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Come risponde l’agricoltura bergamasca alla crisi climatica

L’agricoltura è una delle attività più antiche e fondamentali dell’umanità. Nell’ultimo decennio, la crisi climatica mette sempre più a dura prova le aziende, accelerando l’innovazione per garantire la produttività. Gli eventi meteorologici estremi come le forti piogge, i lunghi periodi di siccità, le ondate di calore, le grandinate violente sono sempre più frequenti e meno prevedibili. La scienza è inequivocabile sulla causa dei cambiamenti climatici: le emissioni di gas serra dovute alle attività umane a partire dalla rivoluzione industriale. I gas serra intrappolano il calore nell’atmosfera, aumentandone la temperatura e, di conseguenza, l’energia disponibile per gli eventi meteorologici, che diventano più intensi. L’agricoltura orobica di fronte alla sfida della crisi climatica è il tema di questo inserto di eco.bergamo.

Il presidente di Coldiretti Bergamo, Davide Borella, anticipa quali siano le sfide principali per le aziende orobiche: «Oggi seminati in campo abbiamo orzi e frumenti, da raccogliere nella prima metà di giugno. Poi arriveranno il mais, le viti, le coltivazioni di ulivi e gli alberi da frutto. La preoccupazione maggiore sono le grandinate, con conseguenze irreparabili, seguite dalle piogge intense e dal vento che danneggiano le coltivazioni». Una strategia che le aziende agricole hanno imparato a mettere in atto è la diversificazione delle colture: «Diversificare significa ridurre il rischio. Per esempio, seminare l’80 per cento di un campo con mais e la restante parte con altro. Si tende a fare cinquanta e cinquanta, per non rischiare di perdere tutta la coltura». Quali altre soluzioni stanno mettendo in campo le aziende? «Si sta provando con l’agricoltura 4.0, l’applicazione più ampia delle tecnologie digitali, con sensori e stazioni meteorologiche per prevedere le variazioni atmosferiche. La decisione di investire varia in base alla redditività delle colture: per la vite e gli ulivi si punta sulle reti antigrandine e le ali gocciolanti per le brinate, meno per le colture a pieno campo. Uno strumento ancora poco utilizzato ma da rinforzare è la possibilità per gli agricoltori di assicurarsi per i danni importanti alle coltivazioni», conclude Borella.

Gli eventi meteorologici estremi, secondo il direttore di Confagricoltura Bergamo, Enzo Ferrazzoli, possono provocare «una riduzione della produttività dei raccolti in una percentuale compresa tra il 20% e il 50%». Franco Gatti. presidente del Consorzio di bonifica della media pianura bergamasca, avverte che, nei periodi peggiori, i campi rischiano di ricevere la metà del fabbisogno idrico: «Guardiamo con particolare attenzione alle fonti d’acqua alternative, in particolare ai bacini di cava». Il passaggio dagli impianti irrigui a scorrimento a quelli a pioggia è una strada da percorrere per risparmiare acqua.

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