Il territorio di Valgoglio si presta per numerose escursioni classiche, tutte molto frequentate: il giro dei laghi, il Monte Madonnino, il Monte Cabianca, il Monte Pradella, la Val Sanguigno. Oggi andiamo alla scoperta di una cima meno nota ma di grande spessore naturalistico e paesaggistico: il Monte della Croce con la possibilità di concatenarne anche una seconda, il Monte Segnale.
Il gruppo quest’oggi è piuttosto numeroso, scelgo pertanto un itinerario “telescopico”, allungabile o accorciabile in virtù delle condizioni fisiche dei partecipanti. Obiettivo principale è il Monte della Croce (1666m). La maggior parte degli escursionisti sceglie di partire dalla contrada Bortolotti, saltando a piè pari il nucleo storico del paese. Scegliamo invece di partire dal paese per dare un’occhiata al borgo. Le origini di Valgoglio si perdono nella notte dei tempi e sono legate principalmente all’attività mineraria. Si sa per certo che nel 774 il re dei Franchi, Carlo Magno, donò i territori dell’Alta Val Seriana, la Valle Camonica e gran parte delle Orobie al Monastero di San Martino di Tours ed a quello di Saint Denis De Paris. In questo periodo però molte furono le famiglie di Bergamo che occuparono i territori montani per sfruttarne le miniere e a Valgoglio risulta fosse presente la famiglia dei Della Crotta.
Nel 1026 l’Episcopato di Bergamo con il vescovo Ambrogio II acquisì il controllo di suddetti territori, riservandosi il diritto sui ricavi della estrazione e lavorazione di argento e di ferro, dando inizio a un periodo di gravi controversie tra il potere laico, rappresentato dal feudatario, e il potere ecclesiastico, rappresentato dal vescovo. Successivamente Valgoglio seguì le vicende della comunità di Ardesio che nel 1179 ottenne dal vescovo di Bergamo l’autonomia amministrativa con piena libertà di servirsi delle acque, dei forni e delle miniere presenti sul territorio, con pieno diritto di pesca e di caccia, soprattutto degli orsi. La fortuna mineraria di Valgoglio (e della vicina Gromo) svanì d’improvviso con l’alluvione del 1666 ampiamente descritta in questo articolo. Da quella data la popolazione di Valgoglio si trovò costretta a riconvertire la propria attività alla pastorizia.
Veniamo all’escursione: posteggiamo poco prima della piazzetta principale di Valgoglio (920m) per incamminarci, in direzione della chiesa, lungo la via acciottolata che corre al di sotto della strada principale. Una fontana a due vasche, sormontata da un grande dipinto murale, riporta una scritta eloquente che invita ad utilizzarla solo come fontana (e non come vasca da bagno, suppongo io!). Camminando si riesce ad apprezzare lo sforzo di mantenere l’anima originale delle abitazioni mettendo in risalto i portali di pietra e i sassi originali dei muri. Giungiamo in breve alla chiesa dedicata a Santa Maria Assunta. L’attuale costruzione è del XVII secolo, ma è stata realizzata su una precedente costruzione del XV secolo. L’ampio porticato esterno ospita bellissimi affreschi quattro-cinquecenteschi riconducibili alla bottega dei Marinoni e regala un’emozionante vista sulla valle sottostante.
In un angolo della vicina canonica spicca una pietra con un’immagine in bassorilievo che rappresenta un idolo solare celtico, rinvenuto sotto il sagrato della chiesa e qui collocato nel 2011. Questa pietra confermerebbe le origini antiche del borgo come pure il fatto che questo stesso punto fosse stato scelto dai celti per la celebrazione dei riti pagani.
Dalla chiesa riguadagniamo la strada principale e saliamo fino a un secondo posteggio, pochi metri dopo il quale, sulla destra, un sentierino accorcia il tragitto per raggiungere la soprastante via Corna. Al terzo tornante di via Corna, sulla sinistra, inizia la mulattiera (segnavia bianco/rossi) che conduce a Sant’Antonio, la chiesetta della contrada di Masone, nella conca di Selva d’Agnone. È un tratto molto allenante che sale a tornanti intersecando a più riprese le strade di accesso alle cascine di Selva d’Agnone. Vale la pena ogni tanto spostarsi un po’ a sinistra per sbirciare la bellezza del luogo, una ampia conca pascoliva con un nucleo abitato al centro (Masone) e numerose baite sparse qua e là, una più bella dell’altra.
La mulattiera ora diventa una strada acciottolata ma le pendenze continuano impietose fino ad innestarsi (1350m) su una strada sterrata quasi pianeggiante proveniente dalla chiesetta degli alpini di Selva d’Agnone e diretta ad incrociare il sentiero diretto ai Laghi di Valgoglio. La seguiamo a sinistra per poche decine di metri. A questo punto (prima di aggirare la dorsale) bisogna staccarsi dalla strada e seguire una traccia che sale nel bosco di conifere. Non è un percorso segnato ma, salendo un po’ a zig zag e mantenendosi leggermente sulla sinistra, si deve guadagnare la dorsale dove, più evidente corre il sentiero principale. È un vecchio sentiero d’accesso alle baite d’Agnone, ormai caduto nel dimenticatoio da quando le cascine sono servite dalla strada agrosilvopastorale. Eppure è un bel sentiero, immerso nel bosco ora di abeti, ora di faggi e latifoglie. Il percorso si mantiene principalmente sulla dorsale sino al roccolo dei fratelli Guana (1590m), un magnifico esempio di roccolo d’alta montagna molto curato e in posizione panoramica sulla vallata. Una sosta contemplativa è d’obbligo.
Oltre il roccolo il sentiero continua a salire sul crinale serpeggiando tra rododendri e mirtilli fino alla cima del Monte della Croce (1666m). La croce è circondata da un piccolo recinto di legno ed è dedicata a Morstabilini Antonio, un alpino di Valgoglio appassionato di montagna, scomparso nel 2020. È un piccolo balcone affacciato sulla valle del Goglio con vista impareggiabile sulle Orobie Seriane. Dal monte della Croce un sentierino spettacolare corre sul crinale in direzione Nord per poi deviare con un traverso a sinistra fino a guadagnare la baita di Monte Agnone bassa (1690m). Siamo a metà giugno ma già il giovane pastore è tutto indaffarato ad allestire l’alpeggio in vista della imminente transumanza.
La baita rappresenta un punto strategico della nostra escursione telescopica: chi si sente già appagato può rientrare a Valgoglio seguendo la strada di servizio della baita e da lì il sentiero per Bortolotti; chi conserva ancora forze residue può optare per la salita al lago Succotto (1855m) e al lago Cernello (1956m) dove c’è l’omonimo rifugio con possibilità di pranzare. In tal caso occorre prendere l’evidente sentiero una volta raggiunta la vicina seconda baita. Faccio un rapido sondaggio e, appurato che le condizioni dei compagni di viaggio sono ancora buone, parto all’attacco proponendo la cima del Monte Segnale (2185m). I consensi giungono unanimi e così si riprende il cammino.
Guardando l’ingresso della baita il sentiero sale alle sue spalle per poi piegare a destra e guadagnare il crinale. Panoramicamente è un sentiero molto spettacolare. Si segue il crinale e, dopo aver oltrepassato il curioso stagno d’Agnone (1820m), si guadagna una selletta a quota 2050m. Qui si diparte il sentiero CAI 233B che collega il rifugio Cernello con la conca del Cardeto. La cima è poco sopra di noi, un ultimo sforzo ed eccoci in vetta contraddistinta da una minuscola croce metallica. D’innanzi a noi si staglia il Monte Madonnino , mentre d’intorno risaltano tutte le cime a scavalco tra Valle Seriana e Valle Brembana, i monti della Valcanale verso Sud mentre ad Est le vette dell’alto Serio. A questo punto si pone una seconda questione: scendere al lago Cernello per una puciatina e un boccone al rifugio oppure portarsi sul versante opposto, nella conca del Cardeto dove al rifugio Rodigari ci attendono gli amici Lucia e Aldo?
Ovviamente ha prevalso il senso d’amicizia supportato anche dal fatto che, osservando da quassù, quest’anno il lago Cernello è semivuoto e il rifugio brulica di gente, mentre nella magnifica conca del Cardeto regna la pace e al rifugio si vedono poche persone. Così torniamo sui nostri passi fino alla selletta dove prendiamo il sentiero 233B che, toccando alcune chiazze di neve fumante per il calore dell’aria, in mezzoretta ci conduce alla baita di Cardeto alta (1940m). Il sentiero 233B necessita di un ripasso di segnaletica perché in alcuni punti tende a perdersi la traccia.
È ora il sentiero CAI 233 a guidarci fino al rifugio Rodigari, alias baita Cardeto di mezzo (1850m). Il rifugio è gestito dall’associazione Cardeto Solidale, che beneficia dell’operato di una decina di famiglie dell’alta Valle Seriana che fondono la loro passione per la montagna alla solidarietà verso chi ha bisogno. Le energie dei volontari sono rivolte al finanziamento di progetti mirati allo sviluppo di comunità sparse in tutto il mondo, con un occhio di riguardo per le iniziative dedicate ai bambini. Eravamo stati in precedenza ospiti dell’associazione e anche stavolta l’accoglienza è esemplare. Davanti al rifugio è stata recentemente realizzata una ampia terrazza di legno con una porzione coperta da un porticato per consentire di pranzare all’aria aperta.
È quasi mezzogiorno e dalla cucina arrivano profumini allettanti. Per pranzare occorre tesserarsi all’associazione (quattro euro) ed essendo io e Sabri già soci non facciamo altro che rinnovare la tessera. Da soci è possibile invitare al desco anche gli amici e così…tutti a tavola! Al tavolo si aggiungono Aldo e Lucia, gromesi doc, testé giunti al rifugio. Ottimamente rimpinguati e con una buona dose di ilarità ci rimettiamo in cammino lungo il sentiero CAI 233 che scende con un comodo percorso fino a lambire la vasta torbiera posta alla base della conca del Cardeto. Le temperature sono alte e giunge irrefrenabile il desiderio di una puciatina . Così facciamo una brevissima deviazione per guadagnare le rive del lago basso di Cardeto (1710m), l’unico dei tre laghi in cui l’altezza dell’acqua permette di fare il bagno. Ci portiamo sulla minuscola spiaggetta della riva meridionale e…splash! Non tutti se la sentono di fare il tuffo, in effetti a stomaco pieno può sembrare un azzardo ma l’acqua è ad una temperatura tale per cui non si rischia nulla.
Torniamo sul sentiero 233 e proseguiamo la discesa fino alla baita Nedulo (1475m). Poco oltre la baita si rientra nel bosco e, dopo pochi minuti, si giunge ad un bivio ben segnalato nei pressi di un tornante. A sinistra il sentiero 233 conduce alla Ripa di Gromo mentre noi proseguiamo dritti per il sentiero 281 diretto a Selva d’Agnone. Dopo aver attraversato la magnifica conca di Selva d’Agnone, ci immettiamo sulla strada asfaltata diretta a Bortolotti, avendo l’avvertenza di non mancare la deviazione per la mulattiera che scende diretta a Valgoglio, la medesima che abbiamo percorso in salita questa mattina.
P.S. l’escursione qui descritta è lunga 18 chilometri con un dislivello positivo di 1350m. Calcolare 6/7 ore di cammino. Rifornirsi d’acqua alla partenza perché sul percorso non si trovano fontane fino al rifugio Rodigari. Si può scegliere di partire dal posteggio a pagamento in località Bortolotti risparmiando circa 200m di salita. In tal caso occorre seguire la strada asfaltata diretta a Selva d’Agnone per poi innestarsi sul percorso descritto. Il Monte della Croce ben si presta anche per escursioni invernali e primaverili con la neve.
Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli.