realtà: accelera e potenzia da sempre le nostre capacità. Per queste ragioni possiamo parlare di una sorta di società ad alto tasso di lavoro artificiale, che avrà forti conseguenze sul lavoro degli umani. Assisteremo sempre più a una trasformazione del lavoro che è anche una trasformazione inevitabile della società».

LA: Vivremo quindi in modo diverso?

PB: Cambierà il nostro modo essere al lavoro, di interagire con le persone e... con le macchine. Molti impieghi andranno “in soffitta” perché probabilmente non serviranno più e molte funzioni resteranno comunque nelle mani di noi umani. Dovremo riflettere molto sul tempo che dedicheremo al lavoro e anche al tempo libero. In molti si stanno preoccupando che l’intelligenza artificiale possa produrre disoccupazione e sottoccupazione. Non possiamo prevedere ora quantità e percentuali, ma, certo, dovremo ripensare al meglio il nostro tempo.

LA: La vita delle persone sembra essere sempre più permeata dalle nuove tecnologie. Anche gli aspetti più “creativi” dell’uomo – come può essere il mondo della comunicazione e del giornalismo - potranno passare dalla parte dell’intelligenza artificiale?

PB: A mio avviso non andremo verso una sostituzione generale dell’umano col tecnologico. Tanti lavori che hanno a che fare un una “produzione intellettuale” dovranno comunque fare i conti con questo mondo. Bisogna però capire fino a punto. Un conto è l’aspettativa che noi abbiamo verso l’intelligenza artificiale, un conto sarà la realtà che vivremo. E oggi non possiamo prevedere alla perfezione quante e quali mansioni verranno sostituite, anche se sicuramente ci sarà un ridimensionamento degli impieghi. Quello che resterà sarà la responsabilità delle scelte, soprattutto per chi svolge un lavoro culturale che tocca tutta una sfera dell’interpretazione, come può essere ad esempio la geopolitica per un giornalista. Il giornalista avrà sempre quell’assunzione di responsabilità rispetto alle conseguenze di ciò che scrive che nessuna macchina potrà mai togliere.

LA: Una questione di etica appunto.

PB: Le scelte hanno sempre delle ricadute sulle comunità e sulle società. Chi scrive o chi comunica si assume la responsabilità della parola che dice: pubblicare un pezzo è una dichiarazione di responsabilità pubblica. Io credo che il nostro mondo non diventerà un mondo in cui questa dimensione scomparirà. Qualcuno si dovrà sempre assumere la responsabilità di scegliere le direzioni e dire le cose, sempre. Dovremo capire fino a che punto le macchine saranno in grado di confezionare alcuni prodotti, ma gli uomini continueranno comunque a svolgere delle attività caratteristiche del loro intelletto. Per fare un esempio: l’uomo ha inventato la calcolatrice per svolgere perfettamente i calcoli, senza errori, ma non per questo noi abbiamo completamente abbandonato il nostro rapporto con il calcolo.

LA: A che punto è l’impatto dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite?

PB: Alcuni mestieri potrebbero scomparire a breve. Questa trasformazione è già inevitabilmente in corso. Non posso prevedere la direzione esatta, altrimenti sarei un mago e non uno storico, ma i cambiamenti ci sono già, anche nel nostro modo di organizzare la vita pubblica. Anche con le tecnologie precedenti è stato così. Pensiamo ad esempio alla macchina che ha avuto un forte impatto sociale, indiretto, nel secolo scorso. Nella società occidentale, la lavatrice ha infatti trasformato completamente la vita delle donne: sono spariti i lavatoi pubblici, sono sparite le lavandaie ed è sparito il fatto che le donne dovessero farsi carico di quell’obbligo, che peraltro svolgevano pubblicamente, con tutte le dinamiche sociali e di relazione del caso, occupandosene per un giorno intero a settimana. La lavatrice ha creato delle condizioni che hanno trasformato la dimensione domestica, l’intelligenza artificiale avrà un impatto ancora più grande: nulla sarà più come prima. Ce ne accorgeremo in modo consapevole tra 15 o 20 anni.

LA: Le prime discussioni sull’intelligenza artificiale sono datate negli anni Cinquanta del secolo scorso. Non parliamo quindi di una rivoluzione nata da pochi anni, ma di un’evoluzione che ha attraversato i decenni. Quali sono i miti che ruotano ancora attorno a queste tecnologie?

PB: Il tema dell’intelligenza artificiale ha da sempre favorito lo sviluppo di narrazioni fantascientifiche. A maggior ragione in questa fase di transizione. È un percorso complesso che genera appunto considerazioni a volte spropositate, come quella della totale automazione della vita. Se analizziamo però la storia, ci rendiamo conto che lo sviluppo tecnologico ha sempre portato con sé paure e riflessioni talvolta esagerate. È la paura dell’ignoto da una parte e, dall’altro, uno sguardo sul mondo che spesso è basato solo su ideologie. Si rischia così di costruire un modello fanta-scientifico che non corrisponde a verità.

Il rapporto tra lavoro e intelligenza artificiale, legato in modo particolare all’editoria, sarà approfondito nel corso di un appuntamento che si terrà martedì 23 aprile, dalle 18 alle 19.30 alla Casa del Giovane di Bergamo (Sala degli Angeli, in via Gavazzeni). L’incontro dal titolo «Intelligenza artificiale. Cronache dal futuro» vedrà la partecipazione di Colin Porlezza, docente dell’Università della Svizzera Italiana, di Marco Sangalli (L’Eco di Bergamo) e di Mario Verdicchio, docente dell’Università degli Studi di Bergamo. L’iniziativa – pensata nell’ambito delle attività di Terza missione del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere e condivisa con il tavolo di lavoro interdisciplinare sull’intelligenza artificiale, istituito dall’Università di Bergamo nel novembre 2023 e diretto dalla professoressa Maria Francesca Murru – è realizzata in collaborazione con L’Eco di Bergamo, Biblioteca «Di Vittorio» CGIL e Rete Bibliotecaria Bergamasca.

La Sala degli Angeli si trova al primo piano della Casa del Giovane e non è accessibile alle persone con disabilità. Invitiamo tuttavia chiunque desideri partecipare al convegno e abbia delle esigenze specifiche a contattarci alla mail [email protected]. Provvederemo a trovare la soluzione migliore.

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