La salute dell’uomo passa per la vivibilità delle città. È il messaggio dei relatori al convegno «Urban Health - La città in salute», organizzato dagli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, degli Architetti, dei Geometri e degli Ingegneri della provincia di Bergamo. «Il cambiamento climatico è la più grande minaccia di salute pubblica del XXI secolo già con le temperature attuali, che nella fascia mediterranea oscillano tra 1,5 e 2 gradi in più rispetto ai livelli preindustriali. Se non poniamo un freno alle attività inquinanti, arriveremo a un incremento di 3-4°C: sarà una catastrofe di salute pubblica», evidenzia Antonio Bonaldi, medico esperto di salute pubblica, già presidente dell’Ets «Slow Medicine» e membro del comitato scientifico dell’Associazione dei medici per l’ambiente (Isde). «In questo contesto – continua l’esperto – le città hanno un ruolo fondamentale: coprono il 3% del pianeta, ma al loro interno vive il 55% della popolazione mondiale. In Italia, il dato sale al 72% ed è in costante aumento. Le città producono il 70% dei gas serra e il 75% degli inquinanti su scala globale, consumando il 66% dell’energia, l’80% del cibo e l’80% dell’acqua». Nessun piano d’azione contro il cambiamento climatico può prescindere dalle città: per questo, gli studiosi hanno coniato la «Urban Health», ovvero lo studio dei fattori che influenzano il benessere e la salute delle persone nei contesti urbani. Questi fattori sono molteplici: a quelli più strettamente ambientali – la qualità dell’aria, la gestione dei rifiuti, la mobilità pubblica, la pianificazione urbana, la presenza di spazi verdi – si aggiungono elementi di natura socio-economica come la sicurezza, la lotta alle diseguaglianze sociali e il miglioramento dell’alimentazione.
Dal «Urban Health» alla psicologia architettonica
Le città producono il 70% dei gas serra e il 75% degli inquinanti, consumano il 66% dell’energia, l’80% del cibo e dell’acqua. C’è bisogno di rigenerazione e più natura per star bene negli ambienti urbani
Psicologia architettonica
La «Urban Health» è affiancata dai progetti di rigenerazione urbana per la salute. Altra branca innovativa dell’urbanistica e dell’architettura, essa comprende gli interventi trasformativi delle città volti a migliorare il benessere fisico, mentale e sociale di chi le abita. Elementi fondanti di questa disciplina sono la psicologia ambientale e quella dell’architettura: «La psicologia architettonica ci dice che l’uomo è intimamente legato al suo habitat, come i suoi antenati», spiega Alessandra Morri, architetta specializzata in psicologia architettonica e vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Bergamo. «La casa può essere terapeutica e lo è specialmente quando è immersa nella natura. La rigenerazione urbana deve assecondare il nostro bisogno di verde e le linee guida della psicologia architettonica, che dice che la città deve essere inclusiva. Non si parla solo di verde e di abbattimento delle barriere architettoniche, ma di “design for all”: ogni edificio deve essere progettato per tutte le forme della diversità umana», continua Morri.
All’atto pratico, secondo l’esperta, la pianificazione urbana deve difendere i suoli dalla cementificazione, favorire la mobilità pubblica e quella dolce, promuovere le comunità energetiche e le fonti rinnovabili. Dove case e strade già esistono, invece, occorre modificare gli ambienti – rigenerarli, appunto – seguendo i cosiddetti pattern biofilici
Che cosa sono i pattern biofilici
«La “biofilia” è l’”amore per la vita”, che in campo architettonico si declina come la naturale predisposizione dell’uomo a cercare un contatto con la natura e con tutto ciò che è vivente. La letteratura accademica identifica 14 pattern per rispondere a questi bisogni, che vanno dalla connessione visiva con il verde – ci sono città, in Nord Europa, dove ogni casa deve affacciare su almeno tre alberi – agli stimoli uditivi e sensoriali che ne ricordino la presenza, fino all’integrazione di flussi d’aria variabili, di acqua, di luce diffusa, di materiali “verdi” e di forme biomorfe nelle architetture. Ma dobbiamo anche progettare delle architetture che sappiano trasmettere il senso di meraviglia e mistero dell’immersione nel verde, la bellezza simmetrica della natura e il senso di protezione e di connessione che proviamo quando siamo immersi in boschi e foreste. Possiamo fare tanto per rendere edifici e città più salubri e naturali. Ne trarremmo grandi benefici – conclude Morri –: l’approccio biofilico genera senso di appartenenza, sicurezza e confort nelle persone».
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