Cronaca
Giovedì 17 Dicembre 2009
L'ex sindaco Gaiti davanti al Gup
«per una storia del tubo»
«È una storia del tubo», minimizza l’ex primo cittadino di Premolo Giovanni Gaiti, che oggi comparirà in udienza preliminare, dopo essere finito sotto inchiesta per abuso d’ufficio. Quale che sia la gravità del fatto (sarà il gup Alberto Viti a stabilirlo), questa è davvero una storia dove c’entrano tubature, in particolare quelle dell’acquedotto comunale.
Battista Titta, agricoltore di 77 anni, ha denunciato Gaiti perché quest’ultimo, in qualità di sindaco di Premolo - si legge nel capo di imputazione - «ometteva di accettare la richiesta di allacciamento alla rete idrica comunale avanzata in data 9 febbraio 2005». Non solo, secondo l’accusa, Gaiti avrebbe anche omesso di «provvedere alle opere necessarie all’allacciamento» e di «dare doverosa esecuzione all’ordinanza del tribunale civile di Clusone che, in data 29 novembre 2006, imponeva all’amministrazione comunale di accogliere l’istanza di Titta».
È una vicenda di vecchi rancori, quella tra l’ex sindaco e Titta, una diatriba che pesca addirittura negli anni ’70, epoca in cui Gaiti già sedeva sulla poltrona di primo cittadino (lo è stato dal ’64 al ’74 e, ultimo mandato, dal 2004 alla primavera scorsa). I due erano entrati in attrito per questioni di licenze edilizie e da allora, raccontano in paese, hanno mantenuto pessimi rapporti. La questione che li vede contrapposti ultimamente riguarda un allacciamento all’acquedotto comunale che Titta nel 2005 aveva richiesto per la stalla e il podere di cui è affittuario in località Cerete.
«Il Comune lo ha sempre negato - racconta l’avvocato Marco Pievani, che assiste l’agricoltore - adducendo varie giustificazioni. Tanto che il signor Titta ha dovuto fare una causa urgente perché il tribunale imponesse al Comune, con un’ordinanza del novembre 2006, di provvedere all’allacciamento». Nonostante il provvedimento del giudice, secondo l’avvocato Pievani, l’amministrazione comunale, allora retta da Gaiti, non avrebbe mosso un dito. «Tra le motivazioni di questa inerzia - racconta il legale - c’era il fatto che mancava la concessione di servitù da parte del vicino sulla cui proprietà sarebbe dovuta passare la conduttura. Ma è una questione di lana caprina, perché le regole sulla servitù le detta il Comune rilasciando le licenze. E poi, le opere di allacciamento esistevano già, perché erano state realizzate a spese del signor Titta».
Nel settembre del 2007 l’allacciamento viene finalmente realizzato. Ma il duello a suon di carte bollate non finisce lì. L’agricoltore cambia legale e si rivolge all’avvocato Pievani. Il quale analizza gli atti e conclude che il margine per una denuncia penale c’è. Nel marzo scorso l’esposto viene depositato in Procura e Gaiti entra così nel registro degli indagati con l’accusa di abuso d’ufficio. La polizia giudiziaria chiede una relazione al segretario comunale di Premolo, il quale scrive che, stando al regolamento del Comune, se manca la concessione di servitù non si può dare il via a nessun allacciamento. Il pm Giancralo Mancusi chiede l’archiviazione, ma l’avvocato Pievani s’oppone. Il gip Patrizia Ingrascì rileva che la relazione del segretario comunale non dà atto del fatto che l’opera di allacciamento era nel frattempo stata realizzata e che dunque doveva presumersi che il consenso sulla servitù fosse stato concesso. Così il gip dispone l’imputazione coatta, quella che ha condotto Gaiti davanti al gup Viti.
«Sono accuse assolutamente ridicole e pretestuose - ribatte Gaiti, che è assistito dall’avvocato Angelo Capelli -. Io, come sindaco dell’epoca, non c’entro per nulla, sono stati gli uffici comunali a gestire la pratica. I quali hanno agito in base al regolamento comunale, che prevede una controfirma dei proprietari del terreno. Il signor Titta è infatti affittuario, il proprietario di quell’area risulta la società Ponte Nossa spa, con la quale mi sembra che l’agricoltore fosse in causa. A maggior ragione, senza controfirma dei titolari del terreno, non si poteva dare corso all’allacciamento. E difatti, quando il tribunale ha emesso l’ordinanza, il Comune ha preso atto e ha compiuto l’opera, fra l’altro tra le proteste della società proprietaria, che si è vista piombare gli operai del Comune da un giorno all’altro a lavorare sulla sua area. Io l’ho sempre detto al signor Titta: se ti metti d’accordo con la Ponte Nossa spa e quest’ultima firma, l’allacciamento lo facciamo subito. Ma senza firma non si poteva fare. L’ordinanza del tribunale ha scavalcato il problema: noi in Comune ci siamo attenuti al provvedimento del giudice». Oggi si saprà se questa «storia del tubo» può continuare a essere scritta attraverso gli atti di un processo o se va archiviata alla voce «beghe di paese».
Stefano Serpellini
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