Ricorso contro le multe
Tempi ridotti da 60 a 30 giorni

Gli automobilisti hanno a disposizione solo 30 giorni, anziché 60, per presentare ricorso al giudice di Pace contro le multe. È entrato in vigore il 7 ottobre il decreto legislativo che dispone il dimezzamento dei tempi a disposizione dei cittadini.

Gli automobilisti hanno a disposizione solo 30 giorni, anziché 60, per presentare ricorso al giudice di Pace contro le multe. È entrato in vigore il 7 ottobre, infatti, il decreto legislativo che dispone il dimezzamento dei tempi a disposizione dei cittadini per opporsi, in sede di giudice di Pace, alle multe ritenute illegittime. Per impugnare la multa, quindi, ci sarà meno tempo ma sia chiaro: si continuerà a pagare un contributo di 37 euro. A non dover sottostare alle nuove regole sul dimezzamento sono gli stranieri che si rivolgono al giudice di Pace, chi ricorre al prefetto e chi fa ricorso per violazioni accertate prima del 6 ottobre e non ancora notificate: per tutti loro resta valido il termine di 60 giorni. I termini scattano dal momento in cui la violazione viene contestata o dal momento della notifica a casa. Rimane invariato a 60 giorni il tempo entro cui pagare le sanzioni: trascorso quel termine la multa viene praticamente raddoppiata.

Questo dimezzamento dei termini per ricorrere avrà sicuramente conseguenze sulle dichiarazioni di inammissibilità per ritardo nella proposizione dei ricorsi. Così da una parte - sarà soddisfatto chi deve amministrare la giustizia – diminuiranno i fascicoli sui tavoli dei giudici di Pace che supereranno il vaglio di ammissibilità. Mentre dall'altra gli automobilisti, presi sempre più di mira da continue modifiche legislative, sono piuttosto scontenti: dopo la cancellazione, dal primo gennaio 2010, dell'esenzione del pagamento che riguarda il contributo unificato delle opposizioni alle sanzioni amministrative comprese quelle per le infrazioni al Codice della Strada (per giunta aumentato da € 33,00 a € 37,00 ndr) ora devono anche accettare un mese in meno per ricorrere.

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 31 ottobre

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