I dazi sono una delle sfide che il comparto edilizio si troverà ad affrontare nei prossimi mesi. Federcostruzioni, per le materie prime edilizie, parla di un valore dell’export italiano di 65 miliardi al 2024. Acciaio, alluminio, ceramica, macchine per movimenti di terra e per l’edilizia, legno, vetro, marmo sono i settori più colpiti dall’impatto dei dazi.
Ci sono soluzioni per ridurre l’impatto dell’edilizia
La ricercatrice Elza Bontempi spiega che gli aggregati carbonatati riducono il ricorso alle materie prime estratte dalle cave. Uno studio dimostra la possibilità delle scorie di acciaieria dei cementi di sostituire parzialmente il Portland.
«La stessa federazione di Confindustria affianca, alla sfida dei dazi, la necessità di mettere in atto una serie di azioni di economia circolare, tra cui il riutilizzo e il riciclo dei materiali impiegati nei processi di produzione», ci spiega Elza Bontempi, collocata tra il 2% dei ricercatori più influenti al mondo. La scienziata dei materiali e docente ordinario di Chimica per le tecnologie all’Università di Brescia è stata tra gli speaker del recente forum internazionale «Architecture Insights», dedicato al futuro dell’architettura, di cui è stato sponsor anche Heidelberg Materials, brand che ha raccolto l’eredità di Italcementi. Dall’analisi di Bontempi emerge come la scelta dei materiali sia una leva fondamentale per ridurre l’impronta ecologica degli edifici.
Quali sono, per le aziende del settore edilizio, i processi possibili per ridurre l’impronta ecologica del comparto?
«La Commissione europea, a luglio del 2024, ha dato indicazioni, per il percorso di decarbonizzazione delle imprese, sull’importanza di utilizzare in ambito edile materiali a basso impatto di CO2. Un numero crescente di aziende sta adottando i crediti di carbonio come strumento per compensare le proprie emissioni di CO2, integrando così strategie di sostenibilità e responsabilità ambientale nei loro modelli di business. La Commissione ha recentemente identificato specifici prodotti, che soddisfano i criteri per essere considerati come contenenti CO2, legata chimicamente in modo permanente. Questi sono quasi tutti prodotti per l’edilizia che sono stati carbonatati, con il processo tramite il quale la CO2 presente nell’aria ha reagito con il materiale , ad esempio, il cemento, i suoi costituenti come la calce e gli altri leganti idraulici, il calcestruzzo».
Lei lavora molto su materiali che possono sequestrare la CO2
«Sì, principalmente con ceneri da combustione. La possibilità di sequestrare CO2 consente anche la produzione di materiali che possono essere sostitutivi di materie prime naturali: per esempio, riuscire a produrre aggregati carbonatati può ridurre la necessità di utilizzare la cava per estrarre aggregati vergini. Questo è già riconosciuto come uno dei metodi per ridurre e la produzione della CO2».
Queste pratiche rientrano tra quelle di economia circolare che un’azienda può mettere in atto?
«Sì, in aggiunta alle pratiche di simbiosi industriale, il processo collaborativo tra imprese che prevede lo scambio di risorse. I materiali carbonatati sono rifiuti di aziende o comparti, che vengono stabilizzati, appunto carbonatati, sequestrando anidride carbonica ed essere poi utilizzati in comparti diversi».

Un passo avanti da parte di imprese come Heidelberg Materials è la capacità di progettare materiali innovativi, come evoZero, il cemento a bilancio zero di emissioni.
«Grazie a Italcementi (l’azienda di cui Heidelberg Materials ha raccolto l’eredità, ndr), è stata cofinanziata una borsa di dottorato, che verrà discussa a luglio. La dottoranda ha studiato la possibilità di utilizzare rifiuti, e in particolare le scorie di acciaieria dei cementi, al posto di alcuni materiali cementizi. L’idea era capire se si potessero utilizzare le scorie carbonatate in sostituzione non solo di materiali inerti. Ne è risultato che le scorie di acciaieria, se carbonatate in maniera opportuna, hanno la capacità di produrre una percentuale di resistenza meccanica tale da risultare interessanti come materiale cementizio supplementare per sostituire parzialmente il cemento Portland. Quindi, rispetto ai materiali inerti, le scorie hanno una capacità importante di aumentare la resistenza meccanica. In più possono sequestrare da 0,1 a 0,24 tonnellate di CO2 per tonnellata di scoria».
L’industria edile potrà ridurre in futuro le proprie emissioni?
«Ci sono alcuni modi per farlo e alcuni materiali innovativi, come i geopolimeri, che consentono di abbattere non solo i costi ambientali ma anche quelli legati al trasporto. Ci sono poi pratiche innovative di costruzione, per esempio la stampa 3D che consente di ridurre al minimo il materiale utilizzato e gli sprechi».
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