«Quando la natura è abitata con sensibilità e rispetto porta alla luce un paesaggio intenso ridisegnato dalla civiltà umana. L’elemento culturale diventa risorsa». Sono le parole della direttrice scientifica del Museo delle Storie di Bergamo, Roberta Frigeni, per descrivere le peculiarità che emergono dalle immagini del compianto fotografo e fotoreporter Pepi Merisio (Caravaggio 1931 - Bergamo 2021), a cui è dedicata la mostra allestita al Museo della Fotografia Sestini, presso il Convento di San Francesco in Città Alta, dal 6 giugno al 7 settembre (da martedì a giovedì 10-13 e 14-17, da venerdì a domenica 10-13 e 14-18).
Ritratto d’Italia di Pepi Merisio
in oltre cento fotografie
La mostra al Museo della Fotografia Sestini in San Francesco in Città Alta.
Un repertorio di architettura e borghi storici, riti religiosi e tradizioni popolari. L’intervista alla direttrice scientifica, Roberta Frigeni. Aperta fino al 7 settembre.
Come nasce l’idea della mostra «Attraverso l’Italia. Fotografie di Pepi Merisio»?
«Abbiamo tracciato un percorso tematico all’interno del fondo fotografico conservato al Museo dal 2018: un archivio ricchissimo, nel quale spicca la qualità delle opere di Pepi Merisio. La mostra nasce grazie al contributo e sostegno di Siad Fondazione Sestini ed è promossa e organizzata dal Comune di Bergamo insieme al Museo delle Storie, in collaborazione con il Touring Club Italiano».
Ci parli della qualità.
«Il Maestro di Caravaggio ha avuto un rapporto privilegiato e speciale con il mondo dell’editoria. La fotografia di Merisio si è fatta libro in oltre 150 volumi, che hanno fatto conoscere la qualità del suo lavoro. Da queste pubblicazioni siamo partiti per selezionare gli scatti, dedicati in massima parte alla descrizione delle bellezze dell’Italia. Da qui nasce il titolo “Attraverso l’Italia”, preso in prestito da una storica collana del Touring Club Italiano, pubblicata dal 1930 fino a fine anni Novanta, a cui Merisio presta il suo occhio e la sua sensibilità dal 1956 al 1972».
Nelle fotografie si percepisce l’attenzione al paesaggio e scaturisce una sensibilità particolare, una certa grazia.
«Grazia è un termine molto bello per la poetica di Merisio, utilizzato molto da lui stesso e dai suoi critici per descriverla. La grazia è il modo speciale con cui, con il suo sguardo attento, riesce a collegare il paesaggio naturale, il ruolo dell’uomo all’interno di esso, la creazione del paesaggio antropico. Merisio riesce ad attraversare l’Italia in modo diacronico, mappando queste tre dimensioni del paesaggio in una sintesi preziosissima, descritta dai suoi libri con una parola chiave per questa mostra: civiltà».

Quali sono, a suo giudizio, alcuni degli scatti più originali?
«L’acqua è protagonista nelle 136 fotografie in cui si articola la mostra. La troviamo come elemento di sostentamento per l’uomo nella foto dei trabucchi, tra Molise e Abruzzo, una delle poche a colori. Allo stesso modo è presente nello scatto di Chioggia e del sistema di pesca dei “moecanti”. In queste immagini l’uomo non è in primo piano, ma è presente in filigrana, perché Merisio fotografa l’opera come espressione dell’ingegno umano. I luoghi sono, per il fotografo, spazi di civiltà: ne è esempio la foto che vede l’uomo protagonista di alcuni riti, come la processione di Marano Lagunare, in provincia di Udine, in cui si celebra San Vito. L’acqua, quindi, unisce la spiritualità, la religiosità e la risorsa più preziosa, che è il tempo. Nelle 136 fotografie il tempo, inteso come risorsa, si trova consacrato, raccontato negli scatti dedicati alle feste patronali, alle piazze, ai luoghi di aggregazione. Quegli spazi sono cultura, con la “c” maiuscola».
Quale messaggio trasmette la mostra al nostro tempo?
«Nelle fotografie di Merisio troviamo unicità, riflessione e poesia. Sono immagini del tutto diverse da quelle scattate oggi e in grande quantità con i nuovi device. La scelta dei luoghi, dei soggetti e dei tempi ha portato l’artista a rappresentare un’Italia che non ha confini regionali: lui ne ha colto gli elementi unificanti e le caratteristiche peculiari. Merisio mappa molti siti Unesco, ancora prima di sapere che lo sarebbero diventati. Non si tratta solo di architettura e borghi storici, ma anche di riti e tradizioni, cioè quelle bellissime espressioni di patrimonio immateriale che hanno connotato la storia italiana. I paesaggi italiani fanno del Belpaese una risorsa preziosissima anche per l’economia di oggi. Merisio è riuscito a restituire, con grazia, una sintesi meravigliosa, che non traccia confini e barriere ma lega le Regioni con un fil-rouge che ci ha reso oggi la nazione più ricca di siti Patrimonio dell’umanità dell’Unesco».
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