Destreggiarsi tra i venti del cambiamento e dell’incertezza è stato lo sforzo che si è cercato di fare nella mattinata di lunedì 10 novembre in Sacbo, a Grassobbio. Nella sala auditorium, intitolata a Ilario Testa, si è svolto l’ultimo comitato dell’anno, il canonico incontro con gli imprenditori sostenitori del progetto eco.bergamo.
Imprese tra cambiamento, responsabilità e sostenibilità
In Sacbo si è acceso il confronto sui futuri scenari politico-economici: le imprese sono chiamate a cogliere i segnali del cambiamento
Oltre una trentina gli imprenditori che hanno partecipato all’incontro moderato dai nostri autori, Daniela Taiocchi, Federica Fumagalli e Brian Arnoldi. Dopo aver ricordato l’importante meeting sul clima, la Cop30, che si sta svolgendo in questi giorni in Brasile ha aperto la discussione il politologo e docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica, Vittorio Emanuele Parsi.
A fare gli onori di casa Paolo Deforza, Chief sustainability officer di Sacbo: «Siamo entusiasti di far parte di questo Comitato e crediamo che la condivisione delle best practice e la creazione di una rete solida e sinergica tra le aziende del territorio siano cruciali per pianificare un futuro realmente sostenibile. Vogliamo ribadire la nostra visione: nel sistema aeroportuale in generale e per Milan Bergamo Airport in particolare, la sostenibilità rappresenta una vera e propria strategia di business che non si limita solo al tema Ambientale, ma anche alla dimensione sociale e di governance, e costituisce fermo riferimento per il Gruppo Sacbo».
Resistono le buone pratiche che si sposano con il risparmio
Guerre, dazi e incertezze politiche rischiano di mettere a repentaglio gli sforzi della transizione ecologica? Le risposte delle aziende che sostengono eco.bergamo dimostrano il contrario e confermano l’impegno verso gli obiettivi di sostenibilità. La risposta si articola nel racconto di soluzioni concrete: «Proponiamo impianti fotovoltaici, soluzioni di riscaldamento ad alta efficienza e forniture da fonti rinnovabili – commenta il vice presidente di Metano Nord, Ruggero Barzaghi –, per aiutare famiglie e imprese a ridurre i consumi e di conseguenza l’impatto ambientale. La sfida principale è coniugare convenienza e responsabilità, mantenendo alta la fiducia dei clienti e la competitività sul mercato». «Crediamo nel progresso, con le sue accelerazioni e frenate, proprio per questo non fermiamo lo sviluppo dei processi green e forniamo strumenti al passo con le innovazioni», dichiara Giuseppe Forcella, dirigente in Lovato Electric, azienda che esporta in oltre cinquanta paesi del mondo. Sulle virate della politica si cerca «di essere veloci al cambiamento, di coglierne messaggi e segnali – commenta il fondatore di Ing, Gabriele Ghilardi –. Noi siamo a servizio della transizione ecologica e facciamo il massimo per promuovere ciò in cui crediamo». Comprendere e accompagnare le imprese in fasi di instabilità diventa dunque cruciale: «La nostra azione consiste nel declinare ogni nuovo processo in termini di sostenibilità affinché la piccola impresa, nostra associata, riesca a cavalcarlo anziché subirlo», commenta il responsabile di Innovazione e competitività di Confartigianato Imprese Bergamo, Roberto Sottocornola. «L’azienda del trasporto pubblico bergamasco è un operatore della transizione ecologica e un attore fondamentale nei processi di rigenerazione – dichiara il presidente di Teb Filippo Simonetti –. Il messaggio della modalità elettrica e collettiva, si traduce non solo nella riduzione del trasporto privato ma anche nel rilancio di un patto di cittadinanza e di comunità organizzata attraverso un sistema di trasporto pubblico puntuale, preciso e pulito. Ripensare la mobilità privata non è un percorso che avviene dall’oggi al domani, e quindi se vogliamo operare in uno scenario duraturo dobbiamo ragionare a mediolungo periodo».
(Foto di Susanna Alborghetti)
Decarbonizzare è invece la parola chiave per aziende che possono diventare attori chiave della transizione energetica: «Da sempre ci occupiamo di ambiente – dichiara Riccaldo Calvi di Siad, responsabile dello Sviluppo applicazioni e nuove tecnologie – con i nostri gas cerchiamo di mitigare effetti negativi delle applicazioni. Siamo attivi anche nel recupero della CO₂ e siamo in grado di catturala, ma cosa farne una volta stoccata rimane ancora un problema aperto: sottoterra o nei biocombustibili?». «La transizione energetica va avanti – rassicura Viviana Grigolo, Marketing communication manager di TenarisDalmine -: lavoriamo su due fronti, su quello dei processi cercando di adottare pratiche che riducano gli impatti e dall’altro portiamo avanti gli sviluppi di prodotto. Abbiamo costruito un solido portfolio attorno all’idrogeno (stoccaggio e trasporto). Proseguiamo anche la ricerca e i test su linee di trasporto della CO₂ e dei componenti utilizzati nei pozzi geotermici». A condizionare le aziende talvolta è anche l’incertezza normativa: «Rea Dalmine potrebbe nel 2028-2030 essere ricompresa nell’ambito Ets – riferisce il chairman, Marco Sperandio -. Dall’anno scorso monitoriamo la CO₂ biogenica e non biogenica. E studiamo metodi di cattura per valutare futuri investimenti». «Ci troviamo in un segmento di mercato, quello degli imballaggi, centrale per la sostenibilità – dichiara la marketing director di Grifal Spa, Giulia Gritti –: contribuiamo con tecnologie e prodotti innovativi capaci di rendere gli imballaggi più ecologici. È vero che alcune tendenze politiche hanno rallentato gli impegni, ma è ineluttabile andare avanti a incentivare la sostenibilità e noi siamo tra le imprese che hanno avviato questa rivoluzione».
Materie prime critiche: Pontenossa punta sull’economia circolare
La crescente incertezza globale di cui ha parlato il professor Parsi al Comitato di eco.bergamo
si riflette nella quotidianità delle aziende. L’approvvigionamento delle materie prime, in particolare, è stato messo a rischio dall’aumento dei conflitti: la guerra tra Russia e Ucraina ha causato l’aumento dei prezzi di diversi materiali, mentre le tensioni in Medio Oriente hanno reso più concreta la minaccia di uno stop dei commerci globali. Una soluzione al problema delle catene di approvvigionamento potrebbe però arrivare dall’economia circolare. In bergamasca, la Pontenossa Spa rappresenta un esempio di rilevanza nazionale per il recupero dello zinco, annoverato tra o materiali critici degli Stati Uniti e attenzionato anche dalle autorità europee. L’azienda della Val Seriana è uno dei due impianti italiani che si occupano del riciclo delle polveri di acciaieria - l’altro si trova in Sardegna - assorbendo circa il 50% dell’intera produzione nazionale. «Le fonderie d’acciaio ci forniscono le polveri, uno scarto del loro processo. Noi usiamo il processo Waelz per recuperare, sotto forma di ossido, lo zinco contenuto, che a sua volta viene utilizzato dalle fonderie di zinco per produrre lingotti di metallo. Questi vengono utilizzati nei processi di zincatura dell’acciaio», spiega Claudio Cerioli, Ad di Pontenossa, che aggiunge: «Ci inseriamo in un processo davvero circolare, perché le lamiere zincate che arrivano a fine vita ritornano alle acciaierie a forno elettrico e, una volta fuse, generano nuovamente le polveri ricche di zinco che valorizziamo nel nostro impianto». Questo circolo virtuoso è garantito dall’elevata efficienza del processo Waelz, che permette a Pontenossa di recuperare il 90% dello zinco contenuto nelle polveri di acciaieria. «Le acciaierie a forno elettrico trattano rottami d’acciaio, sono più sostenibili degli altiforni che, invece, producono acciaio dal minerale di ferro», precisa Cerioli. L’attenzione alla circolarità non finisce qui, però: il processo di estrazione dello zinco genera dei sottoprodotti, composti da calce, ferro e, in quantità molto basse, cadmio e molibdeno. «Per ora non riusciamo a recuperare questi materiali, nessuno nel nostro settore ha le tecnologie per farlo», riporta Cerioli, che conclude: «Ma ci stiamo impegnando nella ricerca di nuove soluzioni: la migliore, al momento, è quella di far maturare questo residuo e usarlo in edilizia e nella costruzione delle strade al posto di aggregati naturali come sabbia e ghiaia».
Heidelberg, cemento e decarbonizzazione è un «matrimonio» possibile
La produzione di cemento è responsabile fino al 7% delle emissioni globali di CO₂. La sfida
per il comparto edilizio si gioca sulla riduzione o eliminazione della CO₂ investendo in tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs). «Per Heidelberg Materials (la ex Italcementi) la vera sfida a lungo periodo è quella della decarbonizzazione, cioè ridurre le emissioni di CO₂ nei nostri processi produttivi – commenta Alberto Ghisalberti, Senior communication specialist di Heidelberg Materials Italia –. È un percorso che richiede notevoli investimenti economici e in nuove tecnologie. In questa direzione, il nostro gruppo ha appena inaugurato una cementeria a Brevik, in Norvegia. Si tratta del primo impianto al mondo con la cattura della CO₂». Attualmente l’azienda è impegnata sia sul fronte delle innovazioni che sull’economia circolare: «Nel breve termine, stiamo lavorando su due linee: l’innovazione di processo con l’utilizzo di combustibili alternativi (come ad esempio nell’impianto di Calusco d’Adda) che riducono l’utilizzo di combustibili fossili e l’innovazione nei nostri cementi e calcestruzzi con materie prime “seconde” ovvero che arrivano da altri processi produttivi in un’ottica di economia circolare. Ciò che altri “scartano” può diventare per noi una risorsa da valorizzare, mantenendo sempre la qualità dei nostri prodotti». Il progetto Dream Quello che potremmo definire un “Brevik italiano” è il progetto Dream (Decarbonisation of the Rezzato and Mazzano cement plant) che è stato di recente selezionato nell’ambito dei progetti candidati a ricevere l’Innovation fund dell’Unione europea, uno dei principali programmi di finanziamento per tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio. Rappresenta il primo progetto Ccs su scala industriale del settore cemento in Italia, con l’obiettivo di catturare le emissioni di CO₂ della cementeria di Rezzato– Mazzano, in provincia di Brescia. Per la cattura della CO₂ il progetto prevede due tecnologie differenti per le due linee di produzione del clinker, il semilavorato che sta alla base del cemento. Per la linea di cottura del clinker grigio, la cattura sarà basata sull’integrazione della tecnologia di ossicombustione, ottimizzata con un processo criogenico. Per la linea di produzione del clinker bianco è invece stata progettata una soluzione di cattura post-combustione a base di un solvente. La CO₂ catturata sarà trasportata tramite pipeline verso siti di stoccaggio geologico sicuro e permanente nei giacimenti di gas esauriti al largo della costa di Ravenna, in collaborazione con il progetto Ravenna Ccs sviluppato da Eni e Snam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA