Guai a chiamarlo romanzo «distopico» o «apocalittico». «Diluvio» (Einaudi, euro 26), nelle
L’emergenza climatica diventa un romanzo come «Guerra e pace»
In «Diluvio» Stephen Markley racconta, in un testo narrativo ponderoso, le conseguenze del riscaldamento globale dovuto alle attività umane. E chi prova a lottare per contrastarlo.
intenzioni dell’autore, lo statunitense Stephen Markley, è un romanzo «realistico su ciò che vivremo, che in grandissima parte è già qui, e molto in anticipo sul programma». Anche solo con la sua mole “monstre”, ponderoso-torrentizia (1304 pagine), questo secondo romanzo dell’autore di «Ohio» sembra smentire, o correggere, la vulgata secondo cui la letteratura poco o nulla si occupi della crisi, emergenza, cambiamento climatico. Che invece permea poderosamente, dall’inizio alla fine, questo classico contemporaneo, delle dimensioni, quasi, di un nuovo «Guerra e pace» (evocato dallo stesso Markley).
Gli idrati di metano
La campata cronologica dei cinque libri in cui si articola il romanzo va dal 2013 al 2039. Si comincia con un assegnista di ricerca dell’Istituto oceanografico Scripps (La Jolla, California), che studia le transizioni di fase degli idrati di metano sul fondo degli oceani. Una ricerca non proprio fine a se stessa, da topo di laboratorio. Tony Pietrus realizza che, nella storia della Terra, gli idrati si sono sciolti per due volte, a fine Permiano e nel Paleocene-Eocene, e per due volte ci sono state estinzioni catastrofiche. Che cosa ha provocato lo scioglimento degli idrati? Un anomalo riscaldamento del pianeta, che aveva causato il rilascio di metano, che aveva aumentato i livelli del gas e della CO2 nell’atmosfera, alzando ancor più la temperatura. Ora che il riscaldamento, osserva Tony, non è provocato da fattori naturali, ma da un «piccolo esperimento scientifico dell’umanità», cioè «pompare nell’atmosfera tutto il carbonio che trova» a una velocità dieci volte superiore rispetto al Global Warming preistorico, o Massimo termico del Paleocene-Eocene (Petm), si tratta di capire in quanto tempo gli idrati avrebbero potuto sciogliersi.

Dalle ricerche monitrici di Tony, il libro si snoda attraverso «anni della pioggia e del tuono», uragani atlantici sempre più spaventosi, coste devastate ed erose, città mediterranee ridotte a rovine come quelle dei Romani, penuria di cibo, migrazioni inarrestabili, estremisti che ammazzano «impunemente», «aspiranti dittatori che promettono bagni di sangue». Sino ad una testimonianza di realismo e speranza, la lettera di una madre che immagina il futuro di sua figlia. Speranza che possa conoscere un mondo che non sia questa «emergenza claustrofobica», paura che resti imprigionata in questa «bara di cui tutti ora inchiodiamo con forza il coperchio», carica di risentimento verso le generazioni che hanno assassinato il pianeta per qualche «decennio di stravizi».
Scienze dure e racconto
Difficile negare, a Markley, la capacità, o sforzo, di fare, di idee, posizioni, problemi, vita vissuta, persone in carne ed ossa, dialoghi e situazioni di un quotidiano credibile. Discorso non dissimile per le molte incursioni nelle scienze dure, necessarie per dare consistenza al racconto di un’emergenza fatta di chimica, fisica, biologia. Scienze dure che diventano narrazione, vissuto, pensiero dei personaggi. Tra loro, l’attivista Kate Morris, dimostrazione vivente che, nonostante davanti alla crisi climatica «ci sentiamo tutti impotenti», alcuni «ci hanno provato», hanno lottato «come dannati», fino a perderci la vita.
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