La Lombardia è la regione in cui si registra il più alto utilizzo di fertilizzanti in Italia, quasi tre volte la media nazionale. Il dato arriva dal Climate Indicators for Italian Regions (Ciro), il primo database italiano, realizzato da Italy for Climate in collaborazione con Ispra, che monitora le performance climatiche delle Regioni italiane. Tra le aree prese in esame – emissioni, energia, rinnovabili, edifici, trasporti, industria e vulnerabilità – c’è anche l’agricoltura che, come leggiamo nel report, costituisce il principale punto critico nella performance ambientale lombarda. Oltre all’alto uso di fertilizzanti, la Lombardia mostra performance peggiori anche nella quota di agricoltura biologica.
Primato (negativo) nell’uso di concime
La nostra regione supera di quasi tre volte la media nazionale per uso di fertilizzanti, la principale criticità ambientale. Un novità dall’economia circolare: «riqualificare quelli minerali come l’urea, considerati refluo zootecnico dalla Ue».
Sul tema dei fertilizzanti organici e minerali il direttore di Confagricoltura, Enzo Ferrazzoli, riporta le difficoltà del settore: «Le aziende hanno disponibilità di fertilizzanti organici da allevamento zootecnico, letame e liquami ma, per evitare le emissioni di ammoniaca e la conseguente produzione di gas serra, devono seguire le regole introdotte dalla Regione secondo le indicazioni della Direttiva nitrati, che impone un limite di 170 chili di azoto per ettaro. Dall’altro lato, le aziende stanno adottando alcune tecniche come l’interramento del letame e dei liquami», precisa Ferrazzoli. Un altro aspetto è quello legato ai fertilizzanti minerali, come la classica urea: «Uno dei blocchi da parte dell’Unione europea è sul digestato, che deriva da impianti di biogas e biometano (quindi rientra nei fertilizzanti organici, ndr). Si tratta di un prodotto quasi essiccato, di facile distribuzione: il problema è che non è equiparato a un concime ma a un refluo zootecnico – prosegue Ferrazzoli –. Di conseguenza, segue lo stesso principio dei fertilizzanti organici con limitazioni sullo spandimento. La battaglia che portiamo avanti da anni è quella di riqualificarlo come concime, così non ci sarebbe nemmeno il problema di acquistare i concimi minerali», conclude Ferrazzoli.
Novità dall’economia circolare
Una novità significativa arriva dal fronte dell’economia circolare: una terza via che punta a produrre fertilizzanti partendo da materiali di scarto. Elza Bontempi, docente di Chimica per le tecnologie all’Università di Brescia, illustra una tecnologia innovativa che trova applicazione in diversi settori, tra cui proprio quello dei fertilizzanti. «La nostra proposta è quella di utilizzare le ceneri da biomassa, ad esempio quelle derivanti dai fanghi di depurazione, come alternativa sostenibile alle rocce fosfatiche per la produzione di fertilizzanti», spiega Bontempi. «Anche le rocce fosfatiche sono materie prime critiche, sebbene il problema non sia ancora percepito come urgente. Tuttavia, nei prossimi anni potrebbe diventare serio, perché il fosforo è insostituibile e fondamentale per la produzione alimentare». Ma come funziona questa tecnologia? «Abbiamo sviluppato un processo basato sull’uso delle microonde, che permette di riscaldare i materiali in modo molto più rapido ed efficiente rispetto ai metodi convenzionali», chiarisce la ricercatrice. «L’abbiamo applicato a diversi ambiti, tra cui le batterie, che è il nostro campo di studio principale, ma anche al recupero del fosforo dai fanghi di depurazione». Il risultato è un importante passo avanti: «Riusciamo a rendere il fosforo solubile, cioè biodisponibile per le piante. Infatti, le ceneri da biomassa recuperate da processi di termovalorizzazione in genere non sono utilizzabili direttamente come fertilizzante, perché il fosforo non risulta disponibile per l’assorbimento da parte delle colture».
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