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Il motorino non piace più

Esperienze formative più lunghe e articolate. E l’approccio alla motorizzazione è cambiato. L’auto diventa un bene sempre più esclusivo.

«Oggi il motorino non interessa più: questo ritarda l’intero desiderio di motorizzazione», commenta Giuseppe Pedeliento, docente di economia e gestione delle imprese dell’Università di Bergamo. «Viene meno, insomma, un percorso che ha segnato profondamente la generazione dei quarantenni: a diciotto anni la prima auto, a ventuno la moto di grossa cilindrata. Oggi quel bisogno di indipendenza che per molti coincideva con l’inizio della vita adulta si affievolisce ed è posticipato».

Un altro aspetto che incide profondamente è il cambiamento nelle tappe che un tempo scandivano l’ingresso nell’età adulta. «Per molte generazioni, lo studio, l’acquisto dell’auto e della casa erano passaggi fondamentali di quello che potremmo definire il “sogno italiano”, un percorso che culminava con la costruzione di una famiglia – aggiunge Pedeliento –. Oggi, invece, ai giovani si chiede di investire tempo ed energie in esperienze formative più lunghe e articolate, spesso anche all’estero. Di conseguenza, quelle tappe che per i loro genitori erano irrinunciabili vengono rimandate, se non addirittura ridimensionate. Tra queste, l’acquisto dell’auto è una delle prime a slittare».

Accanto ai cambiamenti che riguardano le generazioni, ci sono altri aspetti legati, invece, alla struttura di un modello produttivo, quello dell’automotive, caratterizzato da cortocircuiti: «Non mi sorprende che i giovani non acquistino più auto – specifica Pedeliento –: l’automotive è l’industria più importante a livello globale, ma ha un modello economico che si regge su grandi volumi. Per essere sostenibile e permettere alla classe media di acquistare un’auto, ha bisogno di una domanda costante e molto elevata. Tuttavia, quando la domanda cala, la produzione non può fermarsi immediatamente: gli impianti devono, comunque, funzionare. Questo porta a una situazione paradossale, in cui si continua a produrre ma si vende meno. Per mantenere i margini, allora, le auto vengono vendute a un prezzo più alto». In passato, le case automobilistiche hanno cercato di reagire accorpandosi e saturando gli impianti produttivi, «ma quando il calo della domanda è strutturale, come in questo caso, l’unica strategia percorribile diventa l’aumento dei prezzi, rendendo l’auto un bene sempre più esclusivo», conclude Pedeliento.

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