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Cactus, meduse, alghe
gusti etici e locali

L’esperta Gaia Cottino: la consapevolezza ambientale contribuisce a creare nuovi modelli dietetici sostenibili. Gli alimenti considerati «novel food» sono quelli non consumati nell’Ue prima del maggio 1997

Tra i più noti ci sono l’alga spirulina, i semi di chia e gli insetti. L’Associazione italiana novel food (Ainf) elenca almeno un centinaio di nuovi cibi sul suo sito e ne promuove l’implementazione. Nella definizione di «novel food», che si riferisce a alimenti nuovi o innovativi, rientrano anche l’olio di krill antartico, il succo di frutta di noni, la polpa del frutto del baobab, il licopene, il lattiolo, l’estratto di cocco in polvere sgrassato, l’estratto di fagioli neri e gli oli estratti da batteri e funghi.

Il termine fa riferimento a quegli alimenti o ingredienti che, prima del maggio 1997, non sono mai stati consumati, all’interno dell’Unione europea, in un quantitativo significativo tale da poterli considerare cibi. La categoria più conosciuta, nonché causa di accesi dibattiti a livello nazionale, è quella degli insetti, di cui parliamo nell’intervista all’esperto di Efsa (Autorità europea sulla sicurezza alimentare), Ermolaos Ververis.

L’antropologa Cottino

Sul tema del «novel food», in modo particolare di alghe, cactus e meduse, parliamo con Gaia Cottino, antropologa culturale, docente all’Università di Genova. Il ruolo dell’introduzione dei «cibi del futuro» nella nostra dieta per combattere la crisi climatica è la domanda centrale del suo libro «Cavallette a colazione. I cibi del futuro tra gusto e disgusto» (Utet, 2024): «La consapevolezza ambientale, a mio giudizio, sta contribuendo a creare dei nuovi modelli dietetici sostenibili – spiega Cottino –. Il principio che seguo nel libro è quello della prossimità, per cui propongo, tra le centinaia di “nuovi cibi”, alcuni che abbiamo “dietro casa”. Per esempio, nell’area del Mar Mediterraneo. I cactus, in particolare, sono una fonte alimentare assolutamente straordinaria non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche ambientale, perché riescono a fornire un cibo nutriente anche in condizioni di temperature estreme e di carenza idrica».

Cottino specifica nel suo libro i diversi benefici della compresenza di cactacee, altre coltivazioni e specie animali: «Sono da un lato fonte di stoccaggio di acqua per i campi e dell’altro foraggio per gli animali». I cactus sono in grado di fornire fino a 180 tonnellate di acqua per ettaro, che immagazzinano nei loro fusti, sufficienti a sostenere cinque vacche adulte. Cottino, nel paragrafo del libro dedicato alle cactacee, scrive: «Sembra che questo foraggio riduca la metanogenesi (l’emissione di gas metano) dei ruminanti». Per quanto riguarda le specie commestibili per l’uomo, la studiosa segnala la Opuntia ficus-indica: «Si tratta del noto fico d’india, di cui mangiamo i frutti ma ci dimentichiamo che anche le pale sono edibili. In Sicilia, in un ristorante di Catania, ho provato una parmigiana fatta di pale di cactus, invece che di melanzane, e l’ho trovata strepitosa», racconta la ricercatrice.

Il suo libro è pieno di altri esempi illuminanti, che fanno riferimento ad alghe e meduse all’interno della categorizzazione scelta a seconda del loro luogo di appartenenza: «in acqua», «in terra» e «in laboratorio». «L’ incremento delle meduse – dice Cottino – non è un fattore positivo, perché è diretta conseguenza del cambiamento climatico, che acidifica i mari e ne innalza le temperature, e della sovrapesca che, uccidendo i predatori naturali di meduse, dà loro campo libero per riprodursi in modo incontrollato». Delle cinquemila specie di meduse presenti sul pianeta, solo il 30% potrebbe essere adatto al consumo umano. La meduse, infatti, non condividono molte caratteristiche con polpi e seppie.

Un aspetto importante che entra in gioco quando si parla di cibi nuovi è il senso di disgusto che può fare da deterrente nel provarli: «È normale che questi alimenti, che non fanno parte della nostra dieta abituale, generino questa sensazione. Il disgusto, infatti, è un fattore culturale e collettivo – spiega l’antropologa Gaia Cottino – e non ha niente a che vedere con il dissapore, che è ciò che non ci piace individualmente. Pertanto, a noi non piacciono proprio perché non li consumiamo, non il contrario».

Alghe più facili da introdurre

Poi c’è il tema della sostenibilità, che deve passare anche per il lato economico: «Le alghe saranno forse l’alimento più facile da introdurre. Ci sono tra le 700-800 specie commestibili, tra Mediterraneo, Atlantico e Mare del Nord, e sono anche le più innocue, perché abbiamo imparato a consumarle con la moda dei ristoranti giapponesi, anche se in realtà non sono così semplici da cucinare».

Più complesso resta il discorso degli insetti: «La farina di grillo costa ancora moltissimo – prosegue la ricercatrice –: questo spiega perché in Italia ci sia solo un’azienda che la distribuisce. Ma un’allevatrice di grilli ricorda che il quantitativo di questa farina utilizzabile per fare il pane e la pizza è al massimo del 30 per cento. Per cui una busta di farina, che costa 60 euro, si può utilizzare per almeno 10 o 20 volte». Normalizzare è una delle vie che propone la ricercatrice per agevolare l’ingresso di questi cibi nella nostra dieta: «Raccontare la storia delle patate, del mais, dei pomodori, introdotti in Europa dopo la scoperta dell’America, evidenziando come l’esclusione di determinati alimenti sia sempre reversibile: la fame indusse a cibarsi di patate, il mais sostituì il miglio e il farro nella ricetta della polenta. In fondo, oggi ci troviamo di fronte a una crisi, quella climatica, che richiede adattamenti inediti», conclude la ricercatrice.

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, nella prefazione del saggio di Cottino riporta l’attenzione alla «sempre più necessaria e imprescindibile educazione alimentare delle cittadine e dei cittadini di oggi». E ne propone l’introduzione obbligatoria nelle scuole «per allontanare lo spettro di non comprensione, di divisione e di discriminazione rispetto a culture gastronomiche diverse dalle nostre, le quali magari troveranno maggiore spazio nel futuro, anche per la loro maggiore sostenibilità ambientale».

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