Gli episodi di caccia di frodo nei territori delle province di Bergamo e di Brescia sono numerosi. Lo sono stati l’anno scorso così come negli anni precedenti, soprattutto nelle zone delle Prealpi dove si trovano valichi montani, punti di passaggio delle rotte migratorie delle specie di avifauna che dalla Scandinavia compiono un lungo viaggio per arrivare a svernare in Africa. Tali specie appartengono, per lo più, all’ordine dei passeriformi e ne comprendono anche alcune che sono oggetto di particolare protezione internazionale.
L’emergenza locale della caccia di frodo
L’operazione «Pettirosso» dei carabinieri forestali rinviene duemila uccelli di specie non cacciabili e protette, 800 vivi e 1.200 morti
La caccia illegale di uccelli di specie protette, infatti, è ancora molto diffusa. Anche se il bracconaggio avviene tutto l’anno, i casi più evidenti emergono a ottobre e a novembre, quando controlli specifici sono eseguiti da parte della Soarda, la Sezione operativa antibracconaggio e reati in danno agli animali dei carabinieri forestali, con l’operazione denominata «Pettirosso» ed effettuata nelle valli bergamasche e bresciane. L’ultima campagna di controlli si è conclusa nei primi giorni del dicembre scorso. Vi hanno partecipato, oltre ai Gruppi carabinieri forestali di Brescia, Bergamo e Mantova, anche il Nucleo carabinieri Cites di Bergamo (Cites è l’acronimo di Convention on International Trade in Endangered Species of wild fauna and flora, Convenzione sul commercio internazionale di specie della fauna e della flora in via d’estinzione). Il bilancio dell’operazione «Pettirosso» conferma la presenza di situazioni illegali. All’azione hanno collaborato le guardie volontarie delle associazioni ambientaliste Cabs (Committee Against Bird Slaughter, Comitato contro la predazione degli uccelli), Lipu, Legambiente, Wwf e Lac (Lega per l’abolizione della caccia). Utili anche le segnalazioni dei cittadini.
Affidati ai Centri di recupero
I dati dell’ultima operazione sono i seguenti: cento persone denunciate, sequestrati 1.182 dispositivi di cattura illegale (reti, archetti, lacci, trappole di vario tipo, richiami acustici, eccetera) e oltre duemila uccelli di specie non cacciabili e particolarmente protette da convenzioni internazionali, dei quali 800 esemplari vivi e 1.200 morti, tutti catturati o abbattuti in modo illecito. Gli esemplari vivi e morti sequestrati sono stati affidati ai Centri di recupero animali selvatici, i Cras, tra i quali il più coinvolto, perché è il più attrezzato per la custodia giudiziaria, è stato quello del Wwf Valpredina di Cenate Sopra. Al Cras bergamasco sono stati consegnati, tra ottobre e novembre, 640 esemplari in seguito ai sequestri effettuati nel corso dell’operazione «Pettirosso».

Secondo le stime della Lipu, ogni anno in Italia sono uccisi illegalmente 5 milioni di uccelli a causa del bracconaggio di specie come tordi, pettirossi, fringuelli, scriccioli, peppole, pispole, frosoni, passere scopaiole: tali specie sono utilizzate anche per la preparazione di piatti della tradizione lombarda come la polenta e «osei» e lo spiedo bresciano. I cacciatori di frodo non disdegnano nemmeno cardellini, ciuffolotti, fanelli, codirossi e sparano, inoltre, anche a rapaci come gufi, poiane, falchi e nibbi, specie considerate nocive secondo i pregiudizi propri di una mentalità superata. Tra i mezzi illegali utilizzati dai bracconieri, ci sono i famigerati archetti costituiti da un piccolo cappio sotteso da un arco in acciaio o legno, che scatta imprigionando le zampe dell’uccellino, solitamente il pettirosso, che rimane per ore appeso e agonizzante con le zampe fratturate. Tagliole in acciaio, dette «sepì», sono usate per i piccoli uccelli, le più grandi e potenti per i mammiferi: queste ultime scattano imprigionando le zampe di tassi, volpi, ghiri, scoiattoli, moscardini, talvolta attratti da esche alimentari; anche gufi comuni, civette e allocchi e non di rado pure cani e gatti rischiano di restare prigionieri. Le reti a tramaglio, quasi invisibili, vengono tese tra le fronde degli alberi, dove qualsiasi animale si trovi a passare rimane impigliato per ore ad agonizzare. I lacci formati da cavi in acciaio nascosti alla base di cespugli o passaggi obbligati per la fauna intrappolano lepri, volpi e tassi; posizionati più in alto, catturano caprioli e cervi.
L’ospedale degli animali
Il Cras di Valpredina è una struttura realizzata dal Wwf Italia con lo scopo di recuperare animali selvatici feriti o in difficoltà per curarli e rimetterli in libertà. Svolge questo servizio in convenzione con Regione Lombardia (è obbligatorio l’appuntamento telefonico o tramite chat whatsapp prima di trasportare fauna ferita o in difficoltà: 035 956140). L’ospedale degli animali selvatici non si ferma mai. I dati sull’attività svolta nel 2024 sono riportati nella relazione del responsabile del Centro, Matteo Mauri. L’anno scorso il 34% degli esemplari è stato consegnato da privati, il 30% dalle polizie provinciali di Bergamo e di Brescia, il 25% dai carabinieri forestali. In tutto, 3.409 esemplari di specie diverse, un numero superato solo una volta in dieci anni: erano stati 3.457 nel 2022. Il 55,93% degli esemplari provenivano dalla Bergamasca. L’impegno del Cras è stato straordinario: ha accolto, eseguito operazioni chirurgiche quando necessarie, gestito le degenze e le riabilitazioni: è stato ripagato dalla soddisfazione di osservare il ritorno in libertà nella natura di 1.576 esemplari. I periodi di maggior lavoro sono stati tra maggio e giugno con 1.886 consegne in coincidenza con il periodo riproduttivo della fauna selvatica e il ritrovamento di esemplari orfani. In generale, sono stati consegnati al Cras 2.727 uccelli (80%) e 679 mammiferi (20%): di questi 249 sono chirotteri di diverse specie, accolti dallo «Sportello pipistrelli» regionale.
Contribuiti alla ricerca
Grazie agli animali accolti al Cras sono in corso importanti ricerche scientifiche con progetti sostenuti da Ue, Fondazione Airc e ministero della Salute, mirati allo studio di diverse malattie e del sistema immunitario con l’Unità di ricerca «Age Related Diseases» dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano; con Ats Bergamo e Istituto Zooprofilattico per ricerche virologiche su chirotteri e ricci e nella sorveglianza dell’influenza aviaria e del virus West Nile. Degli uccelli consegnati la maggior parte (1.691, 62%) sono stati i passeriformi. Dei 679 mammiferi, oltre ai chirotteri, 220 sono ricci e 210 appartengono ad altre specie, tra cui caprioli, volpi, tassi, cervi, ghiri e scoiattoli.
Il piombo contamina i rapaci
Un’aquila reale recuperata a Temù (Brescia) è stata consegnata a febbraio 2024 al Cras Wwf Valpredina, dov’è deceduta per avvelenamento da piombo. Negli anni sono stati ricoverati al Cras centinaia di rapaci con evidenti sintomi, confermati da esami tossicologici, di saturnismo, la grave malattia cronica dovuta all’esposizione al piombo. Gli studi sulle quattro specie principali di rapaci, aquile reali, grifoni, avvoltoi monaci e gipeti, rivelano che in Lombardia, dal 2004 al 2023, 31 dei 45 grandi rapaci ritrovati morti o feriti era contaminato da piombo. Utilizzato per la fabbricazione di munizioni da caccia, è pericoloso se assorbito per ingestione, inalazione o contatto prolungato. Altamente tossico per pesci, uccelli e mammiferi, anche per l’uomo che si nutre della selvaggina abbattuta, dà luogo a un avvelenamento che comporta una serie di disfunzioni fino alla morte. Ogni anno nell’Ue sono disperse nell’ambiente tra le 21mila e le 27mila tonnellate di piombo. Procedura di infrazione per l’Italia per il recepimento non corretto del Reg. Ue n. 57 del 2021 che vieta le munizioni di piombo nelle aree umide. Nella Bergamasca Parco dei Colli e Oasi Wwf di Valpredina le hanno vietate nella caccia di selezione al cinghiale.
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