Non solo in Lombardia: in tutto il mondo i ghiacciai stanno fondendo più rapidamente che mai, contribuendo a rendere il ciclo dell’acqua più imprevedibile ed estremo, causando inondazioni, siccità, frane e innalzamento del livello del mare e danni agli ecosistemi. Per questi motivi l’Unesco ha proclamato il 2025 come l’Anno internazionale della conservazione dei ghiacciai. Quest’anno più che mai si sta lavorando per ribadire come proprio le Alpi siano il cuore idrico del continente europeo e uno dei laboratori naturali più evidenti per osservare gli effetti del riscaldamento globale. I ghiacciai alpini sono definiti le “torri d’acqua” d’Europa. Questo è evidente nei bacini del Po, del Rodano, del Reno e del Danubio dove in estate la fusione glaciale può contribuire, secondo un articolo pubblicato su «Nature» nel 2019, fino al 40% della portata idrica. Tuttavia, la criosfera alpina è ormai prossima al momento in cui la portata annuale derivante dallo scioglimento glaciale raggiungerà il suo massimo storico, per poi declinare a causa della riduzione irreversibile della massa di ghiaccio. Secondo il rapporto State of the cryosphere 2024, oltre il 60% dei ghiacciai delle Alpi ha già superato questo punto critico. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, i fiumi italiani sono meno influenzati dai ghiacciai alpini, ma la loro comunque stretta correlazione si evidenzia durante gli anni siccitosi, per esempio il 2022: durante quell’estate, fino all’80% dell’acqua presente nell’Adda veniva dalla fusione glaciale. Sulle Alpi italiane sono oltre 900 i ghiacciai censiti, con una superficie complessiva di 369 km². Negli ultimi cento anni questa superficie si è ridotta di più della metà. Più del 90% dei ghiacciai italiani ha oggi un’estensione inferiore a 0,5 km², una soglia che li rende estremamente vulnerabili. A livello europeo, i dati di Copernicus Climate change confermano che negli ultimi anni si è registrata una perdita record di massa glaciale su scala continentale. La Svizzera, in particolare, ha visto svanire in due anni oltre il 10% del proprio volume glaciale. A livello globale, gli esempi negativi si moltiplicano. Studi recenti del centro internazionale ICIMOD indicano che i ghiacciai della regione dell’Hindu Kush–Himalaya potrebbero vedere scomparire il 70-80% del volume di ghiaccio entro il 2100. Anche limitando il riscaldamento globale a +1,5 °C (come in teoria previsto dagli Accordi di Parigi), si prevede comunque una perdita del 30%. Un bilancio generale? Ad oggi solo il 10% della superficie terrestre è ancora ricoperta dai ghiacciai e, con l’innalzamento delle temperature, i ghiacciai fondono troppo velocemente rispetto al tempo necessario per riformarsi.
Per l’Europa le Alpi sono e devono restare il cuore idrico
La fusione glaciale in estate contribuisce fino al 40% ai bacini del Po, del Rodano, del Reno e del Danubio. L’Unesco ha proclamato il 2025 come l’Anno internazionale della conservazione dei ghiacciai.
Proteggiamo i preziosi bacini idrografici alpini
L’adattamento e il contrasto alla crisi della criosfera richiedono risposte coordinate su più livelli. A scala locale, nazionale e internazionale. In Italia non mancano le sperimentazioni: il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta stanno investendo in bacini di accumulo, reti irrigue ad alta efficienza e sistemi di monitoraggio in tempo reale per ottimizzare l’uso della risorsa idrica.

Sul piano nazionale, l’Italia ha aggiornato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), includendo la criosfera tra le priorità d’intervento. Un’iniziativa simbolo della movimentazione su più livelli è il «Manifesto Europeo dei ghiacciai e delle risorse connesse» che Legambiente ha promosso insieme a Cai (Club Alpino Italiano), Cipra Italia (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi), Fondazione glaciologica italiana, che è stato sottoscritto da oltre 80 firmatari tra associazioni europee, enti ricerca, docenti universitari. Un primo tentativo onnicomprensivo di strutturare un piano d’intervento coordinato su basi comuni.
A livello europeo, la Direttiva Quadro sulle acque (2000/60/CE) e il «Green deal» promuovono una gestione integrata e adattativa dei bacini idrografici alpini. Programmi transnazionali come «Interreg alpine space» e i progetti «Life» (uno dei programmi storici della Commissione Europea e principale strumento finanziario dedicato all’ambiente e all’azione per il clima) sono altri esempi illustri a sostegno di iniziative pilota basate su infrastrutture verdi, tutela del paesaggio e partecipazione delle comunità locali.Le possibilità sono ampie: bisogna solo metterle in pratica.
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