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Come valorizzare le idee dei dipendenti

Dossier. Basta una semplice cassetta. È un’invenzione con un unico obiettivo: raccogliere idee per migliorare le condizioni e la qualità del lavoro. Come? Aprendo un canale di comunicazione facilmente accessibile tra il management e tutti i dipendenti. Ecco un dettagliato vademecum per chi volesse fare il punto della situazione nella propria azienda.

Lettura 21 min.

I suggerimenti dei dipendenti per il miglioramento continuo

La cassetta dei suggerimenti è un’invenzione che risale alla fine dell’Ottocento e che si può trovare ancora, sotto forme diverse, nelle aziende contemporanee. Fin dalle origini il suo scopo era quello di raccogliere idee per migliorare le condizioni e la qualità del lavoro, aprendo un canale di comunicazione facilmente accessibile tra il management (top o middle) e tutti i dipendenti.
Notoriamente il dispositivo non sempre funziona; anzi, secondo alcune analisi, fallisce spesso. Perché può fallire? Come si potrebbero fare circolare davvero, sistematicamente, idee e suggerimenti tra i livelli gerarchici di un’azienda? E perché, in fin dei conti, è importante porsi questo problema?
Questo articolo fornisce una sorta di vademecum per chi volesse fare il punto della situazione, tenendo conto anche di quanto richiesto dal sistema di gestione qualità Uni Eni Iso 9001:2015 e del «nuovo umanesimo» su cui ha richiamato l’attenzione, recentemente, Federmeccanica.

Sommario

Quando la cassetta dei suggerimenti non funziona
Comunicazione a doppio vincolo: un problema ricorrente
Soft skill in azione: imparare dagli errori
Suggestion box: reinventare un’invenzione ultracentenaria
Limiti noti e ricorrenti delle cassette per i suggerimenti
Da suggestion box a solution box?
Ascoltare e coinvolgere per fare qualità
Ascoltare e coinvolgere per innovare (alla ricerca di Small Data cruciali)
Altre idee sulla comunicazione a due sensi
La struttura delle reti tra persone influenzano le performance
Come mettere a punto un buon sistema di suggerimenti
Quando la cassetta dei suggerimenti non funziona

Durante un ciclo di incontri formativi sull’utopia organizzativa, rivolto a tutti i dipendenti dell’azienda metalmeccanica Record, sede in provincia di Bergamo, a un certo punto e con le dovute cautele, abbiamo iniziato una ricognizione di limiti e margini di miglioramento sul piano della comunicazione interna.
Quando si è trattato di affrontare il tema dell’ascolto attivo tra livelli gerarchici e quello per noi collegato dell’effetto Troxler (di cui abbiamo già parlato in Skille in un articolo sulla condivisione) un’operatrice del reparto montaggio ha richiamato la cassetta rossa dei suggerimenti.

Leggi qui l’articolo di Skille sulla condivisione in azienda:

 

Molti lettori avranno presente l’oggetto.
Nel nostro caso, la cassetta rossa era accompagnata da un invito chiaro: «Mettete qui i vostri consigli per migliorare il nostro lavoro e la produzione».

 

Giustamente la funzione della cassetta rossa venne associata all’effetto Troxler: in sostanza, doveva trattarsi di un dispositivo utile ad estendere il campo “visivo” della direzione su criticità e opportunità rilevate dagli operatori dei reparti, con l’obiettivo dichiarato e la promessa esplicita di prestare attenzione al coinvolgimento di tutti per il miglioramento continuo.

Il fatto è che la cassetta rossa dei suggerimenti, pur ben visibile a tutti, era ormai inutilizzata da tempo.

Chi l’aveva aperta l’ultima volta e quando? Chi aveva inserito l’ultima volta un suggerimento e quale? Nessuno sapeva rispondere a queste domande.

La successiva, inevitabile indagine, portò a scoprire che nella cassetta erano rimasti un paio di messaggi databili a parecchi mesi prima e che, più che suggerimenti, vi si trovavano delle lamentele.

Comunicazione a doppio vincolo: un rischio ricorrente

Prima di vedere come è andata a finire questa storia, e dove ha portato, è bene liberare il campo da un possibile fraintendimento. Il caso appena raccontato illustra una situazione limite, particolarmente rappresentativa proprio per l’eclatante fallimento di una cassetta dei suggerimenti nel creare ciò che avrebbe dovuto creare, cioè una buona circolazione delle informazioni tra livelli organizzativi. Sarebbe però sbagliato liquidare l’episodio con sufficienza, come se il fenomeno descritto non potesse riguardare, sotto altra forma, la maggior parte se non tutte le organizzazioni.

A ben considerare il caso della cassetta rossa tocca uno dei punti più delicati nelle aziende, quello dell’ascolto attivo e comprensivo tra livelli gerarchici.

Tecnicamente, si tratta del rischio di una comunicazione a doppio vincolo: è la cosa che accade quando A dice a B “Parla, ti sto ascoltando”, ma l’atteggiamento di A non è poi orientato all’ascolto. Banalmente, ciò può accadere quando la persona che parla viene interrotta prima della fine di un ragionamento, quando chi dovrebbe ascoltare pensa evidentemente ad altro, quando eventuali dubbi, critiche o suggerimenti (anche se richiesti) vengono scoraggiati o liquidati senza essere elaborati con la dovuta attenzione e senza spiegazioni.

È quello che accade quando A dice a B cose come: «Tengo in considerazione il tuo suggerimento», «Mi impegno a fare questa cosa per te», «Parla francamente perché io accetto le critiche» ecc., ma poi mostra di non tenere in considerazione i suggerimenti, di non impegnarsi per quel che ha promesso, di provare insofferenza per le critiche.

Riassumendo il tutto in un’immagine, una classica situazione a doppio vincolo è rappresentabile come segue: chi tiene il cartello lo mostra, invitando a leggere, ma il contenuto del cartello dice il contrario di quel che l’atteggiamento suggerisce.

La cassetta rossa di cui abbiamo raccontato, sotto gli occhi di tutti ma ignorata, generava la stessa dinamica: l’invito ben evidente nero su bianco («Date i vostri suggerimenti») era contraddetto dall’atteggiamento di tutti nei confronti della cassetta (nessuno sapeva quando erano stati messi gli ultimi suggerimenti, né se erano stati letti).

Soft skill in azione: imparare dagli errori

Dopo aver rilevato in modo così eclatante il problema, l’attività formativa non avrebbe avuto molto senso se la situazione fosse rimasta invariata. Abbiamo perciò dedicato del tempo ad affrontare alcune possibilità: la cassetta rossa andava semplicemente tolta, senza sostituirla con un altro dispositivo?
Gli eventuali suggerimenti da richiedere dovevano essere firmati, oppure consentiti anche in forma anonima?
Prima di proseguire, fermatevi un momento a pensare cosa avreste fatto…

Optando per la progettazione di una nuova versione della cassetta dei suggerimenti, gli stessi dipendenti hanno introdotto immagini e metafore molto efficaci per affrontare il compito: la nuova cassetta non andava intesa come “sfogatoio”, né come una “lampada di Aladino”, attraverso cui realizzare tutti i desideri, ma come un canale di comunicazione insieme ad altri, per fare emergere idee, difficoltà e possibilità organizzative.

La nuova cassetta dei suggerimenti, nel caso qui considerato riprogettata dagli stessi dipendenti, non è più rossa, ma trasparente, con un’immagine che richiama l’effetto Troxler, di cui tutti i dipendenti sono a conoscenza; a fianco della cassetta si trova una scheda costantemente aggiornata con informazioni sulla data d’apertura e sui suggerimenti raccolti e con le risposte motivate della direzione aziendale.

A qualche mese di distanza dall’attivazione la stragrande maggioranza dei lavoratori valuta positivamente la nuova versione della cassetta: essa ha consentito di realizzare alcuni interventi migliorativi negli spogliatoi, nella mensa e negli spazi comuni, interventi che in precedenza non sarebbero stati così rapidi, ma soprattutto ha contribuito a dare la sensazione di una rinnovata disposizione all’ascolto attivo tra livelli organizzativi.

La vecchia cassetta rossa non è stata buttata via: in quanto condensava in sé una lezione da imparare.

La vecchia cassetta è diventata una sorta di ready-made dell’apprendimento organizzativo, da conservare come promemoria del fatto che l’ascolto attivo richiede impegno e che l’enunciazione della disponibilità all’ascolto è soltanto il primo passo per un ascolto effettivo.
 

L’episodio qui raccontato è in linea con la morale di un ragionamento contenuto nel saggio Psicologia per manager di Harold J. Leavitt (trad. it. Milano 2005): essendo impossibile e controproduttivo cercare di raggiungere un equilibrio statico all’interno di un’organizzazione, la sfida consiste nel creare le condizioni per «un’organizzazione che si corregga da sé e che non accumuli rancori inespressi».

L’episodio, inoltre, è in linea con uno dei principi di lavoro del libro di Ray Dalio (I principi del successo, Milano 2018), che ha tra i testimonial nientemeno che Bill Gates. Riconosciuta l’importanza di fare emergere i problemi e i dissensi per affrontarli, il consiglio è quello di creare «un ambiente in cui chiunque abbia il diritto di capire cosa è sensato e in cui nessuno abbia il diritto di avere un’opinione negativa senza esprimerla a voce alta».
Nel nostro caso, l’opinione negativa sulla cassetta rossa dei suggerimenti è stata recepita ed è diventata il punto di partenza per una bella esperienza di apprendimento organizzativo.

Suggestion box: reinventare un’invenzione ultracentenaria

Quando furono introdotte le prime cassette per i suggerimenti? Alcuni testi citano lo Shogun Yoshimune Tokugawa, che nel 1721 fece predisporre, davanti al suo palazzo, uno spazio per ricevere appelli da parte dei cittadini comuni.
Tra i primi sistemi industriali di raccolta di suggerimenti si trova invece citato il caso di un costruttore di navi scozzese, che fin dal 1871 pensò anche ad un premio da attribuire a chi suggeriva cambiamenti utili a migliorare la qualità o l’economicità del lavoro.

Alcuni anni dopo, nel 1894, il fondatore e Ceo dell’American National Cash Register Company, John H. Patterson, giustificò il sistema di suggerimenti adottato dalla compagnia con un’espressione suggestiva: ciò che bisognava favorire era il funzionamento di un cervello dalle cento teste (hundredheaded brain), cioè del cervello collettivo attivabile attraverso il costante scambio di idee e di impressioni sui processi interni.

Benché le prime cassette dei suggerimenti fossero comparse già sul finire del XIX secolo, la loro diffusione si ebbe soprattutto nel secondo dopoguerra. Passando a un caso italiano, una cassetta dei suggerimenti fu introdotta dalla Società telefonica interregionale piemontese e lombarda (Stipel) con l’ordine di servizio n. 3 del 13 maggio 1949.
L’obiettivo generale era quello di favorire la collaborazione tra impiegati e management.

Nel dettaglio, si trattava di raccogliere suggerimenti scritti sul miglioramento dei servizi, sulla produttività, sull’uso dei materiali e delle macchine, sull’incremento dei clienti, sulla sicurezza del lavoro e così via. Gli autori dei suggerimenti accolti venivano premiati con una somma di denaro

Si è calcolato che in un decennio furono raccolti circa 2.000 suggerimenti, di cui 350 messi in atto e premiati. Il caso è interessante perché nel 1958 il management di Stipel decise di rivedere il sistema, considerando al tempo stesso l’introduzione di un modello di formazione statunitense denominato T.W.I. (Training Within Industry), che era stato promosso dal Department of War americano per supportare le industrie collegate allo sforzo bellico.

Le modifiche rendevano più complesso e strutturato il processo di scrittura e raccolta dei suggerimenti: questi non potevano più essere anonimi e dovevano seguire un canale gerarchico, mentre un’apposita Commissione d’esame doveva dare riscontri in tempi ben definiti. L’inoltro del suggerimento, inoltre, prevedeva la compilazione di tre documenti: la proposta dettagliata con gli allegati, da consegnare al proprio superiore; l’abstract della proposta, da inviare direttamente alla Commissione con il proprio nome (a fugare il timore che il superiore si attribuisse il merito delle idee migliori); una ricevuta per l’autore del suggerimento.
Il nuovo sistema funzionò bene, al punto che il numero dei suggerimenti raccolti provocò ritardi nella valutazione della Commissione, che inizialmente si era data 3 mesi di tempo per fornire feedback sulle proposte ricevute.

Limiti noti e ricorrenti delle cassette per i suggerimenti

L’analisi che portò alla modifica del sistema di suggerimenti teneva conto di alcune difficoltà tipiche, rilevate allora e tuttora rilevabili.
Può essere utile riassumerle qui e raccoglierle, assieme ad altre, in un elenco da tenere presente sia per valutare un sistema di raccolta dei suggerimenti già esistente, sia per introdurne uno ex novo:

  • Le cassette dei suggerimenti possono essere accolte con scarso entusiasmo da parte del middle management, perché il dispositivo permette a tutti i dipendenti di rivolgere suggerimenti direttamente alla direzione aziendale, scavalcando le mediazioni gerarchiche;
  • Lo scarso entusiasmo dei diretti superiori può scoraggiare l’utilizzo del sistema dei suggerimenti da parte dei dipendenti (non essendo incoraggiati in tal senso dalle figure di riferimento con cui sono a diretto e quotidiano contatto);
  • I sistemi di raccolta dei suggerimenti falliscono dove prevalgono un atteggiamento mentale soddisfatto della routine e la convinzione che non spetti ai dipendenti dare consigli per migliorare il lavoro (e per intervenire su questo piano non basta l’introduzione di una suggestion box, perché la questione riguarda in senso più profondo la cultura organizzativa);
  • Le cassette dei suggerimenti finiscono con l’essere poco o per nulla utilizzate quando nei dipendenti prevale il timore di esporsi, sia nei confronti dei superiori, sia nei confronti dei colleghi: ciò può accadere perché un suggerimento che comporti una qualche trasformazione può dispiacere a qualcuno, modificando routine che potrebbero essere comode per una parte dei colleghi;
  • La difficoltà indicata nel punto precedente si complica quando il sistema non prevede l’anonimato e quando, essendo riconoscibili gli autori dei suggerimenti, si deve decidere se premiare coloro le cui proposte sono accolte, con il rischio di suscitare frustrazioni oppure dinamiche “invidiose”: circolano in effetti giudizi diversi sull’opportunità di offrire “premi” e sulla natura dei premi da offrire (in denaro, gadget, buoni spesa ecc.);
  • Quando il sistema è anonimo, le lamentele e gli sfoghi possono finire col prevalere sui suggerimenti;
  • I dipendenti potrebbero evitare di dare suggerimenti per motivi molto diversi, difficili da rilevare e da interpretare (l’indifferenza per gli interessi dell’azienda; la difficoltà nello scrivere le proposte; la mancanza di fiducia nella disponibilità di ascolto del management aziendale; la sensazione che attraverso il sistema dei suggerimenti si possano affrontare solo questioni marginali e secondarie rispetto ai reali problemi aziendali e così via);
  • La frequenza di richieste irrealistiche o poco informate sui vincoli e sulla complessità delle difficoltà organizzative potrebbe generare frustrazione e insofferenza dei manager incaricati di prendere in considerazione le proposte e di elaborare feedback motivati;
  • D’altra parte, chi si impegna nel dare suggerimenti prova frustrazione se non riceve una risposta adeguatamente motivata e se non vede i cambiamenti auspicati.

Questo elenco non intende scoraggiare l’introduzione di un sistema di raccolta dei suggerimenti, che sia “fisico” (con una tradizionale cassetta) oppure “digitale”, attraverso software dedicati o semplici email: l’elenco ha il solo obiettivo di aiutare nel rilevare e nell’anticipare difficoltà tipiche ricorrenti, ricordando che la stessa tradizionale cassetta dei suggerimenti può essere realizzata in modi molto differenti.

Non è male, come esercizio di creatività di gruppo, coinvolgere gli stessi dipendenti (potenziali destinatari) nella progettazione di un sistema che tenga colto di tutte le precedenti difficoltà e che permetta di affrontarle al meglio.

Un fatto resta determinante: la buona gestione del processo può fare la differenza nella bontà dell’esito.

Da suggestion box a solution box?

Si è già accennato al fatto che, tra le difficoltà ricorrenti nell’utilizzo delle cassette dei suggerimenti, c’è la tendenza di alcuni ad utilizzarle come raccoglitori di lamentele, proteste e accuse, in modo non costruttivo né propositivo.

Tenendo conto di ciò Wayne Chaneski, direttore esecutivo del Center for Manufacturing Systems al New Jersey Institute of Technology, ha suggerito tempo fa di ripensare lo strumento come scatola delle soluzioni (solution box).

Non si tratterebbe soltanto di rinominare lo strumento, ma di utilizzarlo con dei vincoli precisi

In primo luogo, secondo Chaneski, le proposte senza indicazione dell’autore dovrebbero essere cestinate subito. In secondo luogo, l’autore di ogni proposta/soluzione dovrebbe impegnarsi in prima persona per il cambiamento ipotizzato, compilando suggerimenti con una premessa standard come questa: «Io vorrei provare a…».
La richiesta di partecipazione attiva dei proponenti servirebbe tra l’altro ad evitare la frustrazione dovuta al fatto che spesso alle idee non sembrano seguire le azioni.

In terzo luogo, il sistema di suggerimenti dovrebbe essere accompagnato da un chiaro e adeguato piano di ricompense, correlate ai risultati misurabili nel tempo delle soluzioni accolte e messe in atto.

Ascoltare e coinvolgere per fare qualità

La cassetta dei suggerimenti è stata tradizionalmente associata ai sistemi di gestione della qualità, in quanto dispositivo utile a sostenere il miglioramento continuo (continuous improvement) attraverso il coinvolgimento del personale.
Si tratta di un punto centrale anche per il sistema di gestione qualità UNI EN ISO 9001:2015: tra i compiti della leadership aziendale qui previsti, infatti, c’è quello di ridurre i disguidi di comunicazione tra i diversi livelli dell’organizzazione, accrescendo e supportando il desiderio del personale di partecipare e contribuire al miglioramento continuo.

Dare voce e ascolto alle persone è indispensabile per valorizzarle e coinvolgerle. I sistemi di raccolta dei suggerimenti sono teoricamente un modo per farlo, se e dove funzionano senza essere esposti ai limiti segnalati

Le considerazioni fatte fin qui sono peraltro in linea anche con altre grandi visioni e iniziative. Ad esempio, sono in sintonia con le linee del “nuovo umanesimo” su cui ha insistito recentemente Federmeccanica, sottolineando la necessità di coinvolgere i lavoratori nella vita dell’impresa, interpretandone la partecipazione e l’inclusione come condizioni importanti sia del loro benessere, sia della realizzazione di ambienti di lavoro in cui possano esprimersi al meglio la creatività e l’intelligenza collettiva (l’attivazione del “cervello dalle cento teste” di cui si parlava prima).

I motivi per procedere in questa direzione sono molti.
Esprimendo molto sinteticamente il tutto con un principio generale, si può assumere che una migliore comunicazione all’interno di un sistema complesso aumenta le chances del sistema stesso di affrontare con successo l’incertezza e di gestire il cambiamento organizzativo, sia esso innescato a livello endogeno o esogeno. Tutto ciò finisce con l’incidere anche sul fatturato, se si tiene conto dei nessi di interdipendenza segnalati da molti studi tra le performance aziendali e fattori come i seguenti:

  • motivazione dei singoli lavoratori
  • performance dei singoli
  • performance di squadra
  • competenze relazionali diffuse (soft skill)
  • buona qualità della comunicazione interna/organizzativa
  • efficacia e qualità dei processi di problem solving
  • capacità di apprendere (anche dagli errori)
  • creatività e intelligenza collettiva.

I sistemi di raccolta dei suggerimenti, in questa chiave, non devono essere considerati come la panacea, ma possono diventare una tessera importante nel puzzle di una cultura organizzativa orientata alla seria considerazione del fattore umano come leva cruciale per la qualità e le performance aziendali.

Ascoltare e coinvolgere per risparmiare e innovare (alla ricerca di Small Data cruciali)

La qualità è solo una delle dimensioni su cui il coinvolgimento dei dipendenti può avere effetti importanti. Le dimensioni dell’innovazione e del risparmio non sono da meno.

In Amazon fu un suggerimento dei dipendenti ad ispirare il programma Amazon Prime: mossa proficua, dal momento che i membri Prime tendono poi a spendere più di prima fidelizzandosi.
In British Airways nel 2011 fu lanciata una sorta di “cassetta dei suggerimenti” online, con l’obiettivo di raccogliere idee per ridurre le emissioni e il consumo di carburante. Tra le 200 idee raccolte, una suggeriva di disincrostare ed alleggerire le tubature dei bagni: si racconta che l’adozione della misura avrebbe comportato un risparmio complessivo stimato di alcune centinaia di migliaia di sterline all’anno sul consumo di carburante.
Questa e molte altre idee per “alleggerire” i pesi dei bagagli, delle scorte di bordo ecc. avrebbero portato ad un risparmio annuo di circa 20 milioni di sterline.

La lezione da trarne, secondo i protagonisti, è che i suggerimenti dei dipendenti possono portare a piccoli cambiamenti qua e là che, sommati, portano a risparmi significativi

Inoltre se ne ricava che si possono avere utili inattesi lanciando raccolte di suggerimenti “mirate” su obiettivi ben definiti.

Qualcosa di simile è accaduto all’Alamo College, con il programma “Alamo Ideas”.
In questo caso si trattava di trovare idee per ridurre i costi in un periodo di taglio dei finanziamenti.
I suggerimenti raccolti spaziavano da quelli più ovvi a quelli meno attesi: ad esempio, dall’idea di spegnere le luci dei distributori automatici nelle ore di minore utilizzo e di notte (che porta ad un risparmio stimato di circa 1.000 dollari l’anno) all’idea di ottimizzare e riorganizzare, concentrandoli in un luogo dedicato, i servizi per gli studenti non udenti.
In questo secondo caso l’amministrazione del College ha calcolato un risparmio di circa 74.000 dollari già nel primo anno. Poiché in questo caso il sistema prevede che l’autore del suggerimento riceva il 10% del risparmio stimato per il primo anno di adozione dell’idea suggerita, la dipendente che suggerì quell’idea ricevette un premio di circa 7.400 dollari.

I casi citati mettono in evidenza gli effetti positivi dell’apertura ai suggerimenti dei dipendenti. Traslando in un ambito differente un’intuizione di Martin Lindstrom (tra le top 100 persone influenti al mondo per Time), si può dire che la raccolta dei suggerimenti può aiutare il management a cogliere Small Data importanti per identificare ipotesi utili al miglioramento continuo dei processi aziendali.

Ma cosa sono gli Small Data? È sufficiente, per chiarirlo, una breve storia che coinvolse proprio Martin Lindstrom, in veste di consulente.
Tra il 2003 e il 2004 Lego attraversò un periodo di crisi e si trovò nella condizione di una “piattaforma in fiamme” (perdita del 30% del fatturato tra 2002 e 2003). La crisi veniva letta come un esito quasi inevitabile dell’introduzione dei videogames. Le nuove generazioni non erano più interessate alle costruzioni: bambini meno pazienti erano ormai esposti a ben altri stimoli rispetto al passato e forse l’epoca dei mattoncini era al tramonto. Se si inizia a vederla in questo modo, si può finire nella trappola della profezia che si autoavvera.
La prospettiva cambiò durante un’indagine etnografica condotta nelle case dei potenziali consumatori.

In particolare, come racconta a volte Lindstrom, fu un paio di vecchie scarpe Adidas a suggerire una nuova strategia a Lego: nella casa di un ragazzo tedesco di 11 anni furono notate queste vecchie scarpe, usate per fare skateboard, conservate anche se ormai inutilizzabili perché troppo consumate. Si trattava di un paio di scarpe-trofeo, da tenere in mostra come prova tangibile di una passione e di un’abilità conquistata sull’asfalto e sul cemento, prova tangibile del tempo dedicato alla tavola da skateboard.

Questo “piccolo dato” suggerì che si doveva forse puntare a proporre scatole di mattoncini meno orientate alla gratificazione istantanea e più legate alla possibilità di mostrare abilità e passioni: da qui lo sviluppo di mattoncini più piccoli e dettagliati, di oggetti più complessi da costruire (come vere e proprie sfide da affrontare) e più legati ad interessi dei possibili destinatari del prodotto.

Sostenere la circolazione delle idee e dei suggerimenti tra i livelli gerarchici di un’organizzazione è un modo per fare emergere Small Data interni, che potrebbero rivelarsi utili per innovare e per gestire meglio i cambiamenti in corso

Altre idee sulla comunicazione a due sensi

Quante situazioni del tipo “cassetta rossa” ci sono nelle aziende, forse meno evidenti ma altrettanto penalizzanti? Come farle emergere, con la dovuta delicatezza e al tempo stesso con fermezza, e come affrontarle?
Moltissimo dipende dalla capacità/disponibilità del management ad analizzare i limiti dell’ascolto effettivo/praticato rispetto all’ascolto dichiarato/auspicato/presunto, e moltissimo dipende dall’allenamento delle soft skill di tutti i dipendenti.

Chi coordina il lavoro di più persone, in particolare, dovrebbe idealmente diventare una cassetta dei suggerimenti “vivente”, cioè un punto di riferimento capace di accogliere punti di vista prima inespressi e di fornire feedback attendibili, con la dovuta cura.

Si tratta di una competenza complessa, che non si impara nelle Università e che non è scontata, ma che può essere allenata. Si tratta poi di una competenza cruciale perché, come sottolinea con forza Gareth Morgan nel suo bestseller Images (sulle metafore organizzative), uno dei compiti primari dei manager è quello di leggere le situazioni organizzative e, per leggerle bene, occorre essere capaci di restare aperti e flessibili, considerando punti di vista diversi da quelli già noti e dai propri.

Ciò vale a maggior ragione quando le situazioni da leggere coinvolgono esseri umani: non si tratta però solo di ascoltare i punti di vista altrui, ma ancor prima di aiutarli ad esprimersi, creando le condizioni favorevoli per una buona comunicazione a due sensi tra individui e livelli.

I vantaggi di una buona comunicazione a due sensi possono essere brevemente richiamati con i risultati di una ricerca su cui si sofferma Harold J. Leavitt nel suo Psicologia per manager (ETAS, Milano 2005, pp. 110 sgg.).

Considerate una figura come questa:

 

Immaginate ora il seguente compito: occorre comunicare come sono disposti i rettangoli, passando le informazioni da una persona che può vederli (A) a più persone che non possono vederli (B). Si possono considerare due modi di procedere: nel primo caso, i B non possono replicare né fare domande ad A (c’è quindi comunicazione ad un senso, da A a B); nel secondo caso, i B possono replicare e fare domande mentre A descrive ciò che vede.

Sperimentalmente si osserva che la comunicazione a un senso risulta più veloce di quella a due sensi, ma meno precisa. Con la comunicazione a due sensi A ha la possibilità di chiarirsi e correggersi, mentre i B sono più sicuri di quel che fanno, sentendo di agire meno “alla cieca”.

Certo, nella comunicazione a due sensi A è esposto alle critiche dei B, che potrebbero mettere in evidenza l’ambiguità o l’imprecisione delle informazioni ricevute.

La comunicazione a due sensi appare più lenta e disordinata, ma essa mostra di essere al tempo stesso più potente, quanto più è complesso l’insieme delle informazioni da passare. D’altra parte, la comunicazione a due sensi può funzionare in modI molto diversi, a seconda di quanto ci si è allenati nel farla.

La sua “fluidità” dipende anche da quanto sono allenate le soft skills dei soggetti coinvolti, perché essa richiede di prendere e rivedere dinamicamente le decisioni sia sul contenuto da dire, sia sull’atteggiamento da tenere nei confronti dei propri interlocutori, sia sul modo di rispondere alle osservazioni altrui.

C’è però un altro aspetto da considerare. Anche qui, come sempre, le buone intenzioni non bastano. Anche quando si è già deciso di favorire la comunicazione a due sensi, dando perciò a tutti la possibilità di parlare e fare domande, non è detto che lo scambio si verifichi davvero. Può accadere che le persone non facciano domande, come può accadere che i lavoratori di un’azienda non utilizzino il sistema di suggerimenti di cui pure dispongono.

In condizioni sperimentali si è rilevato che nell’esecuzione di un compito simile a quello precedente (disposizione dei rettangoli) i B non facevano domande ad A, pur avendone la possibilità. Perché? Ciò accade se si ha l’impressione di perdere tempo, facendo domande, oppure se si ha l’impressione di non essere ascoltati, oppure se non ci si sente coinvolti, oppure se si ha per qualche ragione paura di esporsi (paura di non riuscire a formulare bene i propri dubbi, di essere i primi ad esporre la difficoltà a comprendere le istruzioni e così via).

La struttura delle reti tra persone influenzano le performance

C’è un altro aspetto da considerare, collegato al precedente. Le stesse persone, inserite in reti diverse, si comportano in modo diverso ed hanno differenti performance.

Per chiarire in che senso si parla qui di rete è sufficiente considerare la seguente immagine:

 
 

La rete a stella, cioè quella centrata in una persona (C) che tiene i contatti con tutte le altri (le quali però non comunicano tra loro) svolge alcuni compiti in modo più veloce. Non sempre, però, e inoltre nei due casi risulta diverso il grado di coinvolgimento delle persone.

La rete a stella ha la velocità caratteristica dei sistemi a comunicazione a senso unico. Nella rete a cerchio l’organizzazione non è altrettanto chiara e si è esposti a maggiori “perdite di tempo”, ma i membri della rete hanno il vantaggio di avere più “punti di controllo” e quindi possono più facilmente localizzare e correggere gli errori. I componenti della rete a cerchio dipendono meno da una sola persona e risultano più pronti ad assumersi responsabilità.

Il già citato Harold J. Leavitt invita a tenere presente la sempre possibile discrepanza tra rete ufficiale e rete reale. Può prevalere la comunicazione a senso unico anche dove l’intenzione sarebbe quella di promuovere la comunicazione a due sensi. In effetti, tra le critiche mosse alle cassette dei suggerimenti c’è anche quella di non riuscire ad andare oltre la comunicazione a senso unico.

Nel caso della comunicazione tra persone non mediata da cassette dei suggerimenti, in particolare, si dovranno tenere presenti le seguenti barriere alla comunicazione a due sensi:

  • La barriera di posizione tra superiore e subordinato,
  • Le barriere di ostilità personale (non darò a qualcuno la soddisfazione di ammettere che ha avuto una buona idea e non lascerò via libera per realizzarla…),
  • La barriera di tipo parlamentare (non parlo se non ho un’autorizzazione a farlo e se non viene formalmente richiesto come un obbligo)

Secondo Leavitt, tuttavia, la più grande barriera alla comunicazione a due sensi nelle organizzazioni è la resistenza a parlare delle barriere e ad ammetterne l’esistenza. Iniziare a parlarne è possibile, diffondendo le conoscenze e allenando le abilità che concorrono alla formazione delle soft skills.

Come mettere a punto un buon sistema di suggerimenti

Tornando al punto di partenza, cioè alle cassette dei suggerimenti, elenchiamo alcuni punti da tenere presenti per aumentare le chance che funzionino bene e per valutarne l’efficacia. I punti considerati possono funzionare come chiavi di lettura anche per altri sistema di raccolta e condivisione di idee tra i livelli gerarchici di un’azienda.

Aspetti da considerare:

  • ricordare il principio per cui le buone idee possono arrivare da chiunque, a qualsiasi livello, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento;
  • coinvolgimento del top/senior/middle management nel sostenere l’iniziativa;
  • può essere utile individuare figure che facciano da stimolo e da supporto ai dipendenti, incoraggiandoli a fare proposte;
  • promuovere l’iniziativa con costanza;
  • evidenziare l’esistenza e l’importanza attribuita al sistema dei suggerimenti con i neoassunti;
  • discutere ed eventualmente riprogettare il sistema con i suggerimenti dei dipendenti;
  • sperimentare operazioni di raccolta di suggerimenti “mirati” su questioni definite (es. sulle postazioni di lavoro, sulla mensa, su eventuali spazi di pausa o ricreativi ecc.);
  • ringraziare chi contribuisce e fornire feedback rapidi e motivati;
  • quando un suggerimento è stato adottato, fornire aggiornamenti periodici sui suoi effetti (se si tratta di effetti variabili nel tempo);
  • dedicare spazi e tempi appositi per approfondire suggerimenti promettenti ma non ancora abbastanza definiti;
  • considerare l’opportunità di un sistema di incentivi o di riconoscimenti per chi contribuisce con suggerimenti che poi vengono tradotti in azioni (in generale o in casi e con obiettivi definiti). Nel caso di premi in denaro, si dovrà tenere presente che ciò comporta di solito la predisposizione di un sistema di valutazione attendibile del vantaggio economico ottenuto ex post grazie al suggerimento in questione (nelle aziende americane in cui si adotta un sistema di ricompensa variabile tra il 10% e il 20% dei risparmi consentiti dai suggerimenti accolti, l’analisi preventiva costi/benefici può ritardare il feedback);
  • promuovere una cultura organizzativa in cui la partecipazione dei dipendenti, la creatività di gruppo e l’allenamento delle soft skills siano sostenuti e valorizzati; in altri termini, fare dell’azienda un ambiente favorevole allo scambio e all’ascolto delle idee, mostrando effettivamente l’intenzione di “mettere al centro” dell’organizzazione le persone che ci lavorano e il loro benessere;
  • la formazione dedicata al lavoro di squadra e alle soft skills (comunicazione, collaborazione, ascolto attivo, gestione dei conflitti, creatività di gruppo…) viene citata in letteratura tra i fattori che sostengono e migliorano nel tempo il funzionamento dei sistemi di raccolta dei suggerimenti;
  • considerare l’opportunità di fornire modelli per la proposta di suggerimenti (non pesanti, ma con un minimo di “guida” alla compilazione, per scoraggiare l’uso improprio della cassetta: ad esempio, chiedendo cosa ha ispirato il suggerimento, perché si pensa che potrebbe funzionare ecc.). C’è da tenere presente che l’eccessiva strutturazione delle richieste potrebbe scoraggiare la compilazione.

Ecco un modello semplice:

 

Volendo essere ancora più sintetici, dalla letteratura sui sistemi di raccolta dei suggerimenti si ricavano le seguenti sei condizioni decisive per il loro successo:

  • Facilità d’uso (si impara facilmente ad usarlo, si ricorda che c’è ed è a disposizione di tutti)
  • Supporto dei superiori (e di eventuali supervisori)
  • Supporto/sostegno nell’uso del sistema tra colleghi
  • Chiarezza dello scopo
  • Riconoscimenti appropriati (da intendersi non soltanto come premi in denaro)
  • Feedback tempestivi, pertinenti e ben motivati sulle proposte accolte e non accolte

Giunti a questo punto, è forse il caso di notare un’ultima cosa.
Tutto ciò di cui abbiamo scritto fin qui, con tutte le cautele e le complicazioni che abbiamo evidenziato, ha a che fare con una questione data spesso per scontata, ma che evidentemente scontata non è: la capacità e l’apertura a comunicare di persone che, con differenti ruoli e responsabilità, si trovano comunque, metaforicamente, a navigare “nella stessa barca”.

Anche per questo è importante preoccuparsi delle soft skills: perché, al di là dell’esistenza o meno di un buon sistema per raccogliere i suggerimenti dei dipendenti sui possibili miglioramenti organizzativi, la qualità e la ricchezza della comunicazione tra le persone può avere esiti rilevanti sulle performance di un’azienda e sulla sua capacità di cambiare e di innovare.

Checklist

Prova a verificare quanto la tua azienda è predisposta a raccogliere suggerimenti.

  1. Come viene supportato e incoraggiato il desiderio del personale a contribuire al miglioramento continuo in azienda?

  2. Perché esiste/non esiste un sistema di raccolta dei suggerimenti in azienda? Come funziona?

  3. Quali/quanti dipendenti sono soddisfatti del sistema (o della sua assenza)?

  4. Sono mai state tentate iniziative di raccolta di suggerimenti “mirati” su obiettivi ben definiti (miglioramento qualità, riduzione costi ecc.)? Può essere utile tentarle considerando alcune sfide in corso?

  5. Esistono in azienda persone che potrebbero essere considerate come “cassette dei suggerimenti viventi”, per la loro capacità di ascoltare gli altri e di creare connessioni positive tra i diversi livelli gerarchici dell’organizzazione.

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